Nonostante le nuove potenze emergenti come la Cina e l’India si stiano impegnando fortemente per colmare il divario, gli Stati Uniti d’America rimangono ancora oggi ai vertici dello sviluppo tecnologico, con centri di ricerca all’avanguardia come il Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, specializzato nella scienza robotica al servizio dell’esplorazione del sistema solare, nonché dello studio della terra e dell’universo.
Inizialmente legato all’industria militare ed impiegato nell’elaborazione di sistemi missilistici (tutt’ora circa il 15% del reddito proviene dai settori della difesa e dell’intelligence), nel 1958 il JPL viene affiliato alla neonata NASA e posto sotto la gestione diretta del Caltech, il California Institute of Technology. Da allora l’Ente è stato adibito principalmente alla produzione e sperimentazione di tecnologie e strumentazioni scientifiche finalizzate alla ricerca aerospaziale.
Non senza un certo orgoglio scopriamo che in questa eminente struttura non manca il contributo dell’Italia, rappresentata da una squadra di brillanti scienziati tra cui i Dottori Cinzia Zuffada, Massimo Tinto, Fabrizio Pollara, Gianfranco Sacco, Paolo Bellutta, Marco Quadrelli, Sara Susca e Paolo Focardi.
Ognuno di loro è arrivato al JPL da strade diverse, coltivandone da sempre il sogno come il Dott. Quadrelli o la Dott.ssa Susca, oppure seguendo anche il proprio cuore, com’è successo alla Dott.ssa Zuffada. Tuttavia, nella scelta di trasferirsi in California, comune a tutti è stata la difficoltà a proseguire la carriera scientifica in Italia, dove ammettono che non sarebbero mai riusciti a raggiungere tali livelli di eccellenza.
E questo è un vero peccato, sottolineano, poiché in Italia il potenziale per rinnovarsi è certamente presente, ma la mancanza di adeguati investimenti, di competitività e di organizzazione, come spiega il Dott. Pollara, frenano fortemente il progresso della ricerca scientifica. “La scienza pura andrebbe sempre finanziata, anche per il solo fine della conoscenza, perché non si può mai sapere dove possa portare una scoperta”, quasto il pensiero del Dott. Sacco.
Ma tutto sommato l’Italia, seppur con le sue difficoltà, mantiene alta la testa anche in ambito scientifico, come appunto dimostra la presenza di questi scienziati in un laboratorio del calibro del JPL.
Un traguardo eccezionale specialmente perchè, nonostante la concorrenza, lavorare in questa struttura è ancora come trovarsi “al centro dell’universo”, come scrisse trent’anni fa un collega del Dott. Pollara che ora è Professore al Politecnico di Milano. Ciò è vero in un doppio senso metaforico, sia considerando che satelliti e sonde sono occhi ed orecchie degli scenziati nello spazio, sia perchè le scoperte e le ricerche che si effettuano al Jet Propulsion Laboratory danno un enorme contributo culturale e in termini di progresso tecnologico all’umanità.
Ovviamente, come sottolinea il Dott. Tinto, l’aspetto umanitario visto dall’esterno può essere a volte un po’ troppo idealizzato, e ammette con grande onestà ed umiltà che in realtà “lo scienziato è spesso una persona molto individualista ed egocentrica”.
Al contempo, il Dott. Sacco ci ricorda che anche loro, come tutti, devono pensare alle questioni pratiche della vita quotidiana, come il mutuo da pagare e la famiglia a cui dedicare il giusto tempo. Ma afferma anche: “quello che fa la differenza è che noi facciamo qualcosa che ci piace e ci appassiona”.
Una passione che chiaramente li accomuna tutti e che, stando alla Dott.ssa Zuffada, viene alimentata dal fatto che “lavorando al JPL si ha la sensazione di essere parte di un’impresa molto più grande del singolo, di contribuire ad una crescita culturale costante e duratura nel tempo”.
Lei stessa riconosce i meriti del sistema in questo, spiegandoci come l’atmosfera particolarmente stimolante che si può trovare nel laboratorio di Pasadena sia dovuta anche al modo in cui le commesse vengono attribuite: ogni anno, infatti, le diverse sezioni del JPL elaborano delle proposte al fine di competere con altri centri della NASA e con altri istituti di ricerca per l’assegnazione delle missioni e dei vari progetti. Ciò li spinge a dare il massimo e “a non adagiarsi sugli allori”.
Dettagli tecnici a parte, sulla scia della svolta un po’ romantica nella conversazione quando si parlava dell’essere parte della cultura, abbiamo chiesto ad alcuni dei nostri interlocutori se ritengano che il viaggio spaziale e la ricerca delle stelle siano il motore dell’umanità, così come sosteneva Isaac Asimov nel suo celebre romanzo La fine dell’Eternità.
Il Dott. Quadrelli sostiene che “l’esplorazione spaziale influenza tanti settori della scienza e della tecnica come nessun’altra disciplina”, mentre la Dott.ssa Susca afferma: “voler sapere di più e voler migliorare la propria condizione è naturale. Se questo istinto venisse soffocato, perderemmo scopo ed iniziativa”.
Anche il Dott. Bellutta concorda: “è innato nell’animo umano esplorare, capire e costruire nuove cose. È il fuoco che ci mantiene vivi. Senza questa fonte di energia saremmo ancora nelle caverne”.
Ed invece, grazie anche al contributo degli scenziati italiani che lavorano al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, dalle caverne uscimmo a riveder le stelle.