Era realmente presente una figura chiamata ad aiutare il moribondo a porre fine alle sue sofferenze? Non lo sapremo mai.

È possibile che in passato, come in alcune aree, dove è stata accertata la presenza di tale fenomeno, quando le cure mediche e le arti magiche, non riuscivano a dare sollievo si ricorresse ad una particolare forma di amore familiare che sfociava nell’eutanasia. (Ciò naturalmente è considerato, per la legge italiana, un omicidio a tutti gli effetti). Ad esercitarla pare fosse, come in Sardegna l’Accabadora. Una donna vestita di nero che aveva la funzione di “finire”, di porre termine alle sofferenze di un moribondo che avrebbe avuto bisogno di cure troppo impegnative e costose, inconcepibili in una società rurale.

Pare che il termine Accabadora, derivi dal verbo spagnolo acabar, che significa “finire – terminare”. In ogni caso si trattava di una donna che procurava la morte a chi nella sofferenza, stentava a lasciare la vita terrena. Un compito arduo, su richiesta dell’ammalato o dei parenti, l’Accabadora dava una morte rapida e possibilmente indolore, senza ricevere nulla in cambio, solo qualche prodotto della terra.

Vestita di nero (di solito una vedova) agiva sempre di notte nella casa del malato, dopo aver allontanato tutti i parenti. La morte poteva arrivare in diversi modi, la donna toglieva dalla stanza del moribondo le immagini sacre, un impedimento al “trapasso”. Quando l’anima non si decideva ad abbandonare il corpo, l’Accabadora faceva uso di vari sistemi tra i quali il soffocamento con il cuscino, lo strangolamento o un colpo di mazzuola alla tempia.

Secondo la credenza le Accabadora avrebbero portato avanti la loro pietosa opera fino ai primi decenni del ‘900.

Una figura la cui esistenza è stata sempre messa in discussione dagli antropologi. Per alcuni erano solamente delle donne esperte in rituali magici, attraverso i quali avrebbero dovuto abbreviare l’agonia del malato.

Nell’indagine svolta da Guido Vincelli, “Una comunitá meridionale Montorio nei Frentani”, non si rileva tale figura (ma non è esclusa) nel territorio molisano, “perchè scomparsi dall’uso, i mezzi per accelerare una penosa agonia”. È menzionata però l’usanza di “togliere dalla persona del moribondo medaglie, collane, orecchini e amuleti con la convinzione che impediscano all’anima di uscire”. Quanto all’esistenza della figura dell’Accabadora, ho avuto testimonianza della sua presenza anche nel Salento, dove una donna col suo cupo vestito nero, per tanti anni ha svolto la sua delicata missione (Reato prescritto ad abundantiam).


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