Uno dei maestri teatrali contemporanei, Massimiliano Finazzer Flory, in questi giorni a Los Angeles, ci ha parlato del suo nuovo lavoro: Essere Leonardo da Vinci. Un’intervista impossibile, sul maestro del Rinascimento italiano, nonché sinonimo di genio universale.
In occasione dell’Expo di Milano, lo spettacolo multimediale sarà in scena ogni sabato dal 9 maggio a ottobre presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, location d’eccezione intitolata allo stesso Leonardo.
A seguire, in autunno, andrà in trasferta oltreoceano, nel West degli Stati Uniti e in particolare a Los Angeles, città molto amata dal nostro stimato attore, drammaturgo e regista teatrale.  
 
Quali opere del genio leonardiano l’hanno affascinata maggiormente?
Credo sia indispensabile partire dai disegni del genio rinascimentale. Leonardo da Vinci ha la mano del pittore ma, al tempo stesso, possiede il cervello dello scienziato, sempre avido di espandere le proprie conoscenze. Il mio spettacolo vuole restituire questa verità: senza lo scienziato Leonardo non avremmo il pittore Leonardo.
 
Ci parli più in dettaglio del suo nuovo spettacolo.
Lo spettacolo si apre con una performance di danza rinascimentale, per non perdere di vista il fatto che Leonardo sia stato anche un grande maestro di teatro. Io recito in lingua rinascimentale, riprendendo il contenuto dai testi originali del maestro, affinché si possa offrire un quadro a trecentosessanta gradi del genio, come inventore, scienziato, pittore.
In una sorta di “impossible interview”, vengono poste sessantasette domande al genio: una per ogni anno della sua vita. Attraversiamo la vita di da Vinci, arrivando a scoprire il segreto della conoscenza di Leonardo. Impiegando le sue stesse parole: “Nessuna cosa si può amare, se non si ha una grande cognizione di quella.”
Per la prima volta, il mio spettacolo adopera due lingue: io recito in italiano rinascimentale e l’intervistatrice/intervistatore recita in inglese. Per il testo inglese è stata compiuta un’attenta opera “filologica”, prima trasponendo il linguaggio rinascimentale in italiano contemporaneo e, infine, in inglese. In questo modo, lo spettacolo è altamente fruibile ed efficace. Come avrebbe voluto lo stesso Leonardo, la cultura dev’essere sempre produttiva e mai sterilmente teorica. Attraverso questo mix linguistico, vengono preservati il suono, il segno ed il sogno di Leonardo.
 
Impiegherà qualche supporto audiovisivo nel suo spettacolo?
Sì, lo spettacolo si aprirà con un filmato di quattro minuti, una sorta di carrellata poetica e documentaria sulle invenzioni e le opere figurative di Leonardo. Ciò aiuterà il pubblico a familiarizzare con il terreno di confronto su cui si dipanerà l’intervista.
È stato influenzato nel suo lavoro da qualche precedente teatrale/filmico/televisivo?
Il mio spettacolo è assolutamente originale. Certo, alcuni possono avere in mente il Leonardo interpretato da Philippe Leroy nel 1971. Io, però, non ho guardato alla fiction, ma alla realtà storica. Leonardo, come tutti i geni, è un “contemporaneo”, ovvero, opera insieme al nostro tempo ma, simultaneamente, contro il nostro tempo. Anticipo, inoltre, che dalla rappresentazione scenica verrà tratto un libro. Mi sto accordando con un editore statunitense per la pubblicazione in inglese verso la fine dell’anno.   
 
Che cosa l’ha spinta alla realizzazione di un nuovo spettacolo su Leonardo?
Noi tutti abbiamo bisogno di Leonardo. Egli ci offre una visione unitaria del mondo. Per il genio toscano, l’arte è una buona pratica e la scienza è conoscenza: entrambe sono quanto mai indispensabili all’umanità di oggi.
Leonardo, nello spettacolo, si offre come inedito “eco-designer”, perché egli scopre che la Natura ci guida, sia quella interna sia quella esterna a noi. Egli sostiene la pace, ma non è un pacifista, egli è ecologico, ma non ecologista, fautore del progresso, ma non progressista. Leonardo è un potente antidoto contro le ideologie dei nostri tempi.
La sua cultura deriva dall’esperienza. La sua metodologia d’indagine si basa sul continuo processo di “trial and error”. Tutto ciò ne fa un empirico di scuola anglosassone ante-litteram.
Due affermazioni di Leonardo ci aiutano a comprenderlo: “Triste quel discepolo che non supera il suo maestro” e “Chi poco pensa, molto erra.”
 
Ci parli della sua scelta stilistica di un dialogo piuttosto che un monologo.
In questo dialogo, avrò un make-up e dei costumi che mi trasformano fisicamente in Leonardo, perfino nelle posture. L’ambientazione è contemporanea, quasi a ricreare uno studio televisivo con due sedie, una dinanzi all’altra. Leonardo, però, si distacca dalla dimensione della finzione televisiva, ponendo la questione della verità. Ci dice che in un mondo circondato dall’audience, dobbiamo imparare a districare la bugia dalla verità. Un messaggio molto attuale nella comunicazione di oggi. Ogni giorno, i media mescolano verità e bugie, affidando la responsabilità ai fruitori di separare le due. Questo compito si rivela proibitivo se non si posseggono i giusti strumenti conoscitivi.
Per due anni vivrò unicamente le sembianze del genio toscano. Sarò in tour in Europa e negli Stati Uniti. Il prossimo anno, girerò nei più importanti musei che custodiscono i vari tesori leonardiani: in particolare, a San Pietroburgo, Washington, Londra, Parigi, Cracovia, oltreché in diverse località italiane.
 
In qualità di attore, si accorge mai che ogni sua performance cambia dalla precedente?
Io ritengo che l’attore faccia continuamente l’esperienza dell’altro, di diventare diverso da sé. Questa esperienza mi arricchisce ogni volta. L’attore diventa artista perché assume le sembianze, sia fisiche sia psicologiche, del testo e del personaggio che interpreta. Trasformarsi, in fondo, è l’unico modo per rimanere se stessi. L’attore che cambia è l’unico veramente fedele al teatro. Al contrario, ogni volta che si rimane uguali a se stessi subentra la noia e si finisce col diventare retorici, autoreferenziali e narcisisti.   
 
Ci può parlare della sua agenda immediata qui a Los Angeles?
La mia agenda unisce la dimensione del sociale a quella dell’arte. Innanzitutto, partecipo a una serata di “charity” a sostegno dei senzatetto, in cui il campione di basket dei Los Angeles Lakers, Kobe Bryant, viene premiato per le sue attività benefiche. Sigleremo una collaborazione “umanitaria” internazionale tra Milano e Los Angeles, che vedrà coinvolti artisti e giocatori di basket di entrambe le città.
Svolgerò, inoltre, un sopralluogo al Getty Center, per valutarne l’adeguatezza come location per il mio spettacolo.
Ho fissato degli incontri con dei talent manager, per passare in rassegna i profili di attrici americane coerenti con la mia visione artistica e scritturare la più adatta a interpretare l’intervistatrice in un mio spettacolo, che vi anticipo, si terrà al Teatro La Fenice a Venezia. Con ciò, desidero fortemente rafforzare un dialogo d’amicizia tra l’Italia e gli States.
Amo in particolare la California e, di conseguenza, dopo una partenza il 13 ottobre prossimo a Houston, in Texas, rappresenterò il mio spettacolo a Los Angeles in più date. In questi giorni m’incontrerò con dei professori della UCLA, per concordare una “lectio magistralis” su Leonardo in autunno.
In conclusione, m’incontrerò con un agente americano per la trasposizione del mio spettacolo teatrale in un cortometraggio di circa venticinque minuti. In esso, una giornalista del New York Times o della CNN intervista Leonardo in uno studio televisivo. Partendo dall’intenzione di uno scoop, l’intervista verterà inaspettatamente sulla natura stessa dei media. Con un ribaltamento di prospettiva, Leonardo diverrà l’interrogatore e non più l’interrogato.
 
Leonardo, l’unica vera icona italiana capace di raccogliere un ingente numero di appassionati anche qui negli States. Non crede?
Assolutamente sì. Egli è l’icona del Rinascimento. Più che mai oggi abbiamo bisogno di un “rinascimento”, di una seconda nascita. La prima nascita è rappresentata dal fluire della vita, la seconda consiste nell’esperienza della vita propria. Noi tutti viviamo, ma esistiamo soltanto nel momento in cui abbiamo coscienza della vita.  
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