In un libro pubblicato nel 1934, Albert Einstein scriveva: “La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”. (Albert Einstein, Come io vedo il mondo, 1934).
La frase scritta da Einstein ottant’anni fa non potrebbe essere più vera. E Fiat ne sa qualcosa.
Nonostante il nuovo Millennio fosse iniziato con non poche difficoltà, tanto che c’era chi parlava di crisi profonda e dubitava della sopravvivenza stessa dell’azienda torinese, nel giro di un decennio, e con una rinnovata amministrazione che si è dimostrata vincente, Fiat chiude l’accordo con Chrysler, acquisendo il 100% dell’azienda americana.
L’annuncio arriva il 1° gennaio, quando l’amministratore delegato Sergio Marchionne dichiara durante un incontro con la stampa italiana al Salone di Detroit, che la fusione con Chrysler è vicina. L’accordo con il Veba (Voluntary Employees Beneficiary Association, associazione che si occupa dell’assistenza sanitaria degli ex dipendenti di Chrysler) per rilevare il 41,5% di Chrysler, “si dovrebbe chiudere in settimana”, ha detto Marchionne.
Tuttavia non si sbottona troppo l’ad di Fiat, soprattutto considerando che in agenda c’è a fine mese un consiglio d’amministrazione, durante il quale verranno definiti gli ultimi ritocchi all’accordo, come per esempio il nome della nuova holding e la sede.
La storia della casa automobilistica italiana vive oggi nuovi fasti.
La crisi economica che dagli anni Duemila ha travolto un po’ tutto il settore dell’auto, non ha certo risparmiato Fiat. La concorrenza sempre più agguerrita e il ristagno nel quale si è impantanata l’economia mondiale, hanno avuto effetti di forte crisi sul Lingotto.
La morte di Gianni Agnelli prima e del fratello Umberto poi, hanno dato l’impulso per un ricambio generazionale, facendo salire ai vertici dell’azienda tre figure importanti per il rilancio: Luca Cordero di Montezemolo, noto dirigente d’azienda e politico italiano; John Elkann, nipote di Gianni Agnelli, scelto dal nonno come suo successore; e Sergio Marchionne, manager e dirigente d’azienda italiano. La sinergia tra questi tre uomini produce un grande rinnovamento e una profonda trasformazione culturale.
L’obiettivo è quello del rilancio dell’azienda a livello globale e per farlo nel 2009 Fiat firma un accordo con Chrysler Group, con il quale ottiene una quota di minoranza del 20%. L’anno precedente, durante il quale il Lingotto comincia a prendere accordi con l’azienda americana, era stato particolarmente difficile per Chrysler. La più piccola delle tre case automobilistiche di Detroit aveva rischiato seriamente di scomparire, causa la terribile crisi economica che si era scatenata negli Usa.
L’amministrazione Marchionne-Elkann vede l’opportunità di rilancio in questa fase di crisi. All’epoca c’era chi non avrebbe scommesso nulla sulle possibilità che questo sodalizio potesse essere fruttifero. E fino all’inizio di quest’anno le due aziende hanno sì collaborato, ma mantenendo in qualche modo la propria autonomia. Con l’accordo in arrivo e la prossima fusione, la storia di Fiat e Chrysler sarà per sempre legata a doppio filo.
La sfida è stata coraggiosa e oggi i risultati sono evidenti. Marchionne ed Elkann, nella lettera di fine anno ai dipendenti, sottolineano: “Abbiamo preso alcune decisioni coraggiose, che riguardano soprattutto gli stabilimenti italiani e che siamo convinti ci ripagheranno nei prossimi anni”.
L’effetto della fusione tra le due aziende, infatti, si ritiene possa avere conseguenze positive sull’economia di entrambi i Paesi. Diversi sono gli impianti sui quali si è puntato, come quello di Grugliasco, dove fino a qualche tempo fa gli ingranaggi faticavano a girare, mentre nel 2013 quello stesso stabilimento ha inciso notevolmente sull’aumento del Pil (prodotto interno lordo) piemontese.