Nuove forme per antiche tradizioni vinicole: il Barricoccio toscano di Rubbia al Colle a Suvereto

Con Rubbia al Colle e la sua cantina di 8000 metri, nei pressi del suggestivo borgo di Suve-reto, in Val di Cornia (Toscana), il progetto Arcipelago dei Fra-telli Muratori è quasi giunto al termine. Quattro aziende, quattro cantine in altrettante zone viticole assai vocate, tra cui oltre a quelle situate in Toscana, ci sono le produzioni vinicole in Campania e in particolare nella bellissima isola d’Ischia. 

Per ognuno di questi luoghi una produzione assai caratterizzata, peculiare, unica. Un grande impegno, un’invenzione ad ogni passo, nel segno però del rispetto del territorio e delle sue tradizioni.
A Suvereto, il Sangiovese è il padrone di casa, un ospite però con un carattere forte, spigoloso e a volte aggressivo. Ammorbidirlo non è impresa semplice, vinificarlo bene, senza fargli perdere alcuni connotati specifici, è davvero arduo. 
 
Va riconosciuta dunque a Francesco Iacono, Vice presidente della Fratelli Muratori ma soprattutto tecnico di gran fama, la scelta coraggiosa di fare del Sangiovese il vitigno prevalente in azienda. Questa non è l’unica scelta inusuale. 
  Il barricoccio realizzato dai Fratelli Masini per Fratelli Muratori

  Il barricoccio realizzato dai Fratelli Masini per Fratelli Muratori

 
A colpo d’occhio, appena varcata la porta della cantina si apre un enorme salone, che definire cantina è infatti riduttivo, dove trovano posto i tini di fermentazione, le botti, le barriques e anche i barricocci. Vediamo di conoscere più da vicino questa innovazione che ha il sapore di un passato mai dimenticato e oggi per fortuna rivalutato, che vede protagonista la terracotta.
 
Proprio il Barricoccio, questo nuovo contenitore per il vino, accoglie il visitatore: una barrique in terracotta, per cui Iacono ha coniato un nome così evocativo. La terracotta non è affatto un materiale nuovo per la conservazione del vino. Sono millenni che viene utilizzata. 
 
Gli Etruschi adoperavano i buccheri, prodotti con una terracotta nera non porosa. Le anfore romane sono famose, mentre sono meno conosciuti i kvevri, giare interrate, tradizionali in Georgia ed in altre aree caucasiche. L’innovazione non sta quindi nel materiale ma nella for-ma del contenitore, quello di una botticella, una barrique, realizzata appositamente per ridurre le movimentazioni e anche le possibili rotture. Un lavoro certosino è stata la realizzazione dei barricocci, affidato ad artigiani toscani, i Fratelli Masini dell’Impruneta che hanno seguito e dato corpo alla creatività di Iacono.
 
Anche se la terracotta è stata utilizzata per millenni, per la conservazione del vino, non esistono dati bibliografici relativi alle modifiche che il vino può subire in contenitori di questo materiale. Si può presumere che alcune acquisizioni circa l’affinamento del vino in cemento possano essere simili.
Non è chiaro però se si può parlare di affinamento del vino. “Se per affinamento intendiamo l’evoluzione del vino grazie all’apporto dell’ossigeno certamente no, ma il vino matura an-che in questi contenitori, così assumendo alcune peculiarità. Il colore del vino tende a restare più a lungo rosso vivace e quindi con caratteristiche “giovani”, senza l’apporto di tannini e polifenoli del legno è inoltre più coerente con le caratteristiche del terroir di provenienza”.
 
L’uso della terracotta lascia comunque qualche perplessità fugata però da Iacono. La particolare forma dovrebbe consentire il loro utilizzo in cantina riducendo enormemente i rischi di rotture e la vetrificazione delle pareti interne del contenitore consente di rendere la terracotta impermeabile anche ai liquidi, caratteristica che un tempo veniva ottenuta grazie all’uso di pece e resine. 
 
Superati i limiti che nel passato hanno decretato per i vini la scomparsa dell’uso della terracotta nei confronti del legno e potendo riaffermare il ruolo solo di affinamento e conservazione del vino per un contenitore di terracotta, la dicotomia terracotta-legno tende a perdere significato. Anzi, in un periodo di riaffermazione delle proprie identità culturali, che possono radicarsi attraverso il recupero e l’aggiornamento di tecniche legate al territorio, coerenti anche con il concetto di produzioni a filiera corta, il concetto della terracotta può essere rivalutato.
 
Rubbia al Colle è un’azienda molto attenta all’ambiente. Se si va a vedere la cantina si scopre …che non c’è. Non si nota infatti dalla strada, che pure passa a pochi metri di distanza. Prima della struttura si scorgono i pannelli fotovoltaici che dovrebbero coprire i fabbisogni energetici aziendali, si vedono i vigneti, l’oliveto e un accenno di macchia mediterranea. 
 
L’idea astratta di eco compatibilità, qui divenuta realtà, è l’architettura in negativo, la necessità di non aggiungere elementi edilizi sopra il suolo.
Il rapporto uomo-natura è sempre in continuo divenire e dopo l’epoca dei capannoni e dei grattaceli forse ne può iniziare un’altra.

Receive more stories like this in your inbox