Farina, latte, uova, zucchero, lievito di birra, scorza grattugiata di limone, cannella in polvere, sale, olio di semi, zucchero vanigliato e uva sultanina. Sono questi gli ingredienti base per gustarsi un’autentica frittella veneziana. Ai suoi tempi la fritoea (come si dice in dialetto) era il dolce ufficiale della Serenissima. Oggigiorno sono nate più varianti. Un tempo bisognava aspettare l’immediato arrivo del Carnevale per cominciare ad assaporarne il morbido impasto. Nel terzo millennio invece, fanno la loro prima e fiera comparsa nei banchi delle pasticcerie di tutti i sestieri già dopo le feste natalizie.

Il carnevale a Venezia è cambiato. Un tempo molto più vissuto (e valorizzato) in campo, oggi è più sintonizzato sulla frequenza dei grandi eventi. Un tempo i ragazzi che truccavano erano gli indiscussi padroni di piazza San Marco, oggi sono diluiti un po’ in tutta l’isola e in prossimità del piazzale della stazione Santa Lucia. 

Loro però, le frittelle, non passano mai di moda. Attese con (non poca) ansia da veneziani e turisti da ogni dove che ormai hanno ben imparato a conoscerle e divorarne in gioiosa quantità. Molto più gradite degli altrettanto carnevaleschi galani (il cui nome cambia di regione in regione), è impossibile venire a Venezia in questo periodo dell’anno senza cedere all’ingordigia “frittellosa” (ci sarà poi tempo in primavera per smaltire facendo jogging, pilates, yoga o quello che vi pare, ndr). Le più tipiche sono tre: veneziana, con la crema (chantilly) e allo zabaione, alla quale di recente si è aggiunta la collega con la nutella (sconsigliata).

Le frittelle sono ovunque. Secoli addietro, nell’antica Repubblica Marinara, i fritoleri erano una vera e propria corporazione il cui mestiere poteva essere trasmesso solo di padre in figlio. Celebre la prima testimonianza di questa golosità, tramandata fino ai giorni nostri dal nobile veneziano Pietro Gaspare Moro Lin: “Composte da fior di farina di formento, rimpastate a lievito unito i pignoli e a zucchero, con uva che pendeva dai tralci delle viti calabre, vengono collocate nell’olio bollente”. Celebri anche le parole del veneziano Ugo Trevisanato, che parlando dea fritoea, scrisse: “La dev’essere gustosissima, Cotta ben e ben levada, – Un pocheto inzucarada. Calda… o freda se volé”.

Ma chi sono oggi gli eredi degli antichi fritoleri? Tra le pasticcerie più rinomate e prese d’assalto durante il Carnevale, i nomi più ricercati sono quelli di Dal Mas (Cannaregio), Rosa Salva (San Marco), Nobile (Cannaregio) e il più economico Tonolo (Dorsoduro), quest’ultimo, uno dei pochi a preparare le fritoe anche nell’eccelsa variante tradizionale con le mele. “Anche se non è vicino a casa, mi muovo volentieri per raggiungere questa meravigliosa pasticceria , specialmente in questo periodo che precede il Carnevale per le sue squisite frittelle che sicuramente sono le migliori di Venezia”, scrive un  contributore romano su Tripadvisor a proposito di Tonolo.

Luoghi storici di golosità ma non solo. A perdersi nella città, in particolare nei sestieri più popolani di Cannaregio e Castello, s’incontrano piccoli forni dai gusti caserecci con frittelle a prezzi meno esosi rispetto ai locali più blasonati e dove ormai non v’è più differenza di prezzo tra  frittella veneziana e ripiena (1,50 euro), per fortuna con qualche eccezione.

Finalmente arriva anche il mio turno. Non voglio offendere nessuno. Faccio finta di avere ospiti e mi prendo uno vassoio con una fritoea per tipo. Accompagno il tutto con una calda tisana. Una dopo l’altra, sento scivolare un piacere troppo a lungo rimandato. Era giusto un anno che non sentivo una simile dolcezza solleticarmi il palato. La fritoea veneziana mi saluta affettuosamente. La frittella alle mele mi conduce per mano (o meglio, per lingua) nel più rinomato dei paradisi. Lì vengo affidato al piacere estremo della crema per poi concludere questo tour con l’apoteosi allo zabaione.

Il carnevale è qui, nella dolcezza delle frittelle. Beato chi se le può gustare!


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