Taggiasca olives are typical of Liguria.© Elisabetta Donatiello | Dreamstime.com

Ligurians, often, don’t come across as particularly pleasant: they lack the expansiveness of our Southerners, but also the good-tempered simplicity of the Piedmontese. Perceived as perennially in a  bad mood and unfriendly to the verge of rudeness, in truth Ligurians are not like that at all. 

In many ways, they are people stuck in the very idiosyncrasies of their land, which is full of light and sun, opened to the world as you would expect from a place by the sea, but that, at the same time, is also attached to the past, to tradition, to the soil that gives food and sustenance, as a place made of mountains and rocky hills always is. Liguria has two souls, that only apparently don’t mix, just like only apparently its people are antipatici: they may have some rough edges and a penchant for calling non-Ligurians foresti, but underneath the surface they are just good natured, well rounded people. If you want to make friends with  a Ligurian, then ask them about the many excellences of their beloved land: from focaccia genovese (never, ever call it pizza bianca, though!) to  cappon magro — a sublime layered concoction of fish, potatoes, green beans, and pesto, layered upon a base of gallette — from chinotti to her, the empress, the most beautiful and beloved of all: the olive. 

And the olive in Liguria has one name: Taggiasca. 

Taggiasca is a cultivar typical of Liguria’s Riviera di Ponente, that is, of the area that goes from Genoa to France. While it derives its name from the border town of Taggia,  it was likely imported from France in 9th century AD by the  monks of Colombanus, who had learned to appreciate it on the island of Lérins. In Taggia, monks dedicated their time to its cultivation, which continued even after their monastery was destroyed by Saracen invasions. Eager to increase production, these industrious men of God began a process, that of terracing, which was to transform the way Liguria looked like, creating what is today considered one of the most recognizable landmarks of the region, its terrazze. Terrazze are nothing more than artificial embankments contained by stone walls that allow  — among others — olive tree cultivation  on the many, beautiful hills of the region. 

Olive Taggiasche paté. © Claudio Caridi | Dreamstime.com

This little, resilient variety of olives quickly charmed the people of Liguria, who took up its cultivation eagerly. The Imperia province remains, however, home to the best quality Taggiasca, unsurpassed for taste, organoleptic characteristics and level of production.

Taggiasca olives are smaller than many other  varieties and are easily recognizable for their purple-green color; they are extremely fragrant, delicious when eaten alone, soaked in their own oil, perhaps enriched with some local fresh herbs.

Of course, speaking of Taggiasche means speaking of their oil. DOP certified since 1997, the olio extra-vergine di olive Taggiasche is sweet and low in acidity, with a light almond aftertaste and a fruity scent. As a matter of fact, Liguria has been the first region in Italy to obtain European DOP recognition for the production of its oil: this means that Ligurian oil made with the region’s typical cultivars (Taggiasca, Lavagnina and Razzola) and produced in the Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese and the Riviera di Levante are all protected at both national and European level. 

Taggiasche are often added to flavorsome dishes such as coniglio alla Ligure (Ligurian style rabbit) or insalata di polpo e patate (octopus and potato salad), which gain layers of complexity and deliciousness thanks to them. Indeed, olive Taggiasche are a staple ingredient in a number of typical Ligurian dishes: you’ll find them in stoccafisso in umido, a stew made with stockfish and potatoes, but also in the famous brandacujun, salt cod with pine nuts, parsley and Taggiasca olives and olive oil. Taggiasche olives are also, famously, the topping of sardenaira, a variety of focaccia typical of Sanremo, topped with tomato sauce, garlic, capers, Taggiasche, oregano and anchovy fillets, which  Ligurians — and Piedmontese — enjoy a lot, especially in the morning or as part of their aperitivi. 

However, as recently reported by Italian food magazineAgrodolce, Taggiasche  olives are not as present in Ligurian cuisine as one may expect for such an important regional produce. The reason is historical, as Chef Davide Zunino, of Sanremo’s Hotel Miramare explains: “Here in Liguria, olives too ripe to be used in oil production were traditionally preserved in salamoia (salted water),  and consumed like this, with a slice of bread, throughout the year. This was a typical merenda, especially in the countryside, and a common ‘welcome’ food offering when guests came to visit.”

Modern chefs have been enjoying cooking with Taggiasche a lot, though : Zunino himself, as Agrodolce reports, makes a lightly sweet jelly with them, to be served with white chocolate, but also uses a dehydrated variety to enrich raw fish or raw meat dishes. He also says they are delicious with cheeses. 

Taggiasche may be smaller than other olives and not as simple to come by outside of Liguria, but if you manage to get your hands on some, buy them aware of the fact you’re bringing home a little treasure of taste and history. 

I liguri, spesso, non si presentano come particolarmente piacevoli: mancano dell’espansività dei nostri meridionali, ma anche della buona semplicità dei piemontesi. Per quanto perennemente di cattivo umore e poco amichevoli al limite della maleducazione, in verità i liguri non sono affatto così. 

Per molti versi, sono persone bloccate nelle stesse idiosincrasie della loro terra, che è piena di luce e di sole, aperta al mondo come ci si aspetterebbe da un luogo di mare, ma che, allo stesso tempo, è anche attaccata al passato, alla tradizione, alla terra che dà cibo e sostentamento, come lo è sempre un luogo fatto di montagne e colline rocciose. La Liguria ha due anime, che solo apparentemente non si mescolano, così come solo apparentemente le sue genti sono antipatiche: possono avere qualche spigolosità e una propensione a chiamare foresti i non liguri, ma sotto la superficie sono persone di buona natura, perbene. Se volete fare amicizia con un ligure, allora chiedete loro delle tante eccellenze della loro amata terra: dalla focaccia genovese (mai e poi mai chiamarla pizza bianca!) al cappon magro – un sublime intruglio stratificato di pesce, patate, fagiolini e pesto, stratificato su una base di gallette – dai chinotti a lei, l’imperatrice, la più bella e amata di tutte: l’oliva. 

E l’oliva in Liguria ha un solo nome: Taggiasca. 

La Taggiasca è il cultivar tipico della Riviera ligure di Ponente, cioè della zona che va da Genova alla Francia. Se da un lato prende il suo nome dalla città di confine di Taggia, dall’altro è probabile che sia stata importata dalla Francia nel IX secolo d.C. dai monaci di Colombano, che avevano imparato ad apprezzarla nell’isola di Lérins. A Taggia i monaci si dedicarono alla sua coltivazione, che continuò anche dopo che il monastero fu distrutto dalle invasioni saracene. Desiderosi di aumentare la produzione, questi operosissimi uomini di Dio iniziarono un processo, quello dei terrazzamenti, che avrebbe trasformato l’aspetto della Liguria, creando quello che oggi è considerato uno dei punti di riferimento più riconoscibili della regione, le terrazze. Le terrazze non sono altro che terrazzamenti artificiali contenuti da muri in pietra che permettono – tra l’altro – la coltivazione dell’olivo sulle tante, bellissime colline della regione. 

Questa piccola e resistente varietà di olivo ha rapidamente affascinato la popolazione ligure, che ne ha intrapreso la coltivazione con entusiasmo. La provincia di Imperia rimane comunque la patria della migliore qualità della taggiasca, insuperabile per gusto, caratteristiche organolettiche e livello di produzione.

Le olive taggiasche sono più piccole di molte altre varietà e sono facilmente riconoscibili per il loro colore viola-verde; sono estremamente profumate, deliziose se consumate da sole, bagnate con il loro olio, magari arricchite con alcune erbe fresche locali.

Certo, parlare di Taggiasche significa parlare del loro olio. Certificato DOP dal 1997, l’olio extravergine di olive Taggiasche è dolce e poco acido, con un leggero retrogusto di mandorla e un profumo fruttato. La Liguria è stata infatti la prima regione in Italia ad ottenere il riconoscimento europeo DOP per la produzione del suo olio: questo significa che l’olio ligure prodotto con le cultivar tipiche della regione (Taggiasca, Lavagnina e Razzola) e prodotto nella Riviera dei Fiori, nella Riviera del Ponente Savonese e nella Riviera di Levante è tutelato sia a livello nazionale che europeo. 

Le Taggiasche si aggiungono spesso a piatti saporiti come il coniglio alla ligure o l’insalata di polpo e patate, che grazie ad esse acquistano strati di complessità e prelibatezza. Le taggiasche sono infatti un ingrediente base di alcuni piatti tipici della cucina ligure: le troverete nello stoccafisso in umido, uno stufato di stoccafisso e patate, ma anche nel famoso brandacujun, baccalà con pinoli, prezzemolo, olive taggiasche e olio d’oliva. Le olive taggiasche sono anche, notoriamente, il condimento della sardenaira, una varietà di focaccia tipica di Sanremo, condita con salsa di pomodoro, aglio, capperi, taggiasche, origano e filetti di acciughe, che i liguri – e i piemontesi – amano molto, soprattutto al mattino o per i loro aperitivi. 

Tuttavia, come ha recentemente riportato la rivista gastronomica italiana Agrodolce, le olive taggiasche non sono così presenti nella cucina ligure come ci si può aspettare per un prodotto regionale così importante. Il motivo è storico, come spiega lo chef Davide Zunino dell’Hotel Miramare di Sanremo: “Qui in Liguria, le olive che maturavano troppo per essere utilizzate nella produzione dell’olio erano tradizionalmente conservate in salamoia, e consumate così, con una fetta di pane, durante tutto l’anno. Era una tipica merenda, soprattutto in campagna, e una comune offerta di cibo “di benvenuto” quando gli ospiti venivano a trovarci”.

Gli chef moderni si sono però divertiti molto a cucinare con le taggiasche: lo stesso Zunino, come riferisce Agrodolce, ne fa una gelatina leggermente dolce, da servire con il cioccolato bianco, ma ne usa anche una varietà disidratata per arricchire piatti a base di pesce crudo o di carne cruda. Dice anche che sono deliziose con i formaggi. 

Le taggiasche possono essere più piccole delle altre olive e non così semplici da trovare fuori dalla Liguria, ma se riuscite a metterci le mani sopra, compratele consapevoli del fatto che state portando a casa un piccolo tesoro di gusto e di storia.


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