Giorgio Parisi in La Sapienza University’s Aula Magna celebrates his Nobel Prize win. Photo: Sapienza Università di Roma/Stefania Sepulcri)

L’Italo-Americano could launch an international prize in Italian identity. And we could do it with good reason, considering we’ve been promoting and giving voice to Italian culture, language, identitarian dimension, and the immense heritage of the Italian-American community for 113 years. In this year of rebirth, of slow but confident recovery after the heavy pandemic setback, we could begin to consider October, the Month of Italian Heritage, as the right moment to thank, from these pages, those who give excellent reasons to be proud of our tricolore. This year, Italy and the West Coast have good reasons to celebrate: the Nobel Prize in physics went to Giorgio Parisi and Italy’s research, while the LA skyline can be proud of its new, wonderful Academy Museum, a symbol of new beginnings for the cinema, culture and tourist industry, which is key to the city’s identity. Yes, we could award the Nobel-winning theoretical physicist and starchitect Renzo Piano.

Two personalities doubly connected.

Renzo Piano (Photo: RPBW/Stefano Goldberg)

First in their origins. Parisi’s father and grandfather were construction workers and young Giorgio was encouraged to become an engineer. But he was more attracted by the complex abstractions of his science and mathematics books and wanted to study something innovative. He was attracted by the adventurous nature of researchers, who consider physics the field where the most difficult intellectual challenges are played. Renzo Piano also comes from a family of construction workers that allowed him to understand “construction site life” at a very young age and to practice the profession. He was selected as one of the 100 most influential people in the world and won the Pritzker Prize, which is considered as a Nobel in architecture: to win it, you need a combination of talent, vision, and commitment, and you must be able to give consistent and significant contributions to humanity and the environment through the art of architecture.

The second connection comes from their award-winning career: both, to achieve their precious results, always had their heads in the clouds. Yes, we could launch L’Italo-Americano award by transforming that “… and the Oscar goes to …” into ” … and the head in the clouds goes to …”.

This is a beautiful Italian expression we use when someone is thinking about something, distracted, absorbed in their thoughts, disconnected from reality, and we want them to come back to earth and get back in touch with the world around them. But it’s amazing to think that up there, in the clouds, lies the visionary ability to find solutions and ideas that no one has ever had, and there is enough distance to analyze problems, to evaluate and ponder them, to find the right solution.

Up there, where we can breathe oxygen and not pollution, our eyes enjoy a panorama that goes well beyond what has been seen, built, discovered, and known already. Basically, among those clouds, we can be creative and genial, we can fly and we can think deeply. But after the illumination, it’s time to come back to Earth. Abstraction, intuition, geniality must set down their roots somewhere, just like an absent-minded person must return to concentrate on the work they were doing. Yet, that look, that staring into space with a dreamy or thoughtful expression is precious, because it heralds something new, it heralds creative outcomes.

Parisi and Piano, each in their field, are just like that, with their heads up in the clouds, ready to write new stories, to trace new avenues for the world to follow. Just like Socrates in Aristophanes’ The Clouds, represented for the first time in Athens in 423 BC. Back then, philosophers and thinkers were leading an intellectual revolution that was at the origin of European culture as we know it, but that was viewed with suspicion in the city’s most conservative circles, which considered it a threat to official religion and traditional values. Aristophanes, who was a traditionalist and against new philosophies, gave us a Socrates suspended in the air inside a basket. The philosopher would explain that being up there allowed him to free his mind and let his thoughts fly high up in the air, and that, by doing so, he could make incredible discoveries. Almost 2500 years later, it’s evident that Aristophanes has been punished by his own very parody and the lesson to learn is clear: not everyone can overthrow traditional values systems, but who does it leaves a mark, just like Socrates.


L’Italo-Americano
potrebbe lanciare il premio internazionale all’Identità Italiana. Potrebbe farlo a ragion veduta, con la forza dei suoi 113 anni di storia nel dar voce e promuovere la cultura, la lingua, la dimensione identitaria e il patrimonio gigantesco che ruota attorno alla comunità italoamericana.

In questo anno di rinascita, di lenta ma fiduciosa ripresa dopo la pesante battuta d’arresto pandemica, potremmo cominciare a considerare ottobre, Mese del Patrimonio Italiano, come il momento propizio per ringraziare, da queste pagine, chi dà ottime ragioni di orgoglio tricolore.

Quest’anno l’Italia e la West Coast possono festeggiare a ragion veduta: il premio Nobel per la Fisica è andato a Giorgio Parisi e alla ricerca accademica del Belpaese e lo skyline di Los Angeles può vantare un nuovo, meraviglioso, Museo dell’Academy che è un punto di ripartenza per un’industria cinematografica, culturale e turistica essenziale per l’identità metropolitana. Ecco, potremmo premiare il fisico teorico neo-vincitore del Nobel e l’archistar Renzo Piano.

Due personalità curiosamente legate da un doppio fil rouge.

Il primo sta nelle origini. Il padre e il nonno di Parisi erano operai edili e il giovane Giorgio fu incoraggiato a diventare ingegnere. Ma lui era attratto dalle complicate astrazioni che leggeva nei libri di scienza e matematica e voleva fare studi innovativi, attratto dalla natura avventurosa del ricercatore che vede la fisica come il terreno su cui giocare la sfida intellettuale al più alto livello. Allo stesso modo arriva da una famiglia di costruttori edili che gli ha subito dato la possibilità di conoscere la vita di cantiere e di esercitare la professione, Piano, inserito tra le 100 personalità più influenti al mondo e vincitore del Pritzker, considerato il Nobel dell’architettura perché chi lo vince è una combinazione di talento, visione e impegno, capace di produrre contributi consistenti e significativi per l’umanità e l’ambiente costruito attraverso l’arte dell’architettura.

Il secondo filo rosso sta negli esiti di una pluripremiata carriera: entrambi, per inanellare i preziosi risultati, hanno sempre avuto una meravigliosa testa fra le nuvole. Ecco sì, potremmo lanciare il premio de L’Italo-Americano trasformando quel “The Oscar goes to…” in “The head in the clouds goes to…”.

Perché è un bellissimo modo di dire italiano che si usa per chiedere a qualcuno che è sovrappensiero, distratto, assorto nei suoi pensieri, distaccato dalla realtà di tornare giù sulla terra e di relazionarsi con te o con il mondo circostante. Ma è bellissimo pensare che lassù tra le nuvole c’è la capacità visionaria di trovare soluzioni e idee che nessuno aveva avuto prima, c’è quella distanza necessaria per esaminare i problemi, considerarli, soppesarli, valutarli, con distacco e ponderatezza, e tirare fuori la soluzione corretta. Là dove si respira ossigeno e non smog, si gode di un panorama che supera tutto quello che è già stato visto, costruito, scoperto e conosciuto. Insomma, tra quelle nuvole si può essere creativi e geniali, volare alto e concentrarsi.

Poi però, dopo l’idea brillante, occorre tornare giù. L’astrazione, l’intuizione, il lampo geniale devono mettere radici, così come una persona distratta deve tornare a concentrarsi sul lavoro che stava facendo. Ma quell’immagine tipica di chi fissa il vuoto con l’espressione sognante o pensierosa è preziosa perché foriera di novità, preannuncia esiti creativi.

Parisi e Piano, ciascuno nel proprio ambito di ricerca, è con la testa fra le nuvole a scrivere nuove storie, a tracciare nuove strade.

Proprio come Socrate con le Nuvole di Aristofane nella commedia andata in scena per la prima volta ad Atene nel 423 a.C.

Filosofi e pensatori stavano dando vita ad una rivoluzione del pensiero che sarebbe stata alla base della cultura europea nei millenni successivi, ma che veniva vista con sospetto negli ambienti più conservatori della città, che vedevano minacciati la religione ufficiale e i valori consolidati. Aristofane, che era tradizionalista e contrario alle nuove filosofie, ritrasse Socrate sospeso per aria in una cesta. Il filosofo spiegava che la posizione gli permetteva di liberare la mente e lasciare il pensiero volare verso l’alto, mescolandoli all’aria e facendo così grandi scoperte.

Quasi 2500 anni dopo, è evidente che Aristofane è stato punito dalla sua stessa parodia e la lezione è chiara: non tutti sono in grado di sovvertire il sistema dei valori tradizionali, ma chi ci riesce lascia il segno, come fece Socrate.


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