A poca distanza da Venezia, sorge il polo industriale di Marghera (Ph courtesy official Still Il Pianeta in mare)

Storie di operai, dirigenti, ristoratori. Storia di trasformazione ed evoluzione. Storie attorno alla laguna. Storie che si svolgono a pochissimi chilometri di distanza da Venezia, una delle città più visitate e fragili al mondo.

Qui sorge il polo industriale di Marghera ed è qui che l’attenta telecamera del regista veneziano Andrea Segre (Mare chiuso, La prima neve, L’ordine delle cose) si è posata, realizzando “Il pianeta in mare”, prodotto da ZaLab Film con Rai Cinema in associazione con Istituto Luce Cinecittà e il sostegno di DG Cinema – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, presentato nella sezione Fuori Concorso alla 76° Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia. La pellicola offre uno sguardo differente su Venezia.

Andrea Segre entra nel cuore meccanico e multietnico della Venezia meno appariscente. Dentro quel grande ammasso di fumi industriali che si scorge nel vicino orizzonte dalla Venezia fotografata dai turisti.
Una piccola e operosa Babele che giorno dopo giorno vede sgretolarsi un glorioso passato di lotte sindacali a favore di una globalizzazione forsennata che sta spingendo sempre di più le sue “api operaie” a partire per altri lidi in cui lavorare. Vite ai margini nella maggioranza dei casi, ma anche vite privilegiate. Quelle dei manager, sempre in giro per il mondo tra Londra, New York e la ricca Salisburgo. Irrompono come voci fuori dal coro. Un minuscolo affresco di un ceto che segna i mutamenti, li segue, li sponsorizza. Pronto ad abbandonare il pianeta lì dove ci fossero migliori condizioni d’ingaggio.

Dentro le tute sudate invece, ecco i bastioni abbandonati del Petrolchimico. I forni. Le ciminiere. I container. Il nuovo complesso telematico Vega. Andrea Segre entra nella vita dei tanti lavoratori. Quelli che grazie alle nuove tecnologie possono almeno vedere i propri figli crescere a centinaia di chilometri di distanza, inviando mese dopo mese il denaro per farli vivere e frequentare a scuola.

La loro esistenza si svolge tra quelle ciminiere senza clamore. Senza troppa gioia, tra turni stancanti e il tempo necessario per sfamarsi. Venezia è a poche fermate di autobus. Un Eldorado inavvicinabile per queste esistenze nei cui pensieri c’è solo la voglia di riabbracciare i propri affetti lontani. E se questo è il volto contemporaneo della società, il documentario punta deciso anche verso il ricordo delle grandi marce di contestazione, facendo emergere tutto l’orgoglio delle lotte per i diritti dei lavoratori nelle parole delle vecchie generazioni ormai a pochi anni dalla pensione, nel racconto di una discussione sindacale toccando il tavolo del dibattito. I più giovani ascoltano, a tratti increduli. Dubbiosi. Come a dire: ma davvero una volta credevate di poter cambiare le cose, avevate provato a cambiare il mondo? Sembra la preistoria. Sembra un’altra epoca, e in effetti così è.

E poi ci sono i camionisti. Quelli che vivono Marghera solo di passaggio. Vedono e commentano. Scherzano. Hanno le idee chiare sull’Italia. Tra una risata dissacrante e un’altra, elogiano le strade della Turchia, raccontando di come i colleghi serbi siano sempre cordiali con loro. Cambia il tono quando il soggetto diventa il Bel paese. Un paese da cui tutti vorrebbero andarsene, anche se partire per molti, causa età, non è nemmeno più un desiderio ma una chimera.

Minuto dopo minuto si passa dalle luci dell’ultima trattoria del pianeta Marghera al ciarlare dialettale fino alla notte, quando l’ennesimo container intercontinentale è in fase di attraccaggio nel porto lagunare. Cade la pioggia sul mondo di Marghera. Gli operai arrivano. Chi in bicicletta, chi a piedi. Quale futuro li attende? Non lo sanno. Quale futuro attende l’antica Repubblica Marinara?

Prima di lasciarci, Andrea Segre ci mostra due pescatori che approfittando di una mattinata di sole, camminano dentro l’acqua nel tratto lagunare che separa la Serenissima da Porto Marghera. Raccolgono dal fondale vermi per la pesca. Raccolgono molluschi, caparozzoli. “Non li mangerei nemmeno se me li regalassero”, dice uno dei due. Anche questa è la città industriale di Marghera. Anche questa è la bellissima, unica e fragilissima Venezia. Tutto questo è Il pianeta in mare.


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