In occasione del mese italiano della Scienza, il Consolato Generale d’Italia in collaborazione con The Italian Scientists and Scholars of North America Foundation e l’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles hanno organizzato negli spazi di quest’ultimo una serata dedicata all’esplorazione spaziale. In presenza del Console Generale Giuseppe Perrone e del direttore dell’IIC Alberto Di Mauro, è stato proiettato in anteprima il documentario The Magnificent Journey – The Italian endeavor in space exploration, scritto e prodotto da Valentina Martelli.
Il documentario, fruibile anche da semplici curiosi, traccia la storia delle contribuzioni italiane nella ricerca aerospaziale attraverso i suoi maggiori protagonisti. A spiegare l’importanza del nostro paese in questo campo sono stati gli interventi di due ospiti d’eccezione: il Dr. Charles Elachi, direttore del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, un laboratorio della NASA attualmente dedicato al progetto, allo sviluppo e alla costruzione di sonde spaziali e il Col. Roberto Vittori, astronauta e addetto scientifico all’Ambasciata Italiana di Washington. Tra il pubblico c’erano anche moltissimi italiani che lavorano al JPL.
“L’esplorazione dello spazio sta diventando sempre più una collaborazione internazionale – ha spiegato il Dr. Charles Elachi – e l’Italia è una delle principali nazioni a giocare un ruolo vitale”. Ne è una prova la collaborazione di lunga durata con gli Stati Uniti, dal primo razzo a propellente liquido per l’esplorazione di Marte, passando per il successo della missione Mariner 10, che per la prima voltà visitò Venere e Mercurio, fino all’impresa dell’orbiter Cassini, la prima sonda entrata nell’orbita di Saturno. L’apporto dei cervelli italiani è stato costante.
Secondo Cinzia Zuffada, Associate Chief Scientist presso il JPL, “gli italiani hanno sempre guardato al cielo, da Leonardo da Vinci fino al padre della moderna astronomia, Galileo”. “In Italia, gli studi areospaziali cominciarono già all’inizio del ‘900 grazie ai pionieri Luigi Gussalli, Gaetano Crocco e Aurelio Robotti, scienziati e pensatori che hanno compiuto importanti ricerche su razzi, missili e propellenti.” Ma le ralazioni con gli Usa cominciarono cinquant’anni fa grazie a Luigi Broglio, l’ingegnere considerato il padre dell’astronautica italiana. L’innovazione dei suoi metodi di calcolo e la notorietà conseguente lo portarono ad allacciare un rapporto privilegiato con la NASA e a dedicarsi all’attività spaziale.
Broglio ha dato vita alla Scuola di Ingegneria Aerospaziale dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ed è stato l’ideatore del Progetto San Marco, un progetto di cooperazione tra Italia e USA che ha portato alla messa in orbita del primo satellite italiano, il San Marco 1 nel 1964. Benché sia quasi ignorata dalle statistiche mondiali, l’Italia è la terza nazione, dopo Stati Uniti d’America e URSS, a portare in orbita un proprio satellite.
Un altro nome italiano, Giuseppe Colombo, è legato agli USA per i suoi apporti all’astronomia. Promotore della ricerca spaziale presso l’Agenzia Spaziale Italiana, Colombo, è conosciuto oltreoceano per aver partecipato a ricerche scientifiche presso il Caltech e il Jet Propulsion Laboratory. Assunto dalla NASA nel 1961, contribuì all’impresa del Mariner 10 del 1974. Grazie ai suoi studi sui moti di rivoluzione e rotazione di Mercurio gli ingegneri del JPL poterono far sorvolare il pianeta dalla sonda per tre volte.
Il documentario ci ricorda, inoltre, che la scuola d’ingegneria della University of Southern California, Andrew and Erna Viterbi School of Engineering prende il suo nome da un ingegnere e imprenditore italiano naturalizzato statunitense, inventore di un algoritmo usato per codificare trasmissioni digitali, alla base della trasmissione dati del GSM e dei sistemi telemetrici che hanno permesso il lancio dei primo satellite Usa Explorer 1.
A coronare i successi degli studi italiani degli anni ‘60 e ‘70 e per rafforzare il ruolo tricolore in ambito spaziale, furono istituite l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), di cui l’Italia è tra i Paesi fondatori e tuttora il terzo paese contribuente dopo Francia e Germania, e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) nel 1988. L’ASI gestisce missioni spaziali in proprio o in collaborazione con i maggiori organismi spaziali internazionali e le sue attività di ricerca vengono svolte in cooperazione con le Università, il CNR e gli osservatori astronomici.
Tra le collaborazioni più famose intraprese da questi grandi attori areospaziali ricordiamo la missione Cassini –Huygens, una missione robotica interplanetaria congiunta NASA-ESA-ASI, lanciata nel 1997, con il compito di studiare il sistema di Saturno, comprese le sue lune e i suoi anelli. La sonda Cassini fu un prodigio della tecnologia spaziale del XX secolo e si componeva di due elementi: l’orbiter Cassini della NASA e il lander Huygens dell’ESA.
“Un’altra importante collaborazione USA-Italia (NASA-ASI) di successo fu SHARAD, il radar montato a bordo della sonda spaziale della missione Mars Reconnaissance Orbiter” – spiega Daniela Biccari, la specialista in radar del JPL. Lo strumento è stato sviluppato dall’azienda italiana Thales Alenia Space, per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana e dall’Università “La Sapienza” di Roma. È stato usato per osservare la superficie di Marte fino alla profondità di un chilometro, per valutare la presenza di acqua e ghiaccio.
Nel documentario A magnificent journey possiamo ascoltare direttamente gli scienziati e ingegneri impiegati al JPL parlare delle proprie esperienze professionali. Si può scoprire per esempio che è un italiano, Paolo Bellutta, a guidare i due rover presenti oggi su Marte: Opportunity, un veicolo che analizza i crateri Victoria e Endeavour, e Curiosity che sta studiando il cratere Gale e ricercando forme di vita aliena, in vista di un futuro sbarco dell’uomo sul pianeta rosso.
Da Franco Malerba (primo astronauta italiano) a Luca Parmitano (il primo a camminare nello spazio), da Samantha Cristoforetti (prima donna italiana nello spazio) a RobertoVittori (il primo astronauta europeo a visitare due volte la Stazione Spaziale Internazionale) si può dire che lo Stivale ha varcato più volte i confini terrestri. Durante la serata all’IIC, Roberto Vittori ha raccontato le sue esperienze in orbita ricordando con particolare emozione l’importanza storica del lavoro di ricerca condotto dalle cinque diverse agenzie spaziali che compongono la Stazione Spaziale Internazionale (la NASA, la russa RKA, l’europea ESA, la giapponese JAXA e la canadese CSA).
“All’interno della stazione ogni parte mantiene le sue caratteristiche, specialmente quando si fluttua dal lato USA a quello russo, con due diverse tecnologie e diverse lingue, ma è interessante vedere come questi due grandi protagonisti della conquista dello spazio, una volta in competizione fra loro, adesso si aiutino a vicenda. Cinquant’anni fa sarebbe stato impensabile.”