Nonostante la crisi economica e finanziaria in Europa, l’America è regolarmente invasa da orde di turisti europei, in gran parte per lo shopping, poiché il cambio dollaro-euro continua ad essere loro molto favorevole. 
Perché il dollaro é così basso? E non si potrebbe invece ridurre il valore dell’euro per dare una spinta sia alle esportazioni che al turismo italiani? 
 
Il basso valore del dollaro é dovuto ad una combinazione di fattori. In primis, da anni ormai gli Stati Uniti importano molto di più di quanto esportano: nel 2011, la differenza era di circa 800 miliardi. Di conseguenza, le aziende americane scambiano maree di dollari per ottenere valute straniere, diminuendone cosí il valore.  
 
In confronto, in Europa la differenza complessiva è deficitaria di “soli” 66 miliardi. I dati recenti dei singoli paesi indicano che la Germania ha addirittura una differenza positiva di ben 219 miliardi, superando anche la Cina e seconda solo all’Arabia Saudita. Questo rende l’euro piú richiesto e quindi piú caro.
 
In termini assoluti, poi, le esportazioni dell’Unione Europea superano quelle degli Stati Uniti di 634 miliardi. Anche la Germania presa da sola batte gli Stati Uniti di 50 miliardi (grazie ai suoi prodotti che sono richiesti e supportati dalle ricerche). 
 
Insomma, il mondo ha bisogno di euro per acquistare prodotti europei, e quindi il suo valore rimane alto. 
E allora perché tutti questi “problemi” nell’eurozona? Forse il costo del debito tanto danneggianti per Spagna, Grecia e Italia, dovrebbero avere un impatto negativo sul valore dell’euro? La risposta é evidentemente “no”. 
  La moneta unica europea

  La moneta unica europea

 
A prescindere dal fatto che l’euro come moneta unica è irrevocabilmente integrata nel sistema economico (già dal ’72 le monete europee non potevano fluttuare più del 2,25%), un calo di richiesta dell’euro causato solamente da “sfiducia” non sarebbe possibile poiché non fondato su fatti concreti. Si presume inoltre che l’euro continuerebbe ad essere sempre la moneta unica dei paesi più “stabili.”  
 
Purtroppo, la bilancia dei pagamenti dell’Italia ha una differenza negativa inferiore solo alla Turchia e agli Stati Uniti. Poco meglio sono Francia e Spagna, rispettivamente quarta e ottava tra i paesi con la “bilancia commerciale” più in rosso. E quindi c’è chi propone di far svalutare l’euro (ad esempio, tramite la riduzione del tasso d’interesse da parte della Banca Centrale o la messa in circolazione di più moneta) per dare una bella spinta alle esportazioni, indicando l’esempio della Cina. 
 
Ma non è un buon esempio. Anche se il basso valore dello Yuan torna utile alla Cina, i paesi dell’Indocina e del subcontinente indiano hanno comunque visto una buona crescita delle loro esportazioni con valute liberamente scambiabili sul mercato. La vera forza di questi paesi é la loro manodopera poco costosa e facilmente sostituibile, con le autorità che prestano scarsa attenzione alle condizioni di lavoro.
 
Queste non sono strategie imitabili. L’Italia, con tutti i suoi difetti (e l’Europa in generale), è comunque un paese dove ai lavoratori viene garantita una certa dignità. Non c’è modo di rendere la manodopera italiana “conveniente”, pertanto le aziende italiane o gli investitori stranieri non potranno mai abbassare i costi al di sotto di un livello minimo. E, anche se si trovasse un modo di abbassare i salari, a cosa servirebbe far diminuire i prezzi dei prodotti se nessuno li vuole o può permettersi di acquistarli? 
 
Il problema dell’America è che, seppur la sua moneta è meno cara rispetto all’euro, il suo settore secondario (industria) è in crisi. I datori di lavoro americani vorrebbero poter entrare in nuove aree, ma il paese non offre un sistema educativo che permetta ai lavoratori di imparare nuove competenze. 
Il problema principale, pertanto, non è l’alto o basso valore delle valute, ma il fatto che nei paesi in crisi si produce poco di ciò che il mondo ha bisogno. O meglio, non si riesce a spostare la produzione dai settori in declino a quelli in espansione. Ma questo é un altro discorso. 

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