È raro e affascinante conoscere uomini che vivono della propria arte e vengono celebrati in tutto il mondo per il loro talento, acclamati perché hanno saputo trasmettere al proprio pubblico emozioni fuori dall’ordinario.
 
Domenico Codispoti, 38 anni, originario di Catanzaro, è uno di questi: definito dalla nota rivista musicale londinese Gramophone come un pianista che “suona con una passione e un impeto degni di Cortot”, l’artista darà prova delle sue doti musicali alla Zipper Hall di Los Angeles il 23 ottobre prossimo, mentre il 12 ottobre si esibirà al Lobero Theater di Santa Barbara. Due appuntamenti imperdibili per il pubblico italo-americano, che potrà vivere l’emozione di ascoltare Chopin, Liszt, Rachmaninov e Mompou.
 
Domenico, prima il concerto a L.A., poi l’esibizione al Teatro Real di Madrid il primo febbraio. Ti senti un rappresentante della cultura italiana in giro per il mondo?
 Sicuramente. Mi riempie d’orgoglio poter esportare la nostra tradizione musicale all’estero. Dopo anni durante i quali si è parlato continuamente di crisi del nostro paese, ogni possibilità di aprirsi al pubblico internazionale rappresenta un’occasione di riscatto, nella quale l’arte e la cultura italiana si riavvalgono di quel rispetto e di quell’ammirazione che le ha sempre connotate. Credo sia un onore poter diffondere il meglio della nostra tradizione artistica.
 
Da dove nasce la tua passione per il piano? Qual è stato il tuo punto di riferimento e la persona che più ti ha aiutato nella tua carriera musicale?
Entrambe le domande sono legate alla storia della mia famiglia. Non sono nato in un ambiente di musicisti, ma devo tutto alla passione e alla determinazione di mio padre, al suo sogno di vedere il proprio figlio emozionarsi suonando un pianoforte. Mi ha sostenuto e incitato sin da quando ero bambino, accompagnandomi nei miei viaggi di studio, 700 km andata e ritorno solo per amore della musica classica. A proposito, c’è un aneddoto molto curioso: per un periodo della sua vita, mio padre ha lavorato in un cinema, e durante l’intervallo dei film aveva cominciato a mettere dischi di autori classici. Nacque tutto dalla sua curiosità, non conosceva ancora in modo approfondito la musica classica e lo affascinava l’idea di metterla come sottofondo tra un tempo e l’altro. È lì che scopri il suo amore per i compositori e decise che suo figlio sarebbe diventato un pianista.
 
Il tuo debutto discografico è avvenuto nel 1997, ad appena 22 anni. Cosa è maturato dentro di te da allora?
Quel disco era una compartecipazione musicale, un sentito omaggio al mio primo insegnante, Bruno Mezzena. Da quel momento in poi posso dire di essere cresciuto molto, soprattutto grazie all’esperienza internazionale. Prima ero uno studente di piano in Italia, mentre in seguito ho avuto la possibilità di studiare all’estero, dieci anni tra Inghilterra, Spagna e Stati Uniti. Esperienze di viaggio fondamentali per lo sviluppo della mia carriera artistica, che mi hanno aiutato a uscire dai miei confini e a mettermi in discussione all’estero, dove ho maturato la mia tecnica musicale.
 
Alla Zipper Hall di Los Angeles avrai l’occasione di esibirti di fronte a un pubblico che sarà composto da italo-americani. Sentirai una spinta in più per suonare con ancora più passione ed entusiasmo?
Sarà senza dubbio una doppia spinta. Poter vedere gli occhi lucidi degli italiani che risiedono all’estero, pieni di orgoglio, è emozionante. È ciò che mi succede quando viaggio, e mi rende ancora più felice potermi esibire di fronte a loro. Rappresenta uno scambio forte, la possibilità di essere famiglia insieme, un legame vivo e sentito da entrambe le parti. Sono stato sia spettatore che autore in prima persona e per anni lontano dall’Italia come emigrante negli USA: per me tutto questo ha un valore doppio.
 
Il tuo programma prevede compositori che rappresentano la storia della musica classica. Che cosa significano per te questi autori?
Ho un legame diverso con ognuno di questi maestri, ma tutti rispecchiano il mio modo di sentire la musica. Il mio repertorio è principalmente romantico, legato al periodo nel quale il piano ha subito lo sviluppo maggiore. Ho suonato moltissimo Rachmaninov, del quale amo la velocità, l’impeto e la violenza musicale, la passione che emana ogni nota. Federico Mompou rappresenta invece un modo di fare musica differente, più intimo e distillato, la sincerità delle sue composizioni rimanda a un sentimento di dolcezza e delicatezza. 
 
Domenico Codispoti vive oggi a Roma e insegna pianoforte presso il Conservatorio Lorenzo Perosi di Campobasso, mentre in passato è stato vocal coach alla Southern Methodist University di Dallas, Texas. Il suo curriculum musicale vanta numerosi premi artistici, tra i quali il “Premio Jaén”, il “Cidade de Ferrol” e la medaglia d’oro “Calabria” al Premio Brutium 2010. Ha collaborato con Maurice André, Sergej Krylov, Stefania Bonfadelli e suona regolarmente con il violinista Gabor Szabo e il Trio Vega.
 
Per maggiori informazioni sui due concerti: CIJ MEDIA (213) 399-6830 compatangelo@cijmedia.com
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