A portrait of Italian-American philanthropist Maria Manetti Shrem by J. Henry Fair

Sotheby’s mette all’asta a NYC (16-19 maggio, 2023) l’ultimo lotto della collezione d’arte Manetti Shrem, “The Art of Giving” che conta opere di Picasso, Fontana, Dominguez, Redon, Nauman, Paladino, Matta etc. per supportare un’attività filantropica senza precedenti nella storia tra America e Italia. Luca Zuccalà intervista Maria Manetti Shrem, sull’importanza dell’arte e della filantopia.

LZ: L’importanza e il valore dell’arte e della cultura per lei e suo marito sono nevralgici. Qual è il filo rosso che illumina la vostra collezione? Ci può raccontare questa passione che parte dall’istruzione ricevuta?

MMS: Il valore della cultura è la base di tutto per me e mio marito. La mia vita nello specifico è cambiata radicalmente per via dell’istruzione scolastica che ho ricevuto da bambina grazie a un mio zio siciliano, Marcello, il quale suggerì a mia mamma di farmi studiare piuttosto che mandarmi a lavorare come tutte le altre ragazzine, perché aveva visto in me qualcosa di speciale da coltivare. Mia madre, Tosca, andando contro una tendenza delle famiglie modeste negli anni ‘50, decise così di “investire” nel talento di uno dei suoi 4 figli, fornendomi le basi culturali che hanno alimentato la mia curiosità per il sapere, i viaggi, la scoperta e la vita. Essendo, però, l’anno accademico già cominciato, l’opzione restava solo quella di un tutor privato. Fu allora un privilegio assoluto avere una maestra tutta per me: Flora Cascio, anche lei siciliana — non la dimenticherò mai! — la quale mi diede basi eccezionali per inserirmi presto a scuola, e subito dopo entrare nel mondo del lavoro con un’impresa di moda creata da me agli inizi degli anni ’60 per esportare le creazioni italiane in Europa e in America. Mio marito parla fluentemente sette lingue, un cultore dell’arte da sempre. Studiò architettura a UCLA perché il suo sogno era di fare l’architetto. Poi le vicende della vita lo portarono in Giappone e da lì il suo business di successo internazionale esplose invece nell’editoria. Ma l’arte è sempre stata la sua più grande passione, collezionando già dai primi anni ’70, sia arte moderna, sia arte contemporanea per quasi mezzo secolo. Jan ha avuto sempre una speciale predilezione per Redon, Matta e Dominguez, e ovviamente Dalì, Bacon, Moore, Fontana e Picasso, che comprò alla fine degli anni’ 90. Io, invece appassionata di opera lirica, ho iniziato a collezionare arte nei primi anni ’90, pensando a delle opere scultoree di una certa dimensione per la grande villa toscana che avevo deciso di costruire a Napa, Villa Mille Rose. Per qualche mistero mi sono ritrovata a collezionare molti artisti inglesi: tra questi ho cominciato con Mark Quinn e Richard Long, mentre fra le ultime opere che ho comprato c’è una scultura di Not Vital. Ora vanno tutte all’asta da Sotheby’s a New York dal 16 al 19 maggio. Per quanto diversi, io e mio marito abbiamo sempre trovato nell’istinto il nostro rispettivo “sesto senso” di collezionisti. Se un’opera ci parla, ci trasmette delle emozioni, è lì che puntiamo con il cuore: i colori, la luce, la forma, la provocazione e la sensualità che l’artista riesce a esprimere.

LZ: A 15 anni la folgorazione della Bohème che ha illuminato la sua sensibilità artistica espressa nella declinazione musicale – “mi ha sollevato l’anima…” – dove l’ha portata questa innata empatia? Come l’ha condizionata nelle sue scelte e nella visione della vita intera?

MMS: Sono nata a Firenze il giorno in cui Mussolini ha siglato “il patto d’acciaio” con Hitler, trascinando il Bel Paese nella Seconda Guerra Mondiale, avvolgendoci in un clima di povertà, morte, paura e incertezza. Mi sono innamorata dell’opera a 15 anni ascoltando Tebaldi cantare Mimì in Bohème al Maggio Musicale Fiorentino. Da quella sera l’opera è entrata nella mia vita per sempre, alimentando le mie emozioni e la mia passione romantica per la vita. Lo scorso 3 dicembre la San Francisco Opera, in occasione del mio cinquantenario in America, mi ha tributato sul palco, mano in mano con gli artisti alla fine dell’ultima replica de “La Traviata”, la più grande onorificenza della comunità, “The Spirit of the Opera” per il mio continuo e sempre crescente contributo a questa ammirevole organizzazione culturale creata 100 anni fa da un italiano come Gaetano Merola e altri “italofili” amanti dell’opera. Quella sera ho provato una delle emozioni più forti della mia vita. American Dream? Niente male considerando che 50 anni prima stavo in piedi in fondo al teatro, pagando pochi dollari pur di vedere e ascoltare l’opera. La Città e la Contea di San Francisco, oltre ad aver proclamato in nome mio e di mio marito un giorno dell’anno dedicato alla filantropia (22 giugno), ha anche illuminato con il Tricolore la cupola del comune per onorare la mia attività filantropica. Un fatto unico, considerato che normalmente la “rotunda” si colora solo per cause globali e nazionali, o per capi di stato in visita in città. Di tutto questo devo speciale riconoscimento al lavoro eccezionale del mio biografo, collaboratore e stratega per l’attività filantropica, Mauro Aprile Zanetti – un uomo del Rinascimento! – che in questi ultimi anni con uno storytelling multimediale sartoriale ha messo la mia “storia” e il relativo “impatto culturale e sociale” al centro della mia attività filantropica. 

Maria Manetti Shrem, her biographer Mauro Aprile Zanetti and Margot Robbie (Photo: Drew Altizer)

LZ: L’asta, che si terrà il 16-19 maggio a NYC, è stata affidata a Sotheby’s su consulenza artistica di Gagosian Gallery guidata da Laura Paulson, ed è intitolata “The Art of Giving”, seguendo uno storytelling creato dal team diretto da Mauro Aprile Zanetti. Parte del ricavato andrà in beneficienza. Ci può dire qualcosa delle opere che andranno all’asta, aneddoti e curiosità?

MMS: Alla fine della scorsa estate ho affidato alla divisione consulting di Gagosian Gallery, guidata da Laura Paulson, di gestire insieme al mio philanthropy strategist e biografo, Mauro Aprile Zanetti, la competizione tra le case d’asta Christie’s e Sotheby’s. Quest’ultima, dopo una lunga e dettagliata raccolta di dati, informazioni e storytelling sulla mia vita creato da Mauro, si è aggiudicata il nostro “auction lot”, presentando un piano completo di un’offerta che meglio valorizzava le opere e le nostre aspettative di marketing e comunicazione. I proventi dell’asta andranno in un fondo dedicato, i cui ricavi verranno devoluti tra gli oltre 45 programmi di beneficienza che sosteniamo in USA, Italia, UK, Francia e Messico, spaziando dal mondo operistico e sinfonico all’istruzione, dall’arte alla ricerca medico-scientifica a supporto di talenti e persone più bisognose. Ritornando a casa mia a San Francisco da un recente viaggio in Cile, ho sentito quel vuoto per l’assenza soprattutto del Picasso e di Dominguez, a cui ero più particolarmente affezionata. Ma quando ho pensato all’impatto che possiamo creare con la loro vendita per dare supporto alla ricerca artistica e scientifica, il mio cuore si è riempito di una gioia ancora più grande di quella parete bianca. Mauro poi mi ha fatto sorridere, scherzandoci sopra, commentando in merito al muro bianco: “Adesso hai anche un bel Malevich, ‘Bianco su bianco’”. In fondo, io e Jan abbiamo goduto di questa arte per buona parte della nostra vita; ora è tempo di dare indietro agli altri parte della fortuna che siamo riusciti a creare dal nulla.

LZ: “Dare il tempo…” e la capacità di “vedere oltre”. Da dove nasce, deriva questo amore per il prossimo, che le fa dire che “l’arte della vita è l’arte di saper donare”, nella fattispecie per supportare i talenti e i più bisognosi? Qual è la missione a questa altezza della sua vita, dopo essere stata una business woman di successo mondiale con la moda (Gucci, Fendi e Mark Cross in USA), una collezionista e appassionata d’arte insieme a suo marito Jan Shrem, e un’amante dell’opera sin da bambina?

MMS: Ho imparato da piccola grazie alla mia famiglia l’empatia e l’amore per il prossimo, ma solo molto più tardi nella mia vita, in seguito a grandi dolori personali, ho conosciuto il Buddismo e cominciato un percorso dedicato alla “compassione” e al “distacco” dalle cose materiali. Credo fermamente che l’arte di vivere coincida con l’arte di donare.Da oltre una dozzina di anni sono completamente dedita alla filantropia, letteralmente intesa come “amore per l’umanità”, supportando in maniera continua diverse fondazioni con i profitti delle opere d’arte della nostra collezione e di proprietà personali che ho messo in vendita. 

LZ: Maria, lo possiamo dire, delle 17 opere in asta lei è la vera e propria “diciottesima opera”, grazie alla sua “missione” di mecenatismo e beneficenza… e una vita romantica e visionaria di chi ha rischiato tanto, continuando a reinventarsi.

MMS: L’auction volutamente non ha solo il nome dei collezionisti, Manetti-Shrem, ma persino un titolo, “The Art of Giving” — come indicato strategicamente da Mauro – è evidente, dunque, che lo storytelling multimediale creato insieme a Sotheby’s e Gagosian non fa mistero di voler mettere al centro di questa collezione la mia “arte di vivere come arte di donare”, la mia storia di sognatrice. A questa altezza della mia vita, io specificamente perseguo il “distacco” dai beni materiali come mia ultima grande missione. Poter anche fare del bene e indicare la strada ad altri filantropi con il mio esempio completa l’opera di una vita dedicata alla ricerca della bellezza, del bene e dell’amore, ora più che mai l’amore verso il prossimo. Filantropia non vuol dire per l’appunto “amore per l’umanità”?

LZ: Quali sono i settori e le relative maggiori fondazioni che beneficiano del vostro supporto?

MMS: Il mio sostegno va particolarmente ai talenti nel campo dell’istruzione, della musica, dell’arte e della ricerca medico-scientifica in soccorso dei più bisognosi quali le persone anziane con malattie neuro-degenerative, e dei più piccoli e indifesi. Oggi diamo supporto a oltre 30 fondazioni e organizzazioni tra USA (San Francisco Bay Area e New York) e Europa (Italia, UK, Francia), contando complessivamente più di 45 programmi dedicati. L’istruzione, innanzitutto: tra questi la University of California di Davis è il principale beneficiario, dove abbiamo anche creato un museo di arte contemporanea nel 2016, e che nel 2022 ArtNews ha messo nella lista delle “25 migliori architetture museali al mondo degli ultimi 100 anni”; la Royal Drawing School di King Charles III, Cabo Jewish Center, ArtSmart, Comites SF; la musica con particolare sostegno al MET Opera, SF Opera, Festival Napa Valley, CalPerformances, Maggio Musicale Fiorentino, San Francisco Symphony, KQED, Mascarade, etc.; l’arte e il cinema, tra cui annoveriamo SFMoMA, la Fondazione Palazzo Strozzi, Museo Novecento di Firenze, il Fine Art Museums di San Francisco (i musei de Young e Legion of Honor), SFFilm, Cinema Italia San Francisco, il FAI, Friends of the Louvre, Friends of Versailles e The Venetian Heritage, etc.; e la ricerca medico-scientifica con ospedali tra cui l’ortopedia e la Neurology Clinic di UCSF (oggi il dipartimento di neurologia n. 1 in America), la cardiologia presso l’ospedale CPMC, e l’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze in collaborazione con Andrea Bocelli Foundation, di cui sono anche Ambassador nel mondo, sostenendo molte delle loro iniziative a supporto dell’istruzione in paesi terremotati e delle masterclass per formare nuovi artisti musicali.

LZ: Mauro Aprile Zanetti sta curando un biopic sulla sua vita. Qual è la missione di questo documentario?

MMS: Ho scelto Mauro anni fa con l’idea di scrivere e creare un biopic sulla mia vita, avendo lui un’eccezionale conoscenza della cultura italiana e di quella americana, in cui la mia vita si incastona perfettamente tra: sentimento del Rinascimento, cioè la mia Firenze e il profondo “cultural background” che mi ha dato; e il “California dreaming” incarnato dalla mia San Francisco e dal sogno americano, che sono riuscita a creare, vivere e condividere con più persone possibili, sostenendo la meritocrazia. L’idea è di raccontare come io mi sia sempre dovuta reinventare sin da ragazzina; successivamente da giovane donna rinunciando a tutto quanto avevo creato nella mia adorata Firenze, consapevole di dover ripartire da zero pur di seguire il mio cuore nel nuovo mondo; e infine da signora, dovendo imparare di gran corsa e nelle difficoltà di un cuore infranto a saper gestire i miei asset. Tuttavia, ho sempre continuato a sognare con determinazione e resilienza, vivendo la vita nella sua meravigliosa pienezza, illuminata dalla bellezza dell’opera lirica e dell’arte, dall’amicizia e dall’amore. Pertanto, vorrei poter motivare i giovani e più persone possibili a vivere la vita da protagonisti: sognando in grande, senza aver paura; incoraggiandoli a trovare la propria voce e usarla con entusiasmo, a non mollare mai e a reinventarsi; oltre che mostrare ad altri benestanti quanto bene si possa fare per l’umanità, condividendo persino una piccola parte della propria fortuna da vivi –“dando con la mano calda e non da morti” come piace dire a me –, per rendere il mondo un posto un po’ migliore, qui e adesso, non domani.

Maria Manetti Shrem with Mauro Aprile Zanetti and his wife Eva (Photo: Drew Altizer)

LZ: Cosa rappresenta Firenze per lei, oltre ad essere la sua città natale?

MMS: Firenze, insieme a San Francisco, è il luogo dove il mio cuore si riempie di gioia oltre ogni misura. Ogni volta che vi trascorro tempo (3-4 volte l’anno), avendo casa a Palazzo Tornabuoni – dove la prima opera lirica della storia, “Dafne” di Jacopo Peri, fu eseguita alla fine del ‘500 –, sono felice come una bambina in un luna park fatto della più raffinata arte del Rinascimento. Si tratta obbiettivamente di una delle città più belle e ricche di arte al mondo, dove l’arte e la bellezza mi hanno sempre nutrita e protetta, facendomi sognare e immaginare oltre… elevando naturalmente la mia sensibilità artistica e l’empatia per il prossimo, influenzando la mia vita sempre verso ricerca del bello, del bene e del buono.


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