Con “Viva la libertà”, il cinema italiano torna a far parlare di sé con un’opera di qualità. Merito dell’intellettuale Roberto D’Andò, allievo del famoso Sciascia, il quale ha realizzato un film che, suggerendo una soluzione, arriva a infondere speranza a un popolo e a un Paese, stanco di un sistema politico ormai privo di ogni fonte di sorpresa.
 
Un film che tratta la politica a modo suo e secondo un punto di vista differente, che le ridona spirito e passione, valori oggi dimenticati. È lo stesso regista a riassumere con le parole dello scrittore Orhan Pamuk l’obiettivo finale della sua opera: “Quando la speranza non c’è, bisogna inventarla”.
 
Protagonista della pellicola è il trasformista, grande attore della scena teatrale italiana, Toni Servillo, che si sdoppia in due personaggi. Da una parte, il segretario del maggiore partito d’opposizione, Enrico Oliveri, che dopo il crollo del consenso dei cittadini e la contestazione da parte di fazioni politiche e mass-media, entra in crisi e fugge dal suo ruolo pubblico. Si rifugia a Parigi da Danielle (Valeria Bruni Tedeschi), una segretaria di edizione conosciuta all’epoca in cui ancora accarezzava l’idea di fare il regista. Dall’altra parte Giovanni Ernani, filosofo estroso, intellettuale motivato, affetto da una depressione bipolare, che prende il posto vacante, (il trono vuoto) del fratello gemello senatore. Da qui il suo partito cambia radicalmente i connotati, il consenso si raddoppia, e il popolo si sente finalmente ispirato dal suo leader.
  Toni Servillo

  Toni Servillo

 
Questa la trama di un film che, pur contenendo in sé tutta la riflessione sulla politica contemporanea, evidenziandone la sua paradossale finzione, è in grado di esprimere un’intima leggerezza, una gioia liberatoria che ridona speranza, e lascia tutti con un sollievo in fondo al cuore. 
Parte di questa gioia sta nel fatto che D’Andò, con la presentazione delle due anime, una politica, l’altra intellettuale e raffinata, propone, o meglio, suggerisce, una soluzione alla profonda crisi che imperversa sulle nostre vite pubbliche e private.
 
Per dirlo con le parole del sindaco di Firenze Matteo Renzi, che ha recensito il libro, D’Andò ci ridona la consapevolezza che “l’imprevisto è ciò che ci può salvare, il sogno è la strada da costruire”. 
“Viva la Libertà” rimette al centro la politica, ma in una ma-niera del tutto differente dal solito, non accusa, né loda l’operato di nessuno, ma ricorda qualcosa che manca nel nostro modo di fare politica, la cultura e il riferimento costante ai testimoni del passato che aiutano a conoscere meglio il presente. 
Un film che se avessimo la buona volontà di staccarlo dalla strumentalizzazione politica, potremmo avere la splendida e forse unica occasione di godere della follia trascinante di un filosofo, ispirato dai testimoni della nostra storia, come Berlinguer, Brecht e Fellini (citati nel film), lasciandoci ispirare da loro.
 
A Roma L’Italo Americano ha incontrato il cast. Lasciamo a loro la parola.
Roberto D’Andò: “Viva la libertà è un film che corrisponde al mio intenso bisogno di raccontare una storia che mette al centro il tema politico, senza le solite polemiche, bensì contenendo in sé, il forte desiderio di leggerezza, al quale troppo tardi sono approdato, ma che ora ho deciso di non abbandonare. 
Non avrei potuto fare il film se non avessi trovato il protagonista adatto a inscenare questa doppia personalità e Toni Servillo, mio amico, è il primo e unico nome che mi è venuto in mente. Senza Toni non avrei girato il film, perché lui, nel suo volto, ha qualcosa di molto concreto che appartiene alle pieghe della vita e della realtà, ma che allo stesso tempo ha anche qualcosa di ipotetico, che rimanda a qualcosa che non c’è”.
 
Toni Servillo: “Per un attore che fa teatro in maniera militante come me, interpretare il doppio, è un’occasione ghiotta; il meccanismo drammaturgico del doppio fa parte della millenaria tradizione teatrale e quindi mi sono lasciato ispirare da essa, come I due gemelli veneziani di Goldoni. 
Abbiamo deciso di girare prima il leggero e profondo filosofo Giovanni Ernari per poi dedicarci a Olivera, per sottrazione. Il piacere è derivato dal fatto che questo film, racconta la politica sotto un punto di vista insolito, dimostrando apertamente la necessità di tornare a far riferimento alla cultura, che non è solo serbatoio ma slancio all’azione”.
 
Non solo Servillo ma anche Valerio Mastandrea, ha dato ancora una volta prova di bravura in scena. Lui interpreta Andrea Bottini il coprotagonista che scommette sul folle filosofo, rappresentando una categoria quasi sconosciuta, quella dei giovani politicanti che si lasciano ispirare e travolgere dalla cultura e dalla passione di un leader. 
 
Valerio Mastandrea: “Lavorare con un attore come Servillo è un motivo di crescita perché lui insegna ad attori come me, che hanno fatto dell’incoscienza il punto focale della carriera, a conoscere e non smettere mai di incuriosirsi; è come lavorare con una digos creativa: non conosce solo il suo lavoro, ma quello di tutta la troupe. Inoltre, “Viva la Libertà” mi ha dato l’opportunità di interpretare un secondo ruolo, importante perché faccio da spalla al protagonista, un ruolo spesso dimenticato nel cinema italiano, ma di tradizione in quello americano”.
 
Valeria Bruni Tedeschi: “Lavorare con Servillo è stato uno slancio culturale, professionale e umano. Non è un film solo politico ma su noi stessi; i due fratelli rappresentano le due facce di una stessa identità, e il film pone il punto di vista secondo cui, almeno per una volta, è la parte di noi stessi più irrazionale a vincere sull’altra”.
 
Le parole del cast, tra cui spicca Michela Cescon nel ruolo della moglie del senatore, confermano  le suggestioni del film, prevedendo che farà riflettere senza cadere nel tranello della strumentalizzazione, perché va oltre e realizza un atto di speranza donato ai cittadini, con il solo fine di “suggerire” una soluzione. 
 
A questo proposito Servillo ha detto: “Il film serve a suggerire una soluzione non a dare la zappa sui piedi a chi governa la politica dei nostri giorni; serve a dare spunto alle riflessioni, e perché no a infondere speranza”. 
 
E D’Andò ha aggiunto: “Non ha i caratteri della cronaca politica; è evidente da che anima proviene (la Sinistra italiana ndr.) e per questo motivo non è strumentalizzabile. Non serve a contrastare, né a osannare alcun partito, bensì a condividere un necessario ritorno alla cultura, all’ispirazione dei testimoni del nostro passato”.

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