Fiero, imponente, espressivo. Un ritratto di forza e autorità. Il “Leone che attacca il cavallo” dà il benvenuto artistico al Getty Villa Museum di Malibu. In mezzo al patio che accoglie il pubblico, tra le pareti che imitano un’antica e lussuosa casa romana, fino a febbraio 2013 sarà possibile ammirare il primo atto di una collaborazione che si preannuncia intensa e fruttuosa tra l’istituzione filantropica e culturale del Getty Museum, che a Los Angeles vanta una delle più pregevoli collezioni d’arte d’America, e i Musei Capitolini di Roma, che dal 1471 sono i primi musei pubblici del mondo.
 
L’opera creata ai tempi di Alessandro il Grande, divenne trofeo di guerra nella Roma imperiale, poi simbolo di giustizia nel Medioevo e quindi grande fonte di ispirazione per generazioni di artisti, Michelangelo in testa. A lungo fu l’emblema di Roma prima di essere sostituito dalla Lupa che allatta il fondatore della città Romolo e il suo gemello Remo. Con una cerimonia ufficiale, di fronte a un pubblico selezionato e al sindaco di Roma Gianni Alemanno, è stata inaugurata l’esposizione che ha restituito al “Leone che attacca il cavallo” il palcoscenico che all’opera mancava da 87 anni, da quando aveva perso il centro della piazza del Campidoglio, sostituita dalla statua equestre del Marco Aurelio.
 
A rendere possibile il tutto, la cooperazione tra i due musei che hanno sottoscritto un accordo bilaterale, poco prima dell’inaugurazione dell’istallazione, per la cooperazione in progetti di conservazione e restauro che incoraggia lo scambio di esperti nei campi dell’archeologia, della storia dell’arte, della conservazione, della tecnologia, dell’informazione culturale.
 
Ecco cosa ha detto a L’Italo-Americano, Claudio Parisi Presicce, direttore dei Musei Capitolini di Roma.
 
Ha avuto l’idea a di fare arrivare qui al Getty Villa Museum “Il Leone che attacca il cavallo”. Nonostante le sue tonnellate, per la prima volta l’ha vista “volare”.
Sì, è stata un’esperienza abbastanza unica perché tutte le prove che abbiamo fatto per l’ingresso della statua nella sala comportavano notevoli difficoltà. Alla fine la scelta di farla entrare con una gru ad alto braccio è stata la più semplice anche se la più emozionante.
 
Quanto importante è fare arrivare una statua come questa a Los Angeles?
Indubbiamente l’arte ha un linguaggio universale e un’opera come questa, che ha una storia molto lunga, che ha attraversato i secoli e ha cambiato significato nel tempo, comporta la possibilità di trasmettere una notevole quantità di informazioni e di sollecitare un interesse, una curiosità enorme. È indubbiamente un’operazione che lega l’Italia e in particolare Roma a Los Angeles e al Getty Museum in maniera molto stretta.
 
Perché è stata scelta questa statua, cos’ha di particolare?
È un’opera che rappresenta le origini dell’interesse dell’uomo moderno per l’arte perché è arrivata in Campidoglio ancora prima che fosse creato, istituito, il primo museo pubblico del mondo cioè i Musei Capitolini e il fatto che sia stata restaurata e recuperata la forma originale significa che l’interesse fin dall’inizio era di capire, di voler comprendere quale fosse il posto che occupava quest’opera nella cultura antica.
 
Quanto servono partnership come queste, quanto può fare il Getty per i Musei Capitolini?
È un accordo molto importante perché il Getty Villa Museum sta cambiando la sua politica culturale già da qualche anno. I Musei Capitolini che sono un’istituzione molto antica, hanno interesse a sviluppare un atteggiamento molto diverso sia come museo sia verso i visitatori, che devono comprendere sempre di più quanto è importante il contesto di provenienza delle opere. Non solo l’apprezzamento estetico, ma anche l’ideologia che c’è dietro la creazione di un’opera d’arte può aiutare a combattere il mercato delle opere trafugate.

Claudio Parisi Presicce, Gianni Alemanno, Carl A. Anderson (Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo), James Cuno

 
Oggi la collaborazione con il Getty ha portato a questo risultato. Non sarà sicuramente l’ultimo.
Questo è il primo step, ma stiamo già lavorando a un secondo passo che vorrei riguardasse progetti legati alla conservazione. L’Italia ha una grande tradizione, un’esperienza enorme nel restauro, ma in questo museo è stata sviluppata una capacità di applicazione delle tecnologie alla conservazione che è all’avanguardia nel mondo. Vorremmo collaborare in questo ambito.
 
Stesso entusiasmo dal CEO del Getty Trust, James Cuno.
Un altro pezzo del patrimonio artistico italiano arriva al Getty.
Questo capolavoro ha una storia molto importante perché è un originale greco frutto di un mix mediterraneo tra la cultura greca e romana. Ad un certo punto fu portato a Roma al Circo Massimo dove diventa emblema, simbolo dell’impero. Poi fu spostato sul colle del Campidoglio dove divenne simbolo del potere giuridico di Roma. La scultura non esprime solo potenza in se stessa, nel mostrare l’aggressività del leone che attacca un cavallo e nella straordinaria capacità della scultura ellenistica di essere così convincente. L’opera era importante per l’identità di Roma, della Roma repubblicana e di quella imperiale. Siamo davvero entusiasti di averla qui perché è un indicatore del vero valore delle relazioni con i colleghi di Roma, con la città di Roma e i Musei Capitolini.
 
Come avete reagito quando avete saputo che la statua avrebbe raggiunto la vostra collezione?
Siamo stati molto sorpresi visto il valore dell’opera. Non è facile per il museo chiedere il prestito di una scultura così importante per Roma, ma quando Claudio Parisi Presicce, il direttore del Museo Capitolino ha deciso il restauro della scultura e di restituirle un ruolo di preminenza nei Musei Capitolini (sarà collocata in una nuova galleria dove c’è già l’originale della statua del Marco Aurelio), ha pensato che sarebbe stato giusto dividere col mondo il risultato. È un grande direttore di museo. Dice che conserviamo tesori che abbiamo non per noi stessi, ma per il mondo. E questa sua volontà l’ha messa in pratica condividendo un’opera così importante della collezione romana con noi. Siamo fortunati che ci abbia scelto e ci ha scelto perché ama Los Angeles. Una buona ragione per noi d’essere qui e ammirarla al Getty.
 
Quanto è importante l’arte italiana per il Getty Museum?
Dobbiamo ricordarci che stiamo parlando dentro la replica di una grande villa romana, la Villa dei Papiri. Lo stile fu scelto da J. Paul Getty perchè nella sua mente rappresentava il più alto traguardo nella cultura umana. La villa originale, a Ercolano, ospitava una grande collezione di sculture, una grande biblioteca di papiri, era la casa di un individuo profondamente acculturato. Lo stesso J.Paul Getty era molto colto e per questo scelse per il suo museo, la sua collezione, che tristemente non vide mai completata perché morì prima che fosse aperta, scelse ciò che secondo lui rappresentava il punto più alto del prodotto artistico, l’arte romana. Così, sin dal suo principio, l’arte italiana, da quella Romana al Rinascimento, al Barocco fino al 20° secolo è centrale nella missione del Getty. Se ci si guarda attorno non solo alla Getty Villa, ma anche al Getty Center si troveranno grandi capolavori di arte italiana, disegni, sculture, dipinti, arazzi, mobili di artisti italiani.
 
Il protocollo appena firmato con i Musei Capitolini avrà lunga vita, quindi.
Abbiamo sottoscritto un memorandum, un accordo che ci impegna a scambiare pezzi d’arte, a condividere mostre, l’esperienza di curatori e restauratori così da potere costruire relazioni costanti e consolidare una duratura collaborazione reciproca.

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