(Photo: Illia Bondar/Dreamstime)

We all have a soft spot for chefs and food bloggers, for online cooking courses and for those Youtube videos where they teach you how to make delicious meals in five minutes. We can tune on our favorite food TV channel, seat at a restaurant and upload photos of our plate to Instagram; we can learn all the tricks of the trade and follow all the plating and food presentation trends out there.

But cuisine is much more than that. “Cuisine” means traditions, local products and family recipes; it means time-honored dishes that bring us back to our childhood and connect us with the past. “Cuisine” is also made of collective flavors that a community shares, of culinary habits, celebrations and seasonality. But it is connected with our day-to-day life, too, and with our personal tastes, with how we elaborate a dish, with all the successful attempts and inedible failures that follow. It’s even dishes and plates to wash. Truth is, you can’t really understand what cooking means until you start playing around in the kitchen a little.

A peculiarity of Italian cuisine is the use of local and seasonal products, but also of leftovers. Mind, once upon a time, there wasn’t much left to cook with because people were hungry and, more often than not, they would clean up their plates: even stale bread was good if that was the only bread you had. Yet, many of the most renowned recipes we find published in cooking books or online were born from the art of making up a meal with what was available.

Numerous recipes of Italy’s home cooking tradition come from a time when necessity called the shots in the kitchen. It’s our cucina contadina, our cucina povera – poor cuisine, that of pancotto and pappa al pomodoro, of ribollita and timballo, of frittata di maccheroni, meatloaf and meatballs, of lesso rifatto with onions and savory pies. Today, these recipes are part of our regional culinary tradition, which tells us so much about the history of a place. Tourists find these dishes incredibly interesting, too – if they don’t ask for fettuccine Alfredo or Bolognese pasta, that is.

Some may consider leftovers recipes an invitation to celebrate parsimony and frugality in times of consumerism and excessive food waste: data say that, on average, 31 kg (that’s about 60 lbs) of food ends up in the bins in Italy every year and that, in the US, the same happens to 40% of what people buy. Others see them as a way to eat more healthily because our well-being also comes from what we eat. Soups made with cubes of stale bread, delicious frittate made with all we’ve left in the fridge, leftover pasta that turns into a baked delicacy, rice cakes and pies created with yesterday’s risotto, meatloaves put together with leftover roasts, tasty salads made with the chicken or fish we didn’t feel like to eat last night. Very different dishes, you may say, but they all have one secret ingredient in common.

Which one? Well, the answer is as easy as the q.b. (“to taste”) of salt and pepper so typical of Italian cuisine: the only “dressing” we use, really. The secret ingredient is our personal taste and the creativity we put in when we cook. It’s the inspiration, and the personal touch that makes everything nicer. It’s also the ability to dose a occhio, by approximation, as well as the little time we want to spend in the kitchen after a long, exhausting day at work. In other words, our daily life is a secret ingredient, too.

Because Italian cuisine isn’t only pizza and pasta, the dishes that perhaps represent it better abroad. It isn’t exclusively the professional chefs who work as food ambassadors for the country around the world, nor is it simply the restaurants where we can try all those things we can’t cook at home. And there is more to Italian cuisine even than those seasonal flavors and local products that are a staple in every Italian pantry.

Italian cuisine is what we all make daily in our kitchen and we share with our family and friends, dishes that one day are delicious and the following are a bit bland because we forgot to add salt to the pot, distracted as we were by what was happening on TV. Cooking Italian means giving it a try, being ingenious by adding a pinch of oregano and a sprig of rosemary or substituting that glass of wine with some vegetable broth. Cooking Italian leaves us the freedom to reinterpret our nation’s great classics and our towns’ traditional recipes so we can use crumbled taralli instead of breadcrumbs on orecchiette alle cime di rapa, or leave out cheese from pasta e fasoi, because we became intolerant to lactose. We’re not talking about huge changes, but little tweaks we make here and there to adapt a dish to what we have in the fridge – how often do we use one ingredient instead of another because we don’t have it at home?- or to meet our own or our family’s taste. You see it now: Italian cuisine means also adapting, interpreting, and making culinary variations on a theme, all while remaining within the “borders” of that dish.

Have you ever noticed that grandma’s sauce tastes different when you make it, even if you followed her recipe and the indications she gave you to a T, or you’ve seen her preparing it a thousand times? That difference isn’t all down to how sweet or sour the tomatoes are, nor to how much you cooked your soffritto. It’s about the secret ingredients of every Italian cook: the pleasure we put into cooking for ourselves and for others, but also our great love for food that, without fail, connects us to memories and habits, and to the social need to eat together.

Siamo attratti dagli chef, dai foodblogger, dai corsi di cucina online e da quei video su youtube che ci insegnano in 5 minuti come preparare splendidi manicaretti. Possiamo seguire il nostro canale televisivo dedicato al food, sederci al ristorante e instagrammare la portata, studiare i trucchi del mestiere e seguire tutte le mode del momento su impiattamento e presentazioni.

Ma la cucina è molto di più. E’ fatta di tradizioni, prodotti locali e ricette familiari, piatti tipici che hanno un legame con la memoria e l’infanzia. E’ fatta anche di sapori collettivi, condivisi da una comunità, di abitudini alimentari e di ricorrenze e stagionalità. Ma la cucina è anche quotidianeità, rielaborazioni e gusti personali, tentativi e immangiabili fallimenti, persino di piatti e pentole da lavare. Finchè non ci si mette a spadellare tra i fornelli è difficile capire quale sia davvero il senso della cucina.

Una caratteristica peculiare della cucina italiana è l’uso dei prodotti locali e di stagione ma anche il riuso degli avanzi. Se è vero che un tempo ben poco avanzava perché la fame era tanta e mai e poi mai si lasciava una briciola nel piatto, tanto che persino il pane duro era il più buono che c’era, se altro non c’era, è anche vero che molte delle ricette oggi rinomate e pubblicate su ricettari e tutorial online sono nate dall’arte di rielaborare quanto a disposizione.

Nella cucina di casa, la tradizione regionale annovera moltissime ricette nate quando era la necessità a guidare l’utilizzo del poco disponibile per preparare gustosi piatti. E’ l’origine contadina e della cosiddetta cucina povera che c’è dietro al pancotto, alla pappa al pomodoro, alla ribollita, a timballo e frittata di maccheroni, polpettone e polpette, al lesso rifatto con le cipolle, agli sformati. Oggi fanno parte dei piatti tipici regionali, quelli che raccontano un pezzo della storia locale e che i turisti trovano estremamente interessanti, quando non chiedono le fettuccine all’Alfredo o la pasta alla bolognese.

Qualcuno può rileggere le ricette degli avanzi come un invito ad apprezzare parsimonia e frugalità in tempi di consumismo e sprechi alimentari (si calcola che in media nella spazzatura degli italiani finiscano quasi 31 chili l’anno di prodotti e il 40% della spesa americana) o come ricerca di pasti sani per una cura del benessere e della salute che passa da quel che si mangia. Ma in quelle minestre con dadi di pane vecchio, nelle frittate che rendono buono tutto quel che si trova in frigo da tre giorni, nella pasta avanzata che rinasce al gratin, nelle frittelle o nei tortini che rianimano il riso del giorno prima, negli invitanti polpettoni che riciclano la carne, nella saporita insalata che rigenera il pollo o il pesce lesso che ieri non avevamo voglia di mangiare, c’è un ingrediente segreto.

Quale? Semplicissimo come il “q.b.” di sale e pepe, che poi è l’unico vero “dressing” della cucina italiana. E’ il gusto personale e la fantasia di chi quel giorno si è messo ai fornelli. E’ l’ispirazione, la creatività, la mano che aggiunge il tocco che rende tutto più buono, il saper dosare a occhio ma è anche la fretta o la poca voglia di preparare, sì..è la vita quotidiana, il sapore di tutti i giorni.

Perché la cucina italiana non è “solo” il piatto di spaghetti o la pizza che la rappresentano all’estero, i masterchef che sfornano prelibati impiattamenti da ambasciatori del gusto italiano nel mondo, i ristoranti in cui possiamo assaggiare tutto quello che in casa non sappiamo preparare, gli ingredienti di stagione e di alta qualità che per fortuna non mancano mai nell’alimentazione degli italiani.

La cucina italiana è quella che ciascuno di noi fa a casa propria ogni giorno e condivide con la propria famiglia o gli amici. Quella che un giorno viene buonissima e quello dopo un po’ insipida perché ci siamo scordati di salare mentre ascoltavamo la tv accesa. E’ quella in cui ciascuno si mette alla prova, in cui s’inventa aggiungendo un pizzico di origano o un rametto di rosmarino ma

magari togliendo il bicchiere di vino per sostituirlo con del brodo vegetale. E’ quella che ci lascia liberamente reinterpretare i grandi classici e le ricette tipiche della nostra città, per cui posso scegliere se mettere le briciole dei taralli al posto del pane grattato sul pugliesissimo piatto di orecchiette con cime di rapa o togliere il formaggio alla pasta e fasoi veneta perché siamo diventati intolleranti. Non grossi stravolgimenti ma piccoli accorgimenti casalinghi per adattare il piatto alle esigenze della dispensa (quante volte ci manca un ingrediente e lo sostituiamo scoprendo che poi non è così male?) o del gusto personale o di un familiare. Perchè la cucina italiana è anche questo: adattamento, interpretazione, variazione sul tema pur restando dentro i “confini” di quel piatto.

Vi siete mai accorti che il sugo della nonna ha un sapore diverso dal vostro anche se avete seguito pedissequamente quantità e procedimento che lei stessa vi ha spiegato o che voi avete visto fare mille volte? Non dipende solo dal pomodoro più o meno acido, dal soffritto più o meno rosolato ma dal vero ingrediente segreto di ogni cuoco e ogni cuoca italiana: il piacere di cucinare per sé e gli altri, il grande amore per la cucina che ha sempre un legame fortissimo con i nostri ricordi e le nostre abitudini, e la necessità sociale di consumare insieme quel pasto.


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