Reperti conservati nel Museo etrusco di Villa Giulia a Roma (Ph. Konstantinos Papaioannou da Dreamstime.com)
Mamma mia, che meraviglia! E’ senza dubbio questo ciò che passa nella testa e nel cuore di ogni fortunato visitatore delle due “sale degli ori” che custodiscono la preziosissima Collezione Castellani di “ori antichi e moderni” nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma.
Il Museo, che si trova nella bellissima villa rinascimentale fatta edificare da papa Giulio II tra il 1550 e il 1555, nasce nel 1889 per iniziativa di Felice Barnabei, archeologo e politico italiano, con lo scopo di raccogliere le antichità pre-romane del Lazio, dell’Etruria meridionale e dell’Umbria appartenenti alle civiltà etrusca e fallisca. Nel 1919, l’ultimo membro della  famiglia Castellani, dinastia di orafi e collezionisti romani, donò la preziosissima e ricchissima collezione di 6000 pezzi tra ceramiche, bronzi, vetri, avori e ori antichi allo Stato Italiano e di cui circa 2000 pezzi sono esposti al Museo di Villa Giulia.
Fu Fortunato Pio (1794-1865), capostipite della famiglia Castellani, che a partire dal 1860 circa, iniziò a investire parte degli utili della sua fortunata attività di gioielliere nell’acquisto di cimeli antichi, soprattutto di oreficeria, sia da usare come modelli per una produzione di nuovi gioielli in stile neoclassico, sia “per rimpiazzare nella nostra Roma quelli che il Papa aveva venduto alla Francia”. Fortunato Pio si riferiva alla magnifica collezione Campana, che finì in Francia nel 1862. Il proprietario, il marchese Giovanni Pietro Campana, direttore del Monte di Pietà, la banca dello Stato Pontificio, aveva acquistato con i fondi dello Stato Pontificio, oggetti antichi e gioielli archeologici. Accusato di appropriazione indebita, lo Stato Pontificio mise in vendita la maggior parte della collezione per recuperare la somma dissipata. In quel periodo la Francia di Napoleone III che attraversava un periodo di grande splendore, magnificamente espresso nello stile neoclassico, imitazione del gusto antico romano di Augusto, dove trionfavano l’oro e le pietre preziose, non perse l’occasione di acquistare quasi l’intera collezione Campana.
Fu Fortunato Pio Castellani che curò il catalogo e il restauro di numerosi gioielli della collezione ed ebbe così il modo di approfondire le conoscenze delle antiche tecniche orafe. In Italia, invece, il clima era rovente. Il paese era dilaniato da lotte intestine che culminarono durante il Risorgimento, con L’Unità d’Italia nel 1861. Tutto ciò che riguardava il gusto e lo stile era provinciale e affidato alla produzione di pochi e poco geniali orafi.
Verso i primi dell’800, Fortunato Pio stringe una salda amicizia con il suo futuro mentore, Michelangelo Castani, duca di Sermoneta, grande estimatore e conoscitore di oreficeria antica, che lo sprona alla produzione di gioielli di imitazione etrusca e allo studio delle tecniche antiche della granulazione e della filigrana.
Nel 1811 Fortunato apre un negozio in Via del Corso 174 a Roma, e decolla così il suo successo e quello dei figli Augusto (1829-1914) e Alessandro (1823-1883) che lo seguiranno nella produzione orafa di altissimo livello qualitativo e nella passione per il collezionismo.
Alla morte del capostipite, nel 1865, la splendida collezione venne divisa tra i figli: ad Alessandro, dal carattere romantico e patriottico, che passò molti anni in esilio a Parigi e poi a Napoli, per poi tornare a Roma dopo aver contribuito con la sua capacità e conoscenze alla creazione di molte importanti collezioni custodite in grandi musei europei, pervenne il nucleo di oreficerie che poi nel 1872 vennero vendute al British Museum, mentre la parte della collezione che ereditò Augusto, figura centrale della famiglia, interessato soprattutto all’oreficeria e alla produzione di nuovi pezzi unici,  è quella che possiamo ammirare oggi a Villa Giulia, insieme ad altri bellissimi pezzi che Augusto continuò a collezionare per nostra fortuna e delizia.
Interi corredi funebri provenienti da tombe della necropoli di Palestrina del periodo orientalizzante antico, poi magnifici reperti provenienti dalla necropoli della Banditaccia di Cerveteri, da Tarquinia, da Vulci o da Veio, già nel 1870 rappresentavano l’intera collezione Castellani così come ci è pervenuta ai giorni nostri.
Lo  “studio di ricevimento” dei Castellani che si era spostato a Piazza Fontana di Trevi, divenne presto meta privilegiata di studiosi, intellettuali e di illustri esponenti dell’aristocrazia e diplomazia europea. Qui era possibile ammirare l’intera collezione esposta in un anticamera e in quattro sale su, scaffali stracolmi di vasi a figure rosse, avori, bronzi  a in “scatole vetrine” piene di “ori antichi”.
Dagli anni ’30 dell’’800, i “gioielli moderni”, esposti nell’ultima sala dello studio, rappresentarano un vero status symbol, indossati dalle nobili donne dei  principi Borghese, Rospigliosi, Doria Pamphilj e nel 1837 Fortunato Pio divenne il gioielliere personale della Regina madre del Regno delle Due Sicilie.
Nel manoscritto “Collezione cronologica delle oreficerie eseguite in Italia nei vari periodi di sua storia e disposte in otto scaffali 1875-1881”, scritto da Augusto, le tipologie di gioielli “all’antica” cioè di imitazione di stili antichi ma di fattura dei Castellani, si dividevano in otto gruppi: Primigenio, Tirreno, Etrusco, Siculo, Romano, Medievale, Rinascenza e  Moderno, ognuno con caratteristiche di lavorazione, tecniche o elementi iconografici unici e differenti tra loro.
Importanti incarichi di prestigio spettarono ai membri della famiglia. Fortunato Pio fu chiamato nel 1848 a far parte del Governo Municipale di Roma, Augusto nel 1870 fu eletto nel Governo provvisorio della città, in seguito chiamato a riorganizzare  gli antichi  Musei Pontifici e nominato direttore dei Musei Capitolini; tutti ottennero in varie fasi, il seggio nel Consiglio Comunale.
Il merito di questa famiglia di gioiellieri fu quello di tessere un filo invisibile che partiva dalle produzioni orafe di  gusto raffinatissimo  e dalla maestria unica ed eccezionale degli antichi orafi etruschi e italici, fino alla loro personale produzione dell’’800, inglobando le  conoscenze stilistiche e artigiane antiche in prodotti di gusto a loro contemporaneo, creando così uno stile italiano, quello neoclassico, unico e irripetibile, dando  lustro e orgoglio alla nuova e giovanissima Italia finalmente Unita attraverso una “rappresentazione visiva del progresso della civiltà in Italia”.
L’ultimo erede della famiglia Castellani fu Alfredo (1856-1930) che dopo la morte del padre nel 1914, continuò a gestire l’attività di famiglia. Il gusto neoclassico era nel frattempo tramontato, così come la moda dei gioielli Castellani. Fu ad Alfredo che si deve la donazione dell’intera collezione  allo Stato Italiano che comprendeva sia gli  ori antichi che quelli moderni questi ultimi prodotti nell’arco di decenni grazie all’amore di questi sapienti, raffinati e colti gioiellieri che testimoniarono la “vecchia tradizione della scuola degli orafi romani”. Entrate nelle sale degli ori, un fulgore improvviso vi abbaglierà togliendovi il fiato di fronte a tanta bellezza, quei gioielli, antichi e moderni palpitano!

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