Pulcinella andava a Biella, montò sopra una carrozzella, e se il cavallo era attaccato certo a quest’ora era arrivato. Pulcinella andava a Torino, montò sopra un cavallino, e se il cavallo non era di legno andava a Torino e anche a Collegno. 
Scrittore, tra i più noti e importanti d’Italia, Gianni Rodari era un maestro nella letteratura per l’infanzia e in questa filastrocca da “I Viaggi di Pulcinella”, il protagonista è Pulcinella, maschera di Carnevale tra le più famose e poetiche che l’Italia abbia celebrato non soltanto nelle sfilate dei carri carnevaleschi ma anche in una certa letteratura teatrale.
 
Sembra però che da diversi anni, protagoniste dei carri allegorici non siano più le maschere come Pulcinella, Arlecchino, Colombina, Pantalone, Tartaglia, Scaramuccia, Balanzone, Rugantino, Meo Patacca, ecc…Si preferisce far satira con i personaggi contemporanei. 
In alcuni paesi però, la tradizione rimane ancora viva e così a Sciacca, in provincia di Agrigento, non solo sopravvive ma è la maschera ineludibile del Carnevale, Peppe Nappa. Anche quest’anno, che festeggia la 116° edizione, sfilerà tra i carri allegorici durante lo spettacolo “Arriva la festa”. Gruppi mascherati e musica faranno da coreografia e colonna sonora alla festa più trasgressiva del calendario.
Una lunga manifestazione di allegria nella città che vanta tra le terme più importanti di Sicilia e una flotta di pescherecci che è la più cospicua della provincia agrigentina.
 
Fu Giuseppe Pitrè, etnoantropologo di  grande fama che per primo parlò di questo baccanale nel 1889 nella sua Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane. Ma, se non ci sono documenti certi sull’inizio dei festeggiamenti in occasione dei Saturnali romani, è molto più credibile, la data del 1616 in cui il vicerè Ossuna obbligò che tutti dovessero indossare una mascherà l’ultimo giorno delle celebrazioni.
Protagonista delle prime manifestazioni era il popolo che, riversatosi per le strade e travestito in vario modo, consumava salsicce, cannoli, vino. In seguito cominciarono a vedersi i carri addobbati in modo piuttosto semplice che portavano su delle sedie le mascherine a sfilare per le strade cittadine e i vicoli. Ancora dopo, negli anni Venti del Novecento, c’erano comitive mascherate che venivano trasportate su una piattaforma trainata da buoi o cavalli mentre recitavano in dialetto accompagnate da piccole orchestre improvvisate.
 
I momenti di incontro vedevano mascherati e paesani attorno a dei gustosi piatti di carne stufata, di salsiccia e di vino. Dopo gli anni della guerra iniziò il periodo in cui al Carnevale si affidava il compito di celebrare il “progresso” mentre si iniziava a lanciare coriandoli e stelle filanti dai carri che sfilavano per le strade. La satira passò in seguito a beffeggiare personaggi dello spettacolo e anche politici.
 
Le figure divenivano sempre più grandi e anche i temi trattati erano sempre più impegnativi e lo sono ancora oggi. La preparazione delle sfilate è lunga e laboriosa sia per i carri allegorici che per i mini-carri e il lavoro ha inizio parecchi mesi prima del giorno della festa e impegna parecchia gente del luogo.
Le fasi finali del montaggio avvengono il venerdì notte che precede il Carnevale e si corre sempre il rischio che sorgano dei problemi all’ultimo momento e si debba rinunciare alla sfilata. A volte i carri subiscono delle variazioni in corso d’opera.
 
A Sciacca i carri seguono due percorsi: il primo il sabato, il secondo la domenica, il lunedì e il martedì che precedono l’inizio della Quaresima. Il giovedì (grasso) vengono simbolicamente consegnate le chiavi della città a Peppe Nappa che è la maschera della città e, quando il martedì successivo terminano i festeggiamenti per cedere il passo al Mercoledì delle Ceneri, il carro di Peppe Nappa viene bruciato in piazza.
Durante la sfilata dal carro vengono distribuite salsicce cotte sulla brace e vino per tutto il periodo sino alla Quaresima mentre per le strade e i vicoli è un continuo sfilare di allegri gruppi folcloristici che dispensano canti e balli che continueranno sino all’esibizione sul palco allestito in una grande piazza. 
Negli ultimi anni, il contributo di docenti e alunni dell’Istituto d’arte di Sciacca ha fatto sì che il Carnevale della città potesse competere con analoghe performance a livello nazionale e internazionale con grande successo.
 
La festa è diventata così importante che nel 2010, circondato da un giardino che domina una terrazza sul mare, è sorto il Museo del Carnevale di Sciacca all’interno del quale sono esposte circa 100 riproduzioni in miniatura, dei plastici storici dei Carri e sono realizzati in ceramica, lavorati e dipinti a mano dai maestri ceramisti saccensi.
Sono esposti anche i costumi e i loro bozzetti, i pannelli fotografici e alcuni elementi dei carri più importanti ma sono anche riprodotti monumenti del centro storico di Sciacca e i suoi prodotti locali.
Una sezione ospita alcune pregevoli ceramiche dell’artigianato locale donate al Museo e una nuova sezione mostra elementi dei Carnevali italiani più prestigiosi, dalle cartoline alle fotografie e ai manifesti dove sono rappresentati il carnevale di Viareggio, Venezia, Cento, Acireale, Misterbianco.
Già a partire dal primo anno di apertura del museo i visitatori sono stati molto numerosi sia tra i turisti che tra gli alunni delle scuole di vario ordine e grado.
 
Potevamo trascurare l’aspetto gastronomico del Carnevale che, come ogni festa,  gratifica con piatti caratteristici ogni ricorrenza? 
Ecco allora le chiacchiere con sfoglia simile a quella del cannolo cosparsa di zucchero a velo; castagnole e zeppole, frittelle dalla forma rotonda e farcite con crema; teste di turco con uva passa; la pignoccata fatta di farina, zucchero, tuorli d’uova e sale. Ma assieme ai dolci ci sono “i primi”: maccheroni al ragù, con salsiccia, con cotenna di maiale; zuppa cucinata con patate oppure il minestrone del giovedì grasso con fave secche, cipolla, prezzemolo, lardo, sale e pepe.

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