We call themcoriandoli, the rest of the world calls them “confetti,” but they are the same thing: those little colorful paper disks that cheerfully fill the air and the streets at Carnevale time in Italy, and in every festive occasion everywhere else. Indeed, while confetti are common in all types of celebrations abroad, Italian coriandoli are all for Carnevale. What not many may know, though, is that the habit of using coriandoli/confetti is an all-Italian invention.
During the Renaissance, people used to celebrate Carnevale parades by throwing flowers, oranges and egg shells filled with essences to one another: it was fun and it fit well into the whole “let’s be jolly” atmosphere of the event. Needless to say, it was also an enormous waste of food. 16th century Florentine botanist Giovanvettorio Soderini was the first to mention an important change in the practice, that of using sugared coriander (coriandolo in Italian) seeds instead of more expensive food stuff. These little candies took the name of the seeds they were made of, and became known as coriandoli. The original coriandoli belong to the candy category of confetti (a candy usually covered with a sugar shell) which is the way we call coriandoli in English. So we can say that the English confetti come from Italy, too.
Coriandoli used to be candies people would throw during Carnevale parades in the glorious days of our Renaissance, but what’s the story with the paper disks we use today?
Well, while certainly cheaper than flowers and oranges, sugared coriander seeds were pretty expensive, too, and not everyone could afford to waste so many for a day of street gaiety. So in later decades, sugar was substituted with colored plaster. Some actually say that the seeds were eliminated completely and that coriandoli were, for a while, just tiny, colorful plaster balls. But if we want to finally meet modern coriandoli/confetti, we need to fast forward to the late 19th century: it was 1876 when young Ettore Fenderl from Trieste, in an attempt to save extra money, decided to cut out some paper and to use that instead of the more expensive plaster coriandoli. In truth, it was to emerge, Ettore wasn’t the first one to think of it: one year earlier, Enrico Mangili of Crescenzago, near Milan, had used paper cut outs left over from silkworm farming as coriandoli.
But where did the Italians get the habit of throwing small things at each other during celebrations? Well, in fact, it’s a tradition we inherited from the ancient Greeks, who would throw leaves and flower petals to victorious athletes, war heroes, newlyweds and also during funerary parades. The habit is well documented in western culture, but the reasons behind it aren’t as clear: some anthropologists believe it was a symbolic way for the masses to participate to triumphal marches with their heroes, flowers and leaves being the symbol of gifts. Others, on the other hand, prefer a more esoteric explanation, stressing the magical powers of plants and flowers in ancient Mediterranean civilizations and also later, well into the Middle Ages.
It’s clear that coriandoli/confetti are a very Italian invention, with deep Mediterranean roots. To be fair, in Europe coriandoli are really a whole-Italian affair even when it comes to their production. The home of coriandoli is in Porcellengo di Paese, just outside Treviso, where Mr. Franco Carnevale (yes, that’s his name!) has been making them since 1982. He explains how, to make good coriandoli, you must “mix two different kinds of paper. We use only old movie posters coming from two Roman typographies, because we know they are good quality. To that, we add specially made paper in colors like pink, green and purple…not too bright, so they are cheaper…” Mr. Carnevale sells his coriandoli all over Europe; production goes strong from September to the end of the Italian Carnevale, with the rest of the year being spent planning, organizing and bookkeeping.
Noi li chiamiamo coriandoli, il resto del mondo li chiama “confetti”, ma sono la stessa cosa: quei piccoli dischi di carta colorata che riempiono allegramente l’aria e le strade a Carnevale in Italia, e in ogni occasione di festa ovunque. Infatti, mentre i coriandoli sono comuni in tutti i tipi di celebrazione all’estero, i coriandoli italiani sono tutti per il Carnevale. Quello che forse non molti sanno, però, è che l’abitudine di usare i coriandoli è un’invenzione tutta italiana.
Durante il Rinascimento, la gente era solita celebrare le sfilate di Carnevale lanciandosi l’un l’altro fiori, arance e gusci d’uovo riempiti di essenze: era divertente e si inseriva bene in quell’atmosfera di “allegria” tipica dell’evento. Inutile dire che era anche un enorme spreco di cibo. Il botanico fiorentino del XVI secolo Giovanvettorio Soderini fu il primo a menzionare un importante cambiamento nella pratica, quello di usare semi di coriandolo zuccherati (coriandolo in italiano) invece di generi alimentari più costosi. Queste piccole caramelle presero il nome dei semi di cui erano fatte, e divennero note come coriandoli. I coriandoli originali appartengono alla categoria dei confetti (una caramella solitamente ricoperta da un guscio di zucchero) che è il modo in cui chiamiamo i coriandoli in inglese. Quindi possiamo dire che anche i coriandoli inglesi vengono dall’Italia.
I coriandoli erano caramelle che la gente lanciava durante le sfilate di Carnevale nei giorni gloriosi del nostro Rinascimento, ma qual è la storia dei dischi di carta che usiamo oggi?
Beh, anche se certamente più economici dei fiori e delle arance, anche i semi di coriandolo zuccherati erano piuttosto costosi, e non tutti potevano permettersi di sprecarne così tanti per un giorno di allegria per strada. Così, nei decenni successivi, lo zucchero fu sostituito da gesso colorato. Alcuni in realtà dicono che i semi furono eliminati completamente e che i coriandoli furono, per un po’, solo piccole palline di gesso colorato. Ma se vogliamo finalmente incontrare i moderni coriandoli/confetti, dobbiamo andare avanti veloce fino alla fine del XIX secolo: era il 1876 quando il giovane Ettore Fenderl di Trieste, nel tentativo di risparmiare altro denaro, decise di ritagliare della carta e di usare quella al posto dei più costosi coriandoli di gesso. In verità, è emerso, che Ettore non è stato il primo a pensarci: un anno prima, Enrico Mangili di Crescenzago, vicino a Milano, aveva usato come coriandoli dei ritagli di carta avanzati dalla bachicoltura.
Ma da dove viene agli italiani l’abitudine di lanciarsi piccoli oggetti durante le feste? Beh, in realtà è una tradizione che abbiamo ereditato dagli antichi greci, che lanciavano foglie e petali di fiori agli atleti vittoriosi, agli eroi di guerra, agli sposi e anche durante i cortei funebri. L’abitudine è ben documentata nella cultura occidentale, ma le ragioni che stanno dietro non sono così chiare: alcuni antropologi credono che fosse un modo simbolico per le masse di partecipare a marce trionfali con i loro eroi, essendo fiori e foglie il simbolo dei regali. Altri, invece, preferiscono una spiegazione più esoterica, sottolineando i poteri magici di piante e fiori nelle antiche civiltà mediterranee e anche più tardi, fino al Medioevo.
È chiaro che i coriandoli/confetti sono un’invenzione molto italiana, con profonde radici mediterranee. Per essere onesti, in Europa i coriandoli sono davvero un affare tutto italiano anche per quanto riguarda la loro produzione. La patria dei coriandoli è Porcellengo di Paese, appena fuori Treviso, dove il signor Franco Carnevale (sì, è il suo nome!) li fa dal 1982. Ci spiega come, per fare dei buoni coriandoli, si debbano “mescolare due diversi tipi di carta. Usiamo solo vecchi manifesti cinematografici provenienti da due tipografie romane, perché sappiamo che sono di buona qualità. A questi, aggiungiamo carta fatta apposta in colori come il rosa, il verde e il viola… non troppo brillante, così sono più economici…” Il signor Carnevale vende i suoi coriandoli in tutta Europa; la produzione va forte da settembre alla fine del Carnevale italiano, mentre il resto dell’anno è dedicato a pianificazione, organizzazione e contabilità.
Unlike many news organizations, instead of putting up a paywall we have eliminated it – we want to keep our coverage of all things Italian as open as we can for anyone to read and most importantly share our love with you about the Bel Paese. Every contribution we receive from readers like you, big or small, goes directly into funding our mission.
If you’re able to, please support L’Italo Americano today from as little as $1.