Poeta, insegnante di metrica, enigmista, attore, fine dicitore: Franco Costantini sembra avere una vocazione naturale all’eclettismo e alla “contaminazione”. Versatile protagonista della scena artistica, Costantini ha tenuto numerosi recital sui palchi italiani, insieme a musicisti, attori e poeti, proponendo i capolavori di Dante, Montale, Leopardi, Dino Campana. 
Nei suoi recital spesso la poesia incontra la musica, senza trascurare il suo talento di attore, come nel cortometraggio “L’annusatore” di Gianfranco Tondini, nello sceneggiato “Fine Secolo”, di Gianni Lepre, trasmesso su Rai 1, e nel musical “L’ultima notte di Scolacium”, diretto da Cristina Muti, dove sostituì Gerard Depardieu.
 
Nel 2013 ha pubblicato il poema epico “Totteide”, in 1800 endecasillabi, il primo dedicato a un uomo di sport, in questo caso al capitano della Roma calcio, visto come un moderno eroe dello sport.
Quest’anno ha inaugurato la “stagione dantesca” di Ravenna Festival interpretando “Cantica Dantesca”. Per una settimana, ai Chiostri Francescani, ha recitato i versi dell’Alighieri accompagnato da musicisti.
 
È nato a Roma e vive a Ravenna, ha origine da questo percorso il suo “Totteide”, il poema epico in 1800 endecasillabi dedicato alle gesta di Francesco Totti?
Certo. Totti è simbolo di “amor patrio e fedeltà”. E cantando lui ho anche testimoniato il mio modo di essere “fedele a distanza”: la vita mi ha portato lontano da Roma, ma niente potrà strapparmi dal cuore l’amore per le mie radici. Insomma: fatte le debite proporzioni, credo che la “pulsione prima” del mio poema sia la stessa che spinse Quinto Orazio Flacco a scrivere il suo Carmen Saeculare. “Carmen” che – tra l’altro – mi sono permesso di parafrasare. Con ironia, ma anche con grande affetto: “O almo Sole, che con raggio biondo / l’oscurità disperdi de le notti, / tu non vedrai nessuna cosa al mondo / maggior di Roma o di Francesco Totti”.
 
Con Dante’s Corner è diventato un juke box dantesco, i passanti le chiedevano di recitare un canto e lei… mentre al caffè letterario Le Giubbe Rosse di Firenze…
Due esperienze fantastiche. In Dante’s Corner mi è piaciuto soprattutto il ribaltamento del rapporto palco-platea: il pubblico, infatti, non aveva il solito ruolo, ricettivo-passivo; ma diventava “regista”, decidendo cosa ascoltare. Devo tuttavia confessare una cosa: non rifarò mai più Dante’s Corner così come lo feci tutti i giorni di quel luglio 2013, almeno 4 ore al giorno, per un totale di 156 ore di performance. È stato massacrante. Non tanto a livello fisico: parlo di “stanchezza emotiva”, perché nel recitare Dante ci metto l’anima! A fine luglio, ero uno straccio. Alle Giubbe Rosse di Firenze, nel 2015, premiarono me e il chitarrista Raimondo Raimondi, mio partner di scena in mille occasioni, con il premio gemello “La poesia nelle corde”. 
 
Recitare Dante in quel contesto è stato davvero gratificante. Lì sono passati tutti i grandi poeti del Novecento: da Campana a Pasolini, da Saba a Pratolini, da Quasimodo a Montale. Lì Marinetti e i futuristi si accapigliarono con i letterati fiorentini nella rissa culturale più famosa del mondo! Uh, dimenticavo Gadda; ed Ezra Pound, e Dylan Thomas… 
Insomma, quello non è un caffè, è un “tempio della letteratura”; e io ci sono entrato da “sacerdote”, capisci? È stata una delle mie soddisfazioni artistiche più grandi. E ancora oggi mi vanto con gli amici che su Wikipedia, alla voce “Caffè Le Giubbe Rosse”, è citato anche il mio nome e quello dell’amico Raimondo!
 
C’è un canto della Divina Commedia a cui è particolarmente legato? 
Forse il XXVI dell’Inferno, in cui Ulisse, pur “dannato”, ci regala un epifonema che suona come un undicesimo “comandamento”: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Ma adoro anche il XXI del Paradiso, in cui San Pier Damiani sa conciliare la spiritualità della propria beatitudo con la “carnalità” dell’invettiva contro la chiesa corrotta.
 
Quest’anno ha inaugurato la stagione dantesca di Ravenna Festival declamando “Cantica Dantesca” accompagnato da Elena Sartori, Sara Bino, Elena Biscuola, Elisa Bonazzi e Anna Pia Capurso (Melodi Cantores)…
In “Cantica dantesca” si è esplorato il rapporto tra i versi di Dante e alcune canzoni sacre medioevali. Il tema era quello della donna come guida spirituale, chiave del passaggio dall’amore terreno all’amore divino. Proprio sul tema dell’amore, un “matrimonio” tra note e poesia si era celebrato già sette secoli fa, quando Casella musicò alcuni versi del Vate (“Amor che nella mente mi ragiona”). 
 
Nel 2014 ha sostituito Gerard Depardieu nel ruolo del conte normanno Ruggero d’Altavilla, nel musical diretto da Cristina Muti, con musiche di Nicola Piovani: “L’ultima notte di Scolacium”.  
A Catanzaro. Un ricordo bellissimo. Fu Cristina Muti a volermi a tutti i costi, contro le perplessità dei produttori. In tutta franchezza, quelle perplessità avevano ragion d’essere: come si fa a sostituire un divo famoso con un dicitore quasi sconosciuto, quand’anche dotato? A quel punto però, non mi restava che accettare la sfida, anche per onorare il coraggio di Cristina. Così mi calai nei panni di quel prode normanno che attorno all’anno 1060 conquistò la Calabria… col preciso obiettivo di conquistarla di nuovo! Per mia fortuna fu un successo. E fu anche l’occasione di fare amicizia con artisti eccezionali: come Edoardo Siravo, Rosa Feola, i fratelli Mancuso…
 

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