Nel 1975-76 il Consiglio d’Europa emanò una serie di direttive per l’insegnamento delle lingue straniere, definendo il cosiddetto livello soglia/threshold level/niveau seuil, ovvero l’insieme delle competenze e delle abilità comunicative indispensabili per superare la soglia d’ingresso di una comunità straniera. Le competenze e le abilità erano definite anche per successivi livelli di competenza fino alla piena padronanza della lingua straniera, diventata nel frattempo quasi una seconda lingua. 

 
Indicazioni utilissime per la compilazione di libri di testo e materiali di supporto. Da allora in avanti si è fatta tantissima strada nel campo della didattica delle lingue straniere, oggi addirittura nell’ultimo anno dei licei si parla di inglese/lingua veicolare, ovvero di lingua che dovrebbe veicolare una disciplina, esempio i nostri studenti dovrebbero studiare la storia o le scienze in inglese. Dove si andranno   a trovare gli insegnanti per fare questo resta per me un mistero. 
 
Inoltre alcune università aprono corsi completamente in inglese, per ampliare il numero delle iscrizioni dall’estero. I ragazzi diplomati nelle nostra scuole o laureati si inseriscono facilmente nel mondo del lavoro in Nord Europa, una nuova emigrazione con valige firmate e senza nostalgia alcuna, data la velocità dei mezzi di trasporto.
 
Durante i miei anni di insegnamento, ho sempre scelto libri di testo che rispettavano le direttive europee, con risultati soddisfacenti per chi amava la disciplina e si applicava allo studio. Però viaggiando e contattando gente parlante l’inglese lingua madre, mi sono sovente accorta di trovarmi di fronte a delle realtà infinite, sfuggenti, inafferrabili. Un fenomeno che può avere esiti diversi a seconda delle persone, alcuni abbandonano spaventati, altri, invece spinti dalla curiosità dell’ignoto, cercano di penetrare il più possibile a fondo il mistero della lingua parlata dai nativi, suoni, parole, frasi, usi. 
 
È il momento in cui si smette di nuotare in piscina e ci si avventura nel mare aperto. 
Uno dei modi per affrontare l’alto mare aperto dell’inglese è ovviamente la lettura di testi scritti da autori inglesi non per insegnare l’inglese, ma per comunicare qualcosa ai madrelingua. Tanti autori inglesi o americani, tanti best sellers popolano i miei ricordi di lettura. Ed ognuno ha le sue frasi sottolineate, quelle che ritenevo degne di essere ricordate. Insomma, lo studio di una lingua è per me un esempio di istruzione permanente/lifelong education. Non basta l’università, non bastano le parole che si imparano facendo i turisti o brevi corsi estivi, quelle restano in aria e volano via.
 
 Un efficacissimo esempio di applicazione costante e tenacissima allo studio di una lingua straniera ci viene da uno dei nostri emigrati, Mario Fratti. Nato a L’Aquila, dove ha frequentato le scuole superiori, si è laureato in lingue alla università Cà Foscari di Venezia, vive a New York dal 1963. Lì si è reso conto che i parlanti nativi usano una qualità di lingua che uno straniero, anche se istruito e padrone della lingua, non riesce a produrre. 
 
E così, giorno per giorno, leggendo il New York Times, il drammaturgo ha preso nota di frasi prodotte dai nativi, scrivendo su quadernoni dalla copertina nera frasi di lingua inglese che in genere non si trovano sui testi scolastici. Questa raccolta oggi costituisce per noi un patrimonio tutto da esplorare. Sono un occhio attento alla realtà infinita ed affascinante della lingua parlata e scritta dalle persone colte, che comunicano in modo pieno e idiomatico. Dall’immensa ed inesplorata raccolta di frasi compilata da Fratti, riporto alcuni esempi concernenti le relazioni umane, ed ordinate nell’ordine alfabetico inglese tenendo conto della parola che dà senso alla frase:   
 
                           
 Anybody still around?                                     Qualcuno ancora in giro?
Have I got your attention?                               Mi vuoi fare attenzione?
So, why is he available?                                  E dunque, perché è disponibile?
Akin to: affine a.
Akin to no place: estraneo dovunque.
 All on your own: tutto da solo/a
Back off: tirati indietro, piantala!
You can’t back out of it: non  puoi tirarti indietro.
 
A back up plan: un progetto di riserva.
He started badmouthing him                         Cominciò a sparlare di lui
Target for barbs and insults                           Bersaglio di pungenti critiche ed insulti.
He barged in: intervenne a sproposito, s’intromise.  Soul baring: aprire l’animo.                                                 
 

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