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Dove oggi a Roma è Piazza Navona, l’imperatore Domiziano fece  costruire nell’86 d.C. lo Stadio,  primo edificio in muratura destinato alle gare di atletica. Qui  ogni quattro anni, alla maniera dei giochi olimpici in Grecia, si teneva il Certamen Capitolino Iovi che comprendeva gare musicali e battaglie navali per cui si costruì anche un Odeon e una Naumachia. Rivestito di stucco modanato con facciata e pilastri interni in travertino, decorato con statue, lo Stadio era lungo 275 metri e largo 106 e poteva accogliere sulle gradinate fino a 30.000 spettatori, secondo per capienza al Colosseo (50-60.000 posti). Nell’arena centrale in terra battuta si disputavano gare  di corsa, lotta, pugilato, lancio del disco e del giavellotto. Nel II secolo venne restaurato da   Alessandro Severo rimanendo  in funzione fino al VII.   

A partire dall’VIII secolo su di esso sorsero case, torri, oratori.   Papa Innocenzo X nel ‘600  trasformò il grande spazio nell’odierna Piazza Navona: dove un tempo c’erano i gradoni vennero costruiti chiese e palazzi lasciando libera l’area centrale corrispondente alla vecchia pista.     Le rovine dello Stadio di Domiziano dopo un accurato restauro, sono  oggi visitabili. Si trovano a 4,5 metri sotto il piano stradale nell’area compresa tra  Piazza Navona, Piazza di Tor sanguigna e Via di Tor sanguigna. Si possono ammirare le imponenti strutture della curva nord, le arcate sui pilastri dell’ingresso, gli ordini superiori dei gradoni, frammenti marmorei e camminamenti di stanze probabilmente destinate a negozi.     

L’area ospita fino al 15 aprile 2016 una mostra di straordinario interesse storico-archeologico:   “Symbola. Il potere dei simboli, recuperi archeologici della Guardia di Finanza”.  Dice il tenente colonnello Massimo Rossi: “Si tratta di   200 reperti rigorosamente inediti  e finora custoditi nei caveaux delle Forze dell’Ordine, recuperati dall’estero, soprattutto dalla  Svizzera, attraverso attività rogatoriale e con sequestri giudiziari sul territorio nazionale nel corso di operazioni a contrasto degli scavi clandestini”.  

Molti sono capolavori, purtroppo, per loro particolari vicissitudini, avulsi dal contesto storico originario, anche se il lavoro di studiosi ed esperti ha provveduto a ricostruire l’ambito culturale d’origine e le loro funzioni in rapporto alla comunità di appartenenza. La mostra vuole raccontare gli oggetti esposti in maniera differente, puntando i riflettori  non solo sulla bellezza e l’unicità  ma soprattutto sulla loro simbologia. C’è tutto un linguaggio da decodificare, una chiave di lettura che permette di leggere e comprendere i significati reconditi delle opere, istituendo un ponte  affascinante fra passato e presente. Simboli dunque come  chiave  interpretativa per un percorso espositivo che si articola in quattro diverse sezioni.   

La prima è dedicata al mondo  magico-religioso raccontato da molteplici opere, fra queste statuette egizie legate al culto orientale, un tintinnabulum a forma di fallo, degli ex-voto provenienti dalla Stipe votiva di Fontanacci,  probabilmente un santuario rupestre dove si svolgevano riti propiziatori per la fertilità femminile e legati al serpente sacro, l’animale totemico di Giunone Sospita a cui era dedicato il tempio di Lanuvio, come spiega il curatore della mostra, l’archeologo  Vincenzo Lemmo. Fra gli ex-voto sono in mostra uteri, falli, vesciche, mani, seni, un cavo orale, dei veri e propri “unica” nel repertorio delle riproduzioni anatomiche, ascrivibili dal IV  secolo a. C. al I d.C.    

Politica e società sono i temi esplorati  nella seconda sezione:  fra i reperti un elmo apulo-corinzio in bronzo del IV secolo a.C.,   cinturoni, punte di lancia e ancora manufatti di ceramica da toilette, statuette, busti, teste–ritratto. Da segnalare anche una consistente raccolta di monete, alcune risalenti al V secolo a.C.     

La terza sezione, legata al mondo funerario, propone crateri, anfore, vasi di  raffinata fattura con  simbologie a volte curiose come il vaso attico ateniese  su cui sono effigiati due giudici  e l’atleta vincitore premiato con il dono di un gallo simbolo di virilità, ma anche di omosessualità. Chiude il percorso  una sezione speciale dedicata all’alimentazione con vasi e piatti di produzione attica, olle in vetro soffiato, un servizio per il pesce di produzione apula ascrivibile al IV-III secolo a.C.  

La mostra, resa possibile dall’impegno e disponibilità del  Gruppo tutela patrimonio archeologico della Guardia di Finanza, è promossa dall’associazione culturale Vicus Italicus ed è organizzata dallo Stadio di Domiziano Via di Tor Sanguigna  3 (Piazza Navona). È in programma fino al 15 aprile 2016,  aperta tutti i giorni dalle 10 alle 19. (Info su www.stadiodomiziano.com).


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