In principio erano una parentesi e un punto e virgola, e se ne stavano ognuno per conto suo esercitando anonimamente la propria missione nei perimetri della punteggiatura internazionale.

 
Le parentesi spezzavano i periodi senza particolari meriti, facendo da sentinelle  a una puntualizzazione che non doveva debordare all’esterno di un concetto, il punto e virgola era un vezzo elitario usato con vigile parsimonia perché oggettivamente misterioso e oscuramente elegante, nessuno ha mai realmente capito come posizionarlo, complici le differenti scuole di pensiero sul suo opinabile uso, finché dopo la terza media non ci abbiamo messo collettivamente una pietra sopra e così sia. Tracce di esso si ritroveranno solo nei temi di maturità, dove per darci un tono, gli abbiamo disperatamente trovato una collocazione, perché  nel tema di maturità almeno un maturo punto e virgola ci stava tutto.
 
Dal quel momento in poi, del punto e virgola, non si ebbero più notizie.
Tuttavia, contro ogni pronostico, l’anatroccolo della punteggiatura avrebbe fatto una rentrée spettacolare nelle nostre vite, arrivando verso il  2012 a spodestare ufficialmente il semplice punto nella chiusura del 50 % degli statement brevi scritti internazionali, e lo avrebbe fatto grazie a un’insolita alleanza con l’altra cenerentola della letteratura, la parentesi tonda. La manovra partì addirittura dagli anni ‘60 e in tre ventenni si posteggiò perfettamente nelle nostre abitudini.
 
Perchè questi due elementi uniti   ;  +  )  punto e virgola più parentesi – non sono altro che la verticalizzazione metabolizzata del leggendario Smiley giallo di Harvey Ball che, un tempo sorridente e spensierato, un giorno si era coricato su un fianco e stilizzandosi aveva finito col farci l’occhiolino alla ricerca di una certa complicità  😉
 
A poco a poco, anche le persone più insospettabili e restie,  hanno iniziato in questi ultimi anni a usare  😉  a chiusa di ogni periodo contenente una certa ironia. La cosa è continuata per vario tempo, finchè il punto e virgola e la parentesi non hanno guadagnato una visibilità senza precedenti  e noi siamo finiti con l’assuefarci al  nuovo simbolo  delegandogli in toto il tono dei nostri discorsi scherzosi. Senza che ce ne rendessimo veramente conto, gli abbiamo così conferito il potere di rendere ironiche frasi che già di per sé stesse lo erano, lo abbiamo reso garante ufficiale dell’ironia di ogni nostra frase, depositario ultimo della temperie scherzosa di quanto stiamo affermando.
 
Ma con l’assuefazione a  😉   è subentrata presto una paura paradossale…la più ironica delle nostre frasi senza  😉   rischia ultimamente di non sembrare più ironica e adesso, per  timore che le nostre affermazioni possano risultare abrasive, abbiamo psicologicamente bisogno di uno “smoothening effect”, siamo convinti di doverle sempre addolcire  con un  😉   giustapposto in poppa per non turbare l’interlocutore, affinché non ci sia nessun fraintendimento.
 
Finché  😉 non è  divenuto clamorosamente il nuovo punto. E il tutto, come dicevo, è accaduto con un manovrone partito inconsapevolmente negli anni ‘60 dal Massachuttes.
ECCO LA MIA RICOSTRUZIONE STORICA DI COME SONO ANDATE LE COSE. L’ho scritta in una fredda domenica primaverile, quando ricevuta una email dal mio amico Cesare terminante con uno  😉  stavo per rispondere a tono chiudendo anch’io con un altro  ;),  onde blindare la percezione della mia risposta ludica e fargli capire che avevo capito allineando le complicità. Tipo l’applauso che scatta nelle sitcom quando l’attore va in battuta. La gomitatina ammiccante. Quando mi sono detto…millenni di storia dell’ironia spazzati via da una strizzata d’occhio coricata per un assurdo timore di risultare abrasivo. E dal momento che timori di questo tipo a lungo andare riducono un uomo a una mammola, mi sono fatto coraggio, ho inviato la mia ironia senza sottotitoli per i non udenti e, soddisfatto, mi sono rinchiuso in cucina ripercorrendo la storia della nostra nuova debolezza onde esorcizzare una volta e per tutte la mia agghiacciante dipendenza da  😉
Brace yourself.
 
1. 1963: Il debutto dello Smiley Giallo.  Il primo Smiley giallo fu disegnato nel 1963 dall’artista americano Harvey Ball, assunto dalla State Mutual Life Assurance Company del Massachussetts per disegnare una faccia buffa da utilizzare su spille, poster e calendari da scrivania. Lo scopo era quello di tirare su il morale di 100 impiegati che, demotivati in seguito alla fusione con un’altra compagnia di assicurazioni dell’Ohio, avevano bisogno di stimoli visivi per rispondere sorridenti al telefono e comunicare una certa sicurezza ai clienti. In 5 minuti Harvey, uomo di indole raggiante, disegnò la faccina gialla sorridente,  guadagnò 45 dollari e poi assistì divertito al big bang di quello che in cuor suo sapeva essere il proprio autoritratto: agli inizi degli anni ‘70 lo Smiley sarebbe infatti divenuto un’icona pop internazionale.  
 
2. 1982: Lo Smiley si corica.  Scott Elliott Fahlman, scienziato americano della Carnagie Mellon University di Pittsburgh, propose nella bacheca del bollettino online universitario l’uso di  🙂  e  di  🙁   per aiutare 
la gente a distinguere i post seri da quelli scherzosi. Quei bollettini erano i precursori degli odierni newsgroups e il professor Fahlman, impreparato visivamente di fronte alla prima marea di discorsi su un piccolo schermo,  decise che bisognava dare un immediato ordine interpretativo ai vari statement onde non dare adito a equivoci: unire i due punti a una parentesi concava o convessa ponendo il nuovo simbolo a fine concetto avrebbe dunque facilitato le cose…Del resto, non era altro che coricare e decolorare il famosissmo Smiley già assimilato dalla cultura popolare: i più avrebbero capito. Nascevano gli emoticon.
 
3. 2003: Skype come cavallo di Troia agli emoticon. La gente inizia a sentire il bisogno di creare nuove faccine espressive e stilizzazioni delle stesse per riassumere ogni stato d’animo umano. 
 
Si trova il nome per la nuova moda e saranno appunto chiamati dalla fusione di emotion e icon. Nel 1992 sono appena 1 milione i computer connessi a internet in tutto il mondo e gli emoticon sbarcano con successo nei forum e nell’instant messaging, dove iniziano ad essere usati su scala massiccia.  La cosa riscuote successo tra i giovanissimi, ma uno zoccolo durissimo e consistente vede la moda come infantile e non ne comprende l’uso. Fino all’arrivo di Skype. Nell’Agosto del 2003, Skype inizia a scalzare le compagnie telefoniche mondiali con la sua gratuità e inserisce in basso a destra una finestra con ben 72 emoticon differenti, un esercito pimpante che va dal classicissimo Smiley, all’orsetto che abbraccia, senza contare  invenzioni come ✫(◠‿◠)✫ …__/__… Gli emoticon troveranno in questa nuova linea telefonica free of charge il loro cavallo di Troia definitivo…Poi, una sera di 5 anni fa, l’epifania collettiva: scopriamo che inserendo  😉  nella slot dei messaggi skype e spingendo avvio,  😉   si trasforma in …  La stilizzazione del professor Fahlam si era trasformata davanti ai nostri occhi in una variante ruffiana della creatura di Ball, il nostro cervello metabolizzava definitivamente la sintesi e ci spingeva a utilizzare  😉  anche nello scritto. Perché  😉  erano divenute  la stessa cosa. Per sempre.
 
4. 2012: Morte dell’ironia (così come è stata concepita per millenni).  Scissa nello scritto dal tono di voce, l’ironia ha sempre trovato nel contesto gli spazi del suo significato, ma nell’era della dittatura psicologica degli emoticon, per arrivare a destinazione ha ultimamente il bisogno fisiologico dell’affrancatura di uno Smiley che strizza l’occhio, la variante ruffiana dell’originale.  Ha vile necessità di un inutile assist per trasformare un rigore. Perchè senza, la nostra ironia ha adesso la sensazione di non arrivare più a destinazione. Gli scambi epistolari brevi si sono dunque ridotti in questi ultimi anni  a delle pacche sulle spalle senza fine: una sfiancante  reazione a catena di mutue strizzate d’occhio gratificanti che ci ha indebolito nel carattere, reso meno sicuri di ciò che vogliamo dire e accattoni in termini di  consensi immediati…E la cruda realtà è che mi sono reso amaramente conto che quando chiudo un messaggio con 😉 se la risposta del mio interlocutore non termina pure con 😉  penso che ci sia un problema e mi preoccupo. Viceversa, se ricevo un messaggio con 😉 mi sento misteriosamente obbligato a siglarlo con un altro  😉 per garantire l’allineamento di qualche presunta complicità.
 
Adesso, se un uomo si preoccupa di una cosa simile, abbiamo un problema, è sulla buona strada per divenire una mammoletta.
Con questo scritto, dichiaro solennemente a tutte le vestali degli emoticon che d’ora in avanti, scarterò il 😉 dalle chiuse di ogni discorso scritto. E ciò per ritornare un uomo forte e coraggioso.
 
Anzi, lasciatemi sparare dei colpi a salve come il cannone del Gianicolo:  😉  😉  😉   😉   😉    😉   😉  onde nausearmi e inflazionarli davanti ai miei occhi.
E adesso un ultimo 😉    
                       
Ma non vi lascio soli: ho elaborato per voi un efficacissimo ESERCIZIO PER ESORCIZZARE  😉  DALLE NOSTRE VITE!
Fissate 😉 e immaginate Virginia Raffaele che fa l’imitazione di Belen Rodriguez quando da sorridente e solare inclina di scatto la testa a sinistra miagolando con voce roca e suadente un ruffianissimo  ” Ma dai…!”  Fatto? Rifatelo una seconda volta.  = “Ma dai….!” Ancora una volta, è importante che pronunciate il “Ma dai…” con cadenza argentino/milanese. Coraggio:  😉  ” Ma dai…!”. Ecco, adesso siete liberi. Provate a utilizzare quel simbolo senza sentirvi assurdi.
 
Tuttavia, mi riserverò per sempre e a mia discrezione la gioia di usare  (solo su Skype) gli altri 71 emoticon, con una decisa e virile predilezione per il primo ed autentico smile di Harvey Ball e il conto alla rovescia che si trasforma in un ciak.
 
In memoria di Harvey Ball, che incarnò sino alla morte la ragione della sua missione sul pianeta: ricordarci di sorridere senza strizzare l’occhio a nessuno.
 
Da un uomo che non ammicca più ma sorride e basta.

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