Troina è una cittadina della provincia di Enna dalle origini  antichissime. Sono stati addirittura trovati insediamenti umani risalenti al neolitico: una fattoria del 6000 a.C. e la necropoli sul Monte Muganà che fanno risalire alla preistoria la sua nascita.
 
Antiche testimonianze di origini greche sono visibili nel centro della città e sulla rocca a 1137 metri di altezza, nella cittadella insieme ai resti delle fortificazioni normanne. La cinta muraria a blocchi del IV secolo a.C. è di sicura origine greca.
 
Centro prevalentemente agricolo la cui attività artigianale, invece, è rivolta principalmente alla lavorazione del legno fu, a partire dal 1062 sotto il re Ruggero, sede del primo monastero siciliano dei monaci basiliani.
 Festa dei Ramari per San Silvestro a Troina 

 Festa dei Ramari per San Silvestro a Troina 

L’impianto urbanistico con i suoi vicoli, gli slarghi, le rampe, i sottopassaggi ad arco, i cortili, le scale è di chiara impronta medievale anche se il territorio si espanse nel ‘500, nel ‘600 e nel ‘700 sino all’‘800.
Nei suoi dintorni si trova la Diga dell’Ancipa, la più alta (949 metri) dell’isola, circondata da boschi rigogliosi, le cui acque sono ricche di trote, carpe e anguille.
 
Intorno al 1100 San Silvestro, oggi patrono della città, entrò nel monastero di San Michele Arcangelo compiendo alcuni miracoli tra cui l’aiuto dato a un mendicante rivelatosi poi il Signore, oppure il trovarsi contemporaneamente a Catania per i festeggiamenti di Sant’Agata e all’interno del monastero presso cui dimorava. 
 Cattedrale di Maria Santissima Assunta a Troina 

 Cattedrale di Maria Santissima Assunta a Troina 

Infine, così si narra, fu ordinato sacerdote dal Papa e, tornando da Roma, guarì il figlio malato di Guglielmo I re di Sicilia soprannominato  “il Malo”. Concluse i suoi giorni allontanandosi dal monastero e vivendo in una sorta di eremitaggio dedicando a malati e diseredati l’esistenza.
 
La città dell’ennese celebra ogni anno il suo santo patrono con un festino che si svolge in più cicli: Rami, Ddarata, Kubbaita e Uscita della Vara.
 
Il primo momento si svolge nella notte del giovedì precedente la penultima domenica di maggio. I devoti, i “Ramara” radunatisi all’interno della chiesa si avviano verso un pellegrinaggio all’interno delle foreste dei monti Nebrodi per raccogliere rami di alloro. Intanto accendono fuochi che manterranno vivi sino all’alba per fare ritorno in due gruppi separati ad un santuario naturale dove crescono le piante di alloro. 
 
I ramara scendono con l’aiuto di robuste corde lungo il pendio per raccogliere altri rami della stessa pianta. Infine ritornano al luogo di partenza dove in cerchio e al ritmo dei tamburi iniziano delle danze accompagnate da canti e da spari a salve. Canti iniziati dal più anziano dei fedeli, il massaro, ricordano la melopea araba. 
 
La domenica seguente vengono portati in dono al Santo attraverso una sfilata per le vie principali di Troina alte aste di legno precedentemente adornate con alloro, fiori, bambole, immagini sacre e altro accompagnandosi con l’invocazione “Viva Diu e San Suvviestu e lu Patriarca San Giusieppi e lu Santissimu Scramientu” (Viva Dio e San Silvestro e il Patriarca San Giuseppe e il Santissimo Sacramento). Dopo aver partecipato alla santa Messa durante la quale i rami di alloro vengono benedetti, i fedeli raggiungono la chiesa intitolata al Santo.
 
La domenica seguente si svolge un altro pellegrinaggio, un altro momento del ciclo, la “Ddarata” in cui i protagonisti sono i cavalli e i muli bardati a festa e carichi di alloro. Il terzo momento, la “Kubbaita” che quest’anno si è svolto il 1° di giugno, prende il nome dall’arabo “qubbiat”, cioè mandorlato e che in Sicilia indica un tipo di torrone. A Troina si usa questo termine, per assimilazione, per indicare la cavalcata storica.
 
Sono protagonisti, insieme ai loro destrieri, cavalieri in sfarzosi costumi spagnoleggianti. Tamburini e trombettieri anch’essi in costume, precedono il corteo subito dopo seguito dai tre cavalieri, veri protagonisti della sfilata, in sfarzosissimi abiti e che cavalcano animali  finemente bardati. I loro costumi sono identici e richiamano quelli spagnoli del cinquecento e sono diversi tra loro soltanto per il colore: rosso-granato, blu e verde.
 
All’interno delle loro bisacce, portate sulla spalla sinistra, sono contenuti confetti, torroni e dolciumi. Arrivati, infine, insieme ai valletti che portano sacche di seta contenenti altri dolci (di riserva) nella piazza principale della cittadina, distribuiscono alla folla la kubbaita.
 
L’ultimo atto, l’uscita della vara, segna la fine dei festeggiamenti con il collocamento del Santo di nuovo all’interno della sua chiesa dopo una processione che partiva dalla chiesa Madre e dove il simulacro ritornerà il lunedì successivo.
 
Ancora una volta i festeggiamenti, se pur con ben salde radici religiose, sono vissuti con la gioiosità che forse soltanto il cibo riesce a dare con la sua, in questo caso, dolcezza.
 

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