Non ci si stanca mai di ritornare in luoghi incantevoli, come questo della missione San Carlos Borromeo, meglio conosciuta come “il Carmel”. 
 
Il  fascino del Carmel sta in una magnificenza di colori e profumi, di storia antica e arte sacra, valori immutati nel tempo che scorre veloce. Bellezza e silenzio, conoscenza e meditazione sono ristori benefici al fisico e allo spirito. 
 
La California, nonostante la congestione di metropoli come Los Angeles, San Francisco, San Diego, la capitale Sacramento, preserva con amore queste oasi di pace. Qui affondano le radici di una regione sovrabbondante di benessere grazie ai prodotti agricoli e alle ricche risorse naturali rivolte a crescita e rinnovamento. Qui ci si può e ci si deve fermare per riflettere. Riprendendo poi il cammino motivati da ragioni ideali oltre che da esigenze concrete. Gli americani, anche i non credenti, tengono in altissima considerazione i luoghi delle missioni. Sono “gioielli” da custodire e valorizzare: per se stessi e per i molti visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
 
Perchè “Carmel”? 
Il nome si spiega con la sosta di alcuni frati carmelitani che oltre quattro secoli fa, era il 1602, al seguito di una spedizione guidata da Sebastiano Vizcaino e approdata nella splendida baia di Monterey vi celebrarono la prima messa all’ombra di un albero di quercia. La stessa frondosa quercia sotto la quale quasi un secolo dopo, la domenica del 3 giugno 1770, il missionario francescano Junipero Serra celebrò un’altra messa e piantò la croce fondando la seconda missione dell’alta California. La prima, l’anno precedente, era stata San Diego, poco a nord della bassa California, penisola dove i gesuiti avevano avviato una serie di missioni (centri comunitari e fattorie agricole) prima di essere ingiustamente e violentemente espulsi dal regno di Spagna e dai relativi territori. 
  La missione di San Carlos Borromeo, il Carmel, in California

  La missione di San Carlos Borromeo, il Carmel, in California

Delle 21 missioni nord-californiane disseminate lungo i circa mille chilometri del “Camino Real” tra San Diego a Sonoma, questa del Carmel fu la preferita del padre fondatore che vi aveva posto il suo quartier generale. Qui, nel complesso della basilica minore, è sepolto il corpo del beato Serra: a pochi passi dalla cella spartana e accanto alla prima preziosa biblioteca della California. 
 
Miguel José Serra era nato nel 1713 a Petra, isola di Majorca. A 16 anni era entrato nel convento dei francescani di Palma e a 25 era stato ordinato sacerdote. Aveva scelto di chiamarsi Junipero, come il più umile dei seguaci di San Francesco. Diventato professore di filosofia e di teologia, aveva privilegiato la vita missionaria e l’avventura evangelizzatrice della Nuova Spagna, il territorio d’oltreoceano conquistato dagli spagnoli. A 56 anni gli fu affidato il compito di sostituire i gesuiti in Bassa California e di estendere le missioni verso nord, in parallelo con la dislocazione di presidi militari lungo le coste dell’Alta California. 
 
Permanente in lui era il ricordo del paese natale e della chiesa di San Bernardino in Petra dov’era maturata la sua vocazione, davanti agli altari con le raffigurazioni dei principali santi francescani. Dalle cronache si deduce che sua preoccupazione principale fu la cura degli indigeni, ai quali trasmettere non solo la dottrina cristiana, ma le specifiche tecnologie per organizzare l’agricoltura, la coltura del bestiame, la costruzione di edifici nei villaggi comunitari, il gusto e la gioia di potersi esprimere tramite l’abilità artigiana e le varie forme d’arte.
 
Colpisce, visitando le Californie, l’altissimo numero di nomi di santi attribuito a città e villaggi, fiumi e baie, vallate e montagne. Era infatti usanza di spagnoli e messicani battezzare le località raggiunte con il nome del santo del giorno. 
 
Nel caso dei nuovi complessi missionari, il vicerè in carica demandava la scelta della denominazione ai religiosi responsabili. Su 21 missioni, ben sette portano il nome di frati francescani: San Diego de Alcalà, San Juan Capistrano, San Buenaventura, San Luis Obispo de Tolosa, San Antonio de Padua, San Francisco de Asis, San Francisco Solano. Una missione è dedicata ad una monaca francescana, Santa Chiara, ed altre tre a terziari francescani: San Luis Rey de Fran-cia, San Fernando Rey de Espana e San Carlos Borromeo. 
 
Al culto per l’Immacolata fa riferimento La Purisima Conception de Maria Santisima mentre alle sofferenze della Madonna si intitola la Nuestra Senora Dolorosisima de La Soledad (tutti i nomi sono riportati nella loro scrittura originaria e restano tali, oggi, nonostante la dominante lingua inglese). A San Giuseppe, sposo di Maria e padre putativo di Gesù, è intitolata la missione San Josè; all’eremita precursore di Gesù, figlio di Elisabetta e di Zaccaria, la San Juan Bautista, mentre Santa Cruz richiama il simbolo cristiano per eccellenza, la croce sulla quale morì il Cristo. Ai tre arcangeli della sacra scrittura sono dedicate le missioni di San Gabriel, San Miguel e San Rafael. Commemorate anche due vergini martiri cristiane nei complessi di Santa Ines (sant’A-gnese vergine e martire, la santa Maria Goretti dei tempi di Diocleziano) e Santa Barbara, il cui culto è diffusissimo nonostante ne sia stata di recente messa in dubbio l’esistenza. 
 
La tradizione dice che Barbara fosse figlia del pagano Dioscoro di Nicomedia al servizio dell’imperatore Massimiano. Scopertane la conversione al cristianesimo, il padre infuriato la consegnò ai carnefici decapitandola quindi egli stesso, che fu istantaneamente incenerito da un fulmine. Barbara è la patrona dei vigili del fuoco, ma anche di carpentieri, artificieri, artiglieri, minatori e moribondi.
 
Tra i santi patroni laici delle missioni spiccano i nomi di due monarchi: San Fernando re di Spagna e San Luigi re di Francia. Legati da vincoli di parentela (Ferdinando III era zio di Luigi, essendo fratello di Bianca di Castiglia, reggente durante la minore età del futuro Luigi IX) ambedue i regnanti dimostrarono giustizia e compassione, conducendo una vita ispirata alla regola del terz’ordine di San Francesco. 
 
Nipote di Luigi IX di Francia e pronipote di santa Elisabetta di Ungheria era l’altro Luigi, il santo vescovo di Tolosa, che aveva rinunciato alla successione al regno d’Angiò e di Napoli per farsi frate francescano. Anche tra i regnanti potevano esserci modelli di virtù e di perfezione cristiana. 
 
Oggi, in tempi democratici e repubblicani, i santi laici emergono tra la gente comune, sono padri e madri di famiglia, educatori di giovani, lavoratori responsabili e professionisti generosi. Apostoli della carità e del vangelo incarnato, ne troviamo esempi, tra l’altro, in Giuseppe Moscati (il medico santo di Napoli) e in Josemaria Escrivà de Balanguer (il propagatore della vita santa dei laici). 
 
I religiosi poi si chiamano Giovanbattista Scalabrini, Daniele Comboni, Maria Bertilla Boscardin, Edith Stein, patrona d’Europa, e ancora Padre Pio da Petralcina, Madre Teresa di Calcutta…
Santi anche gli indigeni – un tempo sconosciuti e sottostimati, come il guatemalteco Hermano Pedro e i messicani Juan Diego, Juan Bautista e Jacinto de los Angeles. 
 
Quali missioni dedicare loro oggi, negli anni Duemila dopo Cristo?
Ma qui, al Carmel, è venerato soprattutto San Carlo Borromeo, la cui ricorrenza cade il 4 novembre. Nato ad Arona in Piemonte da nobili genitori, la madre era Margherita de’ Medici, fu segretario di stato di Pio IV prima di diventare arcivescono di Milano. Le cronache ne parlano come di un “riformatore dell’amministrazione…. attentissimo ai poveri e ai malati che visitava personalmente, conducendo una vita di esemplare pietà ed umiltà”. Anch’egli era terziario francescano; e per di più italianissimo, come gli umbri Francesco e Chiara d’Assisi, il laziale Bonaventura da Bagnoregio, l’abruzzese Giovanni Capistrano e la giovanissima romana Agnese. Ad Arona, dominante il lago Maggiore, una colossale statua ricorda il suo santo figlio. 
 
Dalle sponde del Pacifico, da questa splendida baia di Monterey, è bello immaginare un legame ideale tra il magico Carmel e l’Italia geograficamente tanto lontana.
 

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