“La Liberazione – ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – è una festa di libertà e di speranza che ricorda quel che abbiamo conquistato grazie al sacrificio di tanti e che abbiamo il diritto e dovere di conservare e preservare”.
La Resistenza italiana ha cambiato profondamente la storia del nostro Paese, segnando la vita sociale e influenzando gli equilibri politici. Sono passati 70 anni da quel 25 aprile del 1945, anno della Liberazione d’Italia dal Nazifascismo. Un anniversario importante che ancora oggi invita a non dimenticare il coraggio di chi ha combattuto per gli ideali della libertà e della democrazia.
 
La storia fa iniziare la Resistenza dopo la caduta di Mussolini e l’armistizio di Cassibile, firmato il 3 settembre 1943 da Badoglio, a metà della guerra. È allora che i partiti antifascisti costituiscono il Comitato di Liberazione Nazionale e le milizie partigiane. Ma già nel 1940, quando gli uomini partono per il fronte e le donne fanno i conti con le tessere annonarie e i razionamenti alimentari che riducono il pane a meno di due etti a persona, la guerra è entrata nelle case e con essa la sete di libertà. 
 
Mentre gli alleati risalgono faticosamente l’Italia, il 10 luglio 1943 l’esercito anglo-americano era sbarcato in Sicilia, la “Resistenza civile” fatta di staffette, di boicottaggi, di assistenza silenziosa, rischiosa e molto spesso disarmata ai combattenti, arruola uomini, donne e bambini coraggiosi. Sfidano la sorte sperando in ogni azione di non essere sorpresi dal nemico.
A Marzabotto, in uno dei luoghi più simbolici della Resistenza, dove i nazisti trucidarono 770 civili tra la fine di settembre e i primi di ottobre del 1944, una celebrazione ha ricordato i partigiani: “Sono a Marzabotto – ha detto il premier Renzi ad alcuni reduci e ai familiari delle vittime – per inginocchiarmi davanti alla storia del nostro Paese che ci deve insegnare a non perdere mai i nostri valori. Non stiamo facendo una commemorazione, ma stiamo costruendo il futuro del nostro Paese. Quelle vittime sono giganti che hanno donato la vita e nel loro ricordo noi costruiamo l’Italia più bella e più giusta e impariamo che quello che hanno fatto loro è servito per mettere le basi al futuro”. 
 
Il 4 giugno 1944 gli alleati liberarono Roma e a fine agosto raggiunsero Firenze. La fine della guerra sembrava vicina ma quello era anche il momento peggiore: mentre le bande partigiane si trasformavano in un vero e proprio esercito, i rastrellamenti tedeschi non lasciavano tregua nelle città. A Roma, sotto la pressione dell’esercito alleato, i tedeschi commisero uno dei più noti e osceni crimini di guerra: l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Per vendicare un attacco partigiano, le truppe tedesche fucilano dieci civili italiani per ogni caduto tedesco. Ma alla fine della strage furono 335 gli innocenti fucilati, cinque in più del previsto.
 
Prima di giurare in Parlamento e insediarsi al Quirinale, il teatro di quell’eccidio inutile fu il primo luogo che il neoeletto presidente della Repubblica scelse di onorare il 31 gennaio. Un atto simbolico e soprattutto un gesto significativo contro gli estremismi che troppo spesso pervadono la vita sociale e politica attuale e le minacce terroristiche internazionali. 
Mattarella è tornato e ha deposto una corona d’alloro. “La festa della Liberazione – ha detto il capo dello Stato – è un incitamento a tenere la schiena dritta, ad essere fedeli a noi stessi. Ma la democrazia, al pari della libertà, non è mai conquistata una volta per tutte”. 
 

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