Pellegrino Artusi (1820-1911), nativo di Forlimpopoli, è stato il più famoso gastronomo romagnolo, la sua opera ha attinto in gran parte dalle tradizioni della cucina della sua terra.
Il manuale gastronomico di Artusi intitolato “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, dopo un iniziale insuccesso, nel 1891 fece raggiungere al suo autore la popolarità. Il volume è in stampa da oltre cent’anni, tradotto in diverse lingue e, di fatto, è stato inserito nel canone della letteratura italiana.
Dal 1997 Forlimpopoli, in onore del suo famoso concittadino, attribuisce, nell’ambito della festa artusiana, il premio che porta il suo nome. Nel 2007 il premio fu assegnato allo chef Gino Angelini, che ora gestisce a Los Angeles “L’Osteria Angelini”. La motivazione del conferimento del premio fu la seguente: “Per aver dimostrato con successo che l’innovazione in cucina può passare attraverso il recupero dei sapori, degli ingredienti, delle preparazioni più semplici e autentiche.
Dopo essere stato fra i protagonisti dell’avvio di una nuova stagione per la cucina del nostro paese, da oltre dieci anni è diventato portabandiera della nostra gastronomia nel mondo, insegnando agli americani a riconoscere e ad apprezzare il vero gusto della tradizione italiana, esaltata dalla qualità delle materie prime”.
Gino Angelini, nato nel 1953 a San Clemente in provincia di Rimini, è oggi una stella di prima grandezza della ristorazione californiana e con la sua “Osteria” ha insegnato agli americani il gusto della cucina italiana semplice e autentica.
Dalla riviera romagnola a L.A. il viaggio è stato lungo, infatti, la sua è stata una vocazione precoce. A soli 14 anni iniziò l’apprendistato nella cucina del Grand Hotel di Rimini e a 20 anni entrò in quella dell’Hotel Ambasciatori di Rimini, prima di approdare al Grand Hotel Des Bains di Riccione.
Nel 1995, quando era già diventato un punto di riferimento per il nuovo corso della gastronomia italiana, Angelini partì per gli Stati Uniti, chiamato da Mauro Vincenti alla guida del “Rex”, uno dei più noti ristoranti di Los Angeles.
Nel 1997 apre a Brentwood il Vincenti Restaurant che nel dicembre dello stesso anno entra nell’elenco dei 25 migliori ristoranti stilato dalla rivista “Esquire” mentre l’anno successivo è indicato come il migliore nuovo ristorante della “città degli angeli” dal Los Angeles Magazine. Al successo del ristorante si accompagna quello di Angelini, che nel 1999 la stessa rivisita definisce “Il miglior chef italiano a L.A.”.
Nell’ottobre 2001 lo chef romagnolo inaugura il suo ristorante “L’Osteria Angelini” situato al 7313 di Beverly Blvd, alla base del successo c’è un menù apparentemente semplice, ma molto accurato, che propone piatti classici della tradizione: lasagne verdi (omaggio a nonna Elvira), tagliatelle al ragù, fegato alla veneziana, carbonara alla porchetta, tortelloni e trippa.
Dall’inizio del 2013 Angelini si occupa, come consulente, insieme al gruppo Innovative Dining Group, della “Trattoria Rivabella”, un ristorante di ispirazione toscana situato al 9201 di Sunset Blvd.
LA CUCINA ROMAGNOLA
Nel 1913 Antonio Sassi realizzò un primo censimento della cucina “del popolo”, ritenuta più rispettosa della tradizione romagnola, elencando poche voci: la piadina, i cappelletti (in brodo o asciutti), i passatelli (in brodo o asciutti) e il pollo arrosto. La piadina, che alcuni documenti fanno risalire al 1371 e di cui in Romagna esistono numerose varianti secondo le zone, è una focaccia non lievitata che si prepara con farina di frumento, strutto o olio di oliva, sale e acqua, cotta su un piatto di terracotta chiamato “testo”. La piadina (oppure la pizza fritta) può essere abbinata a salumi, erbe e formaggi freschi, tra cui lo squacquerone, solitamente accompagnato dai fichi caramellati.
Prendendo come riferimento la letteratura popolare romagnola, è possibile individuare altri primi piatti: i manfrigoli, pasta in brodo preparata nelle cene funebri (al ritorno dai funerali), gli gnocchi di patate, i tortelloni e le lasagne al forno.
Per quanto riguarda i secondi non manca la carne lessa (indispensabile per la preparazione del brodo), la carne ai ferri (pancetta, castrato, salsiccia, braciola di maiale, costolette di agnello); tra i salumi la salsiccia, il salame, il prosciutto e la coppa.
L’elenco dei dolci comprende, tra gli altri, la ciambella, i sabadoni (tortelli ripieni di castagne cotte e marmellata di mele, pere cotogne o fichi) e la saba, uno sciroppo prodotto con la riduzione a fuoco lento del mosto d’uva bianca o rossa, usato per bagnare i sabadoni.
L’identità della cucina romagnola nasce dalla cultura popolare e contadina, che si esprime soprattutto nelle minestre, la cui sfoglia deve essere rigorosamente “fatta in casa” con farina, uova e senz’acqua. Oltre alle minestre già citate, dalla sfoglia (tirata a mattarello) si ricavano: tagliatelle, tagliolini, quadrettini, maltagliati, strichetti (farfalline) e garganelli. Sempre con la sfoglia, ma senza uova sono fatti gli strozzapreti.
Il vertice della cucina marinara è rappresentato dal “brodetto”, che in Romagna si esige robusto e casalingo, denso di conserva di pomodoro, di aceto e di pepe nero; le capitali del brodetto sono Cervia, Cesenatico e Cattolica.
Altrettanto deciso è il sapore del pesce in graticola (la rustìda), infilzato negli spiedini e cosparso con una panatura all’aglio e al prezzemolo. Per meglio degustare queste specialità non possono mancare i vini romagnoli, quelli più noti sono il Sangiovese (rosso) e i bianchi Trebbiano e Albana di Romagna.