Lo spettacolare paesaggio della gravina che circonda l’abitato di Ginosa (Ph DiegoFiore da Dreamstime.com)

Viaggio in aereo fino a Bari o in treno fino a Lecce. Poi un pizzico di avventura e un tanta voglia di scoprire un territorio che ama nascondersi al sole. E’ questa la ricetta per scoprire un angolo d’Italia che ti guarda dal basso in alto e che si nasconde agli sguardi superficiali. Racchiusa entro il perimetro dei comuni di Gravina in Puglia, Altamura, Santeramo in Colle, Laterza, Ginosa, Castellaneta, Palagianello, Mottola, Massafra, Crispiano, Statte, Montemesola e Grottaglie, c’è una Puglia differente pronta ad offrirsi a chi vuole conoscere lo straordinario patrimionio ipogeo della civiltà rupestre.

Quello che attende chi arriva è un viaggio all’incontrario: ogni chilometro percorso equivale a una camminata a ritroso nel tempo, ogni metro disceso permette di scoprire graffiti e dipinti di elevata fattura, permettendo di dare un nuovo senso alla bellezza della terra pugliese. Quella di una terra ricca di fascino sopra e sotto la superficie terrestre. Formati dai canali d’impluvio che dal pianoro delle Murge scendevano al mare, gli spettacolari canyon e le suggestive gravine scavati nella roccia tufacea hanno permesso, dal periodo Neolitico fino agli anni ’50, il fiorire di una civiltà “sotterranea” di straordinario fascino e disegnando un itinerario che nessun tour operator offre al turismo di massa. Ci vuole curiosità e un po’ di allenamento per scendere sotto la superficie della terra alla ricerca di una civiltà di origini orientali capace di disegnare straordinarie testimonianze artistiche nel percorso delle grotte dipinte. Ma qualsiasi fatica verrà ripagata da un’esperienza unica nel suo genere, capace di rimanere nei ricordi come una tappa straordinaria di un viaggio nell’Italia lontana dai riflettori.

Quella nata tra le rocce delle Murge è una storia fatta di molti capitoli, che prende avvio dall’epoca preistorica ma che trova nel medioevo (dal VI al XIII) le pagine più intense. Gli insediamenti ipogei nacquero infatti per permettere si sfuggire ai pericoli in un’epoca in cui il crollo dell’Impero Romano di Occidente aveva lasciato il vuoto amministrativo e sociale, lasciando campo a invasioni di popoli in armi (prima i Goti, poi i Longobardi e i Saraceni) e a tragici saccheggi e razzie.

Chi scelse di scendere nelle grotte lo fece innanzi tutto per salvare la propria vita per poi adattarsi al nuovo ambiente e trasformarlo in una comunità organizzata. E la maggior espressione di tale comunità coincise con in manufatti adibiti per il culto. Gli abitanti delle grotte usarono nel migliore dei modi la protezione del territorio carsico e innestarono nell’habitat rupestre le loro tecniche costruttive per dare vita a cripte e chiese rupestri, perfettamente mimetizzate dalla vegetazione sovrastante. Il materiale dello scavo delle grotte veniva riutilizzato per costruire le case-grotta, le fortificazioni, e i muri a secco di contenimento. Un ingegnoso sistema di raccolta e canalizzazione delle acque piovane in cisterne consentiva un’autonomia idrica.

I successivi periodi di relativa tranquillità sociale portarono ad abbandonare gli insediamenti rupestri per un graduale ritorno alla vita di superficie, relegando i manufatti a semplici ricordi e solo in epoca temporanea un’attenta ricerca ha permesso di riscoprire ben 97 differenti località attestanti la presenza di insediamenti rupestri con 400 insediamenti tra villaggi, santuari, chiese, cripte e complessi produttivi. Una vera e propria Puglia sotterranea pronta a stupire ancora una volta chi volesse scegliere questa terra per le proprie vacanze o per un viaggio culturale.
Pienamente inseriti nel sistema viario territoriale, gli insediamenti rupestri offrono molte sfumature costruttive e delineano pagine di una storia parallela a quella vissuta in superficie, permettendo di scoprire angoli di grande fascino. Quello che parte da Massafra e si snoda attraverso Mottola, Castellaneta, Laterza e Ginosa, viene definito ad esempio il precorso delle “grotte dipinte”, in cui è possibile ammirare affreschi e cripte suggestive come quelle di Massafra.

Costruita sull’antico nucleo ipogeo, Massafra si distingue tra tipiche cittadine mediterranee, con le sue case che spesso, nascondono la rusticità dei muri quasi sempre scavati nella roccia tufacea a mala pena intonacati. Il vecchio centro abitato è delineato dalla gravina, ed è costituito in molte zone dalle case-grotte, solitamente due ambienti: uno naturale, la grotta appunto, e la parte edificata.
La gravina San Marco offre ai visitatori un villaggio rupestre abbandonato nel XV secolo. Nei resti dei villaggi sono ancora evidenti i segni della primitiva organizzazione urbana (percorsi, sentieri, rampe di scale, depositi di sementi, sistemi di canalizzazione e raccolte dell’acqua piovana, strutture produttive quali frantoi e trappeti) mentre grande fascino presentano le tre chiese di Santa Marina, San Marco e la più nota cripta della Candelora. La gravina della Scala ospita il mistico santuario della Madonna della Scala (cui si accede da una scala formata da un centinaio di gradini), la chiesa rupestre Madonna della Buona Nuova, le misteriose grotte del Ciclope e del mago Greguro.

Mottola si offre ai visitatori con le sue “grotte di Dio” scavate nei valloni, tra le quali spicca la cripta di S.Nicola, definita anche Cappella Sistina della civiltà rupestre per il numero e la qualità degli affreschi presenti, caratterizzati fortemente dall’influsso artistico bizantino (vi si possono ammirare i temi tipici delle dodici feste del calendario bizantino e il Cristo Pantocratore) impresso presumibilmente da monaci greci giunti dall’Oriente e in fuga dalla furia iconoclasta di papa Leone III.

Le gravine di Castellaneta rappresentano di per sé uno spettacolo affascinante facendo confluire nel fiume Lato le acque che si raccolgono durante le piogge. La Gravina di Castellaneta o Gravina Grande cinge il borgo antico e rappresenta una delle più grandi e spettacolari gravine della Puglia, con sue svariate anse e una profondità massima di 145 metri. La Gravina del Porto (nei pressi di Montursi) ospita Dolmen e il villaggio peuceta de La Castelluccia. La Gravina di Coriglione, accoglie l’insediamento rupestre di Santa Maria di Costantinopoli Santa Maria del Pesco, posta sul ciglio della Gravina Grande (al suo interno è stato trovato il dipinto La Madonna con il Bambino del XIII secolo), Santa Maria del Soccorso, Santa Lucia, Santa Maria di Costantinopoli (divisa in tre navate con resti di decorazioni e affreschi sulle pareti), Mater Christi, Padre Eterno (cripta ipogea a tre navate irregolari con affreschi Bizantini), Santo Stefano. Nell’omonima Gravina, San Michele Arcangelo (affreschi di San Michele, e una Madonna con Bambino), Ovile Vecchio, Santa Maria del Porto (racchiusa nella masseria dallo stesso nome) rappresentano lo straordinario percorso che conduce all’ultima tappa di Ginosa. L’antica Genusium, posta tra Taranto e Metaponto e capitale della Magna Grecia e famosa per aver dato asilo a Pitagora, permette di ammirare la chiesa rupestre di Ecce Homo, sulle cui pareti vi sono fregi pittorici raffiguranti degli atleti ed altre decorazioni di età ellenistica.

IL PARCO DELLA TERRA DELLE GRAVINE – Le consistenti altezze e le notevoli pendenze dei versanti delle gravine, nonché il particolare microclima, hanno permesso nel tempo la conservazione di habitat straordinariamente ricchi, sia come flora che come fauna e microfauna. Anche per questo motivo, il perimetro contenente i 400 insediamenti rupestri è stato eletto nel 20 dicembre 2005 Parco regionale delle Terre delle Gravine, permettendo di ospitare, ricchezze naturalistiche e fenomeni carsici di grande rilevanza, e un patrimonio di biodiversità di straordinario valore. Nelle gravine sono presenti piante tipiche dell’area mediterranea come il leccio, il pino d’Aleppo, il corbezzolo, il frassino, il carrubo, l’acero selvatico e l’asparago selvatico. Ma lungo i ripidi pendii crescono anche orchidee spontanee, il caprifoglio, i ciclamini, il biancospino, rose selvatiche, il melograno, il cotogno e il fico d’india. In questo particolare Habitat vivono diversi rapaci di piccola taglia come il lanario, il grillaio e il gheppio, oltre al nibbio bruno, alla poiana, al biancone, al gufo comune e a rarissime specie di capovaccaio (avvoltoio degli Egizi).

I cieli del Parco sono attraversati anche da corvi imperiali, rondoni, barbagianni, civette e cinciallegre. Di notte è facile trovarsi di fronte a pipistrelli. Farfalle rarissime vi trovano il loro habitat congeniale. Tipico abitante delle gravine meridionali è l’ululone dal ventre giallo, ma negli stagni è possibile imbattersi anche in rane, tritoni e rospi. Volpi, istrici, tassi, cinghiali e piccoli roditori quali il moscardino rappresentano la fauna mammifera del parco, popolata anche dai rettili quali il cervone e la vipera, la lucertola e la tartaruga. Di origine balcanica ma perfettamente a suo agio nel particolare microclima è il geco di Kotschy, chiamato popolarmente lucertola m’bracidita o fracitana (lucertola marcia).


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