L’ultimo libro di Aldo Cazzullo “La Guerra dei Nostri Nonni” ci fornisce testimonianze della Grande Guerra. Non soltanto un bellissimo libro, ma le recite di brani hanno dimostrato in modo commovente che la Storia non è composta da date e cifre, ma di persone che l’hanno vissuta. 
 
Ascoltando le parole di dolore mi sono ricordato il libro “L’Onore d’Italia” di Alfio Caruso che racconta la storia della battaglia importante della Seconda Guerra Mondiale a El Alamein in Nord Africa. Una battaglia di particolare importanza per un immigrato perché ho sentito troppe volte, come tutti della mia generazione, le accuse beffarde dei compagni che ci prendevano in giro per la presunta vigliaccheria dei soldati italiani.
 
Libri come questi sono utili perché è ora che i figli e i discendenti di questi testimoni capiscano cosa costrinse padri e nonni a lasciare i Paesi di nascita per trovare vita nuova all’estero. Questi libri sono importanti per un altro motivo. Stiamo perdendo le voci del passato, della Storia d’Italia, ed è vitale che l’Italia e le comunità all’estero facciano il più possibile per assicurare che i ricordi, i documenti e le testimonianze che si trovano all’estero, siano conservati. 
 Soldati italiani in trincea durante la I Guerra Mondiale 

 Soldati italiani in trincea durante la I Guerra Mondiale 

 
Purtroppo in molti casi è già tardi, ma questo non serva da scusa per ritardare un atto dovuto alla memoria di chi diede una parte della vita al Paese di nascita, come al Paese di residenza.
 
Partendo da questi pensieri è naturale pensare che il centenario della Grande Guerra, come anche l’80° anniversario della Seconda Guerra Mondiale nel 2019, possono essere l’occasione perfetta per iniziare a raccogliere questi ricordi.
 
Con i mezzi moderni, soprattutto internet, insieme alla rete di giornali di lingua italiana in tanti Paesi non sarebbe impossibile e nemmeno troppo costoso organizzare queste storie e renderle pubbliche. In questo modo potremo spiegare ai figli, nipoti e gli altri discendenti di chi ha lasciato l’Italia, il motivo che ha causato l’esodo. Potremo far capire che i loro parenti sono stati l’orgoglio d’Italia e i sacrifici che fecero nella loro vita.
 
Inoltre, faremo anche ricordare e capire a chi è rimasto in Italia che il Paese moderno che vedono ora è frutto dei sacrifici degli emigrati in servizio alla Patria prima e all’estero poi. Troppi, oggigiorno, si sono scordati che, per decenni dopo la Seconda Guerra, i soldi che gli emigrati inviavano ai loro parenti in Italia furono tra le prime tre fonti di guadagno del Paese e che senza di loro il grande boom economico degli anni ‘60 sarebbe arrivato molto dopo.
 
Insegnare la loro storia agli oriundi farebbe capire che hanno tanti motivi d’essere fieri delle loro origini. Se sapessero la loro storia, tanti figli e discendenti di emigrati italiani avrebbero ancora più voglia di imparare la lingua dei loro avi e di andare a vedere i luoghi delle loro origini. L’orgoglio non deve essere solo di una vittoria ai mondiali ogni due o tre decenni, o la vittoria di una rossa con il cavallino rampante, o del successo di uno stilista italiano. L’orgoglio deve essere molto più profondo.
 
Se a scuola avessi saputo la storia di El Alamain avrei potuto rispondere ai miei compagni che i soldati italiani erano capaci di grandissimi atti di coraggio e non che il libro più piccolo del mondo era il libro degli eroi italiani di guerra, come ci dicevano. L’Italia ha dato molto al mondo e non esiste campo dove un italiano non abbia dato un contributo vitale. In arte, letteratura, cinema, ingegneria, diritto, filosofia, esplorazione, e potrei andare avanti per pagine: migliaia di italiani hanno dato contributi che hanno cambiato la faccia del mondo e la nostra conoscenza dell’universo.
 
Nell’insegnare cosa hanno fatto i nostri nonni a Vittorio Veneto e a El Alamein, nell’insegnare l’italiano insegniamo chi erano Dante, Michelangelo, Leonardo, Beccaria, Marconi, Fermi, Volta, Montale, Fellini e capiremo che abbiamo insegnato la vita al mondo intero. 
 
Insegneremo agli inglesi che il loro Chaucer ha imparato da Giovanni Boccaccio, insegneremo ai francesi che la loro regina più grande era un’italiana di nome Caterina De’ Medici, insegneremo ai tedeschi che i loro grandissimi musicisti utilizzano gli strumenti e il linguaggio creati in Italia.
Abbiamo molto, ma molto di più ci fa capire da dove veniamo e di cosa siamo capaci. 
 
Ma gli esempi del passato da soli non bastano. Dobbiamo continuare a fare, in ogni campo, in ogni Paese in cui ci troviamo. Il passato non basta se il nostro presente e il nostro futuro non ne sono all’altezza.
Autori come Aldo Cazzullo e Alfio Caruso hanno un ruolo importante nel far conoscere il Paese a chi abita in Italia. Ma questo non serve se i nostri libri di storia e di biografia rimangono stampati soltanto in italiano ed escono soltanto in Italia.
 
Non ci stanchiamo di dire che dobbiamo fare di più per far conoscere la nostra lingua all’estero, dobbiamo fare di più per insegnare la nostra storia. Ma dobbiamo fare anche molto di più per assicurare che i contributi di coloro che hanno combattuto per l’Italia e che si trovavano costretti a emigrare siano ricordati e che il loro contributo ai loro due Paesi sia riconosciuto e ricordato da tutti, a partire dai loro eredi.
 
E mentre insegniamo la storia e la lingua italiana all’estero insegniamo alla scuola in Italia la storia dell’emigrazione italiana per fare capire che l’emigrazione è una realtà fondamentale della storia, il presente e il futuro del nostro Paese.

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