Il Delta del Po è stato inserito, dal 1999, nella lista dei siti italiani patrimonio dell'umanità dall'UNESCO (Ph © Ermess | Dreamstime.com)
L’aeroporto di arrivo potrebbe essere Milano o Venezia e le autostrade vi porteranno facilmente fino a Rovigo. Ma quando arrivate nel capoluogo del Polesine, gettate guide e indicazioni e affidatevi ai consigli degli abitanti del luogo. E soprattutto, armatevi di “lentezza”. 
 
Il Polesine non è tra le terre segnalate con l’evidenziatore nelle agenzie di viaggio che smistano il turismo di massa. Ed è meglio così. Perché questo è uno di quegli angoli d’Italia che vanno scoperti senza clamori, penetrandovi con il piacere del passo lento e con il ritmo del  fiume che rallenta per farsi accogliere in un abbraccio dal Mar Adriatico. Sarà il modo migliore per trovare un altro degli infiniti tesori disseminati nella terra italiana. Un punto di partenza per un percorso che avrà come punto di riferimento il fiume Po e il suo delta, e come città di riferimento Rovigo.
 
Abitato anticamente dai veneti (solo omonimi degli attuali corregionali) e in seguito dagli etruschi e infine dai romani, il Polesine è una terra letteralmente strappata alle acque, e spesso posta sotto il livello del mare. Gli etruschi furono i primi a intraprendere le opere di bonifica per modificarne l’orografia paludosa. Costruirono canali chiamati “fosse” che l’ingegno tecnico dei romani ampliò: le  fosse Augusta, Clodia, Filistina, Flavia, Messanicia e Neronia  nel I secolo d.C. permettevano di navigare da Ravenna ad Aquileia rimanendo sempre all’interno di lagune percorrendo canali artificiali e tratti di fiumi. 
 
Appartenente al Regio X Venetia et Histria, il Polesine (il nome deriva dal latino medievale “polìcinum” ossia terra paludosa) subì una prima grande trasformazione dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente. A causa della scarsa manutenzione delle opere idrauliche il territorio ritornò paludoso, scarsamente appetito dai bizantini (cui vennero affidate le zone settentrionali) e dai longobardi (che vi fondarono il Ducatus Ferrariae). 
 
Il riemergere di alcune terre nell’alveo dell’Adigetto e la fondazione dei primi nuclei abitati di Badia Polesine, Lendinara, Villanova del Ghebbo, Villadose e Rovigo, segna la nascita ufficiale della terra del Polesine. Le alterne vicende storiche lasciarono a Venezia il compito di dare inizio alla vasta opera di canalizzazione e bonifica del terreno, che negli anni seguenti avrebbero finalmente stabilizzato questo lembo d’Italia che degrada verso il delta del Po. Entrato a far parte del Regno Lombardo-Veneto, il Polesine fu annesso all’Italia nel 1866 con la terza guerra d’indipendenza ma vide molti dei suoi abitanti emigrare verso il Brasile e l’Argentina o verso altre città industriali del Piemonte e della Lombardia, anche a causa delle periodiche e tragiche alluvioni. Il 17 settembre 1882 l’Adige inondò il territorio fino al Canalbianco costringendo 63.000 persone ad abbandonare la terra ed ad emigrare in Sud America.
 
Luogo di incontro del fiume con il mare, il Polesine offre ai visitatori ancora tracce della centuriazione del territorio operata dai romani. La strada che da Rovigo porta ad Adria è probabilmente l’antico decumano massimo. Molti erano i castelli fortificati presenti nella zona a testimonianza delle lotte tra Estensi, Scaligeri e Padovani: il castello di Ficarolo (1112) venne sommerso dalle acque del Po, i castelli di Bergantino e Melara furono distrutti nell’800, il castello di Loreo fu teatro di sanguinosi scontri durante la guerra tra la Serenissima e Genova. Tra Rovigo e Adria nacquero anche numerose istituzioni culturali, che nel 1300 produssero l’istituzione della scuola pubblica.
 
La straordinaria opera di bonifica realizzata dall’uomo non ha cancellato il profilo ribelle di una terra in perenne lotta con le forze della Natura, regalandole straordinarie potenzialità. 
Il mare che bagna il Polesine rende la provincia di Rovigo una delle prime produttrici di pesce azzurro in Italia. Nelle sue acque è possibile non solo pescare sardine, cefali ed alici di ottima qualità, ma anche ottime anguille, che iniziano il loro ciclo vitale nel lontano mar dei Sargassi, per finire, dopo quattro anni ed un lungo viaggio, nel Delta del Po. L’anguilla delle Valli del Delta rappresenta la vera eccellenza dell’offerta gastronomica del Polesine e  può essere consumata fresca o marinata magari accompagnata dalle eccellenti varietà di riso arborio, carnarolo, vialone nano o baldo. Coltivato nelle aree dismesse della barbabietola da zucchero, il riso rappresenta un’altra eccellenza del territorio, come gli asparagi, il radicchio, il melone, l’aglio bianco del polesine (che ha ottenuto il marchio Dop), la polenta bianca di mais o il pane di Loreo.
 
Avvicinandosi al mare, e arrivando nelle laguna di Caleri e nella Sacca di Scardovari bisogna però fermarsi per assaggiare le cozze e le vongole tipiche del territorio del Polesine. Qui i mitili non vengono pescati ma “coltivati” come fossero prodotti di terra, raccolti a mano e ponendo a rotazione i “terreni di coltura”. Tramandata di padre in figlio da generazione, la coltivazione della “Vongola del Polesine” e della “Cozza di Scardovari”, è una delle tipicità del Veneto e nelle osterie tipiche del Delta vengono preparate con metodi semplici e tradizionali.  
 

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