Panoramica sul red carpet della Mostra del Cinema (Ph Federico Roiter)

L’aria marina. Le code per le sale. I commenti spesso diversissimi sui film appena visti. Il tempo pazzerello. Gli aperitivi sulla terrazza dell’hotel Excelsior. I pass ostentati a tutte le ore del giorno ovunque ci si trovi.   Una dimensione quasi intima quella del Lido di Venezia per un festival di tale portata, la 71° Mostra del Cinema. Un’edizione distintasi per un alto tasso di narrazione da grande schermo scandita tra i palchi di Broadway e i drammi della vita quotidiana. Passando dalle storie (tragiche) di grandi artisti ad alcune delle pagine più nere dell’umanità (olocausto, genocidi, mafia). Vivendo dentro i nuovi problemi della vita moderna e sgusciando via da una solitudine senza età. Molti i contenuti, ma senza mai rinunciare a un po’ di quel sano divismo.  L’applausometro ha fatto registrare il tutto esaurito per Al Pacino. E nonostante i bagni di folla per i Viggo Mortensen, Michael Shannon, Milla Jovovich, James Franco, Michael Keaton, Ethan Hawke, l’assoluto protagonista è stato lui, il cinema in sé.   

“Ci siamo limitati a guardare la vita dei tre personaggi con tenerezza e dolcezza” raccontava Saverio Costanzo, regista di “Hungry Hearts” i cui due interpreti principali, Alba Rohrwacher e Adam Driver, si sono aggiudicati entrambi la Coppa Volpi per la Migliore interpretazione femminile e maschile. “Se c’è stato trasporto, vuol dire che c’è vissuto. Se il film provoca delle reazioni, forse può portare qualcosa con sé”.  Il premio più ambito, il Leone d’oro al miglior film, è stato conquistato con sorpresa dal regista svedese Roy Andersson per l’opera “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence”. Leone d’argento per la miglior regia a “The Postman’s White Nights” del regista  russo Andrej Končalovskij mentre il Gran premio della giuria è andato a una delle pellicole maggiormente apprezzate da pubblico e critica, “The Look of Silence” di Joshua Oppenheimer.    

La mafia ha catalizzato l’attenzione di due lungometraggi molto particolari (e interessanti): “Belluscone, una storia siciliana” di Franco Maresco (sez. Orizzonti) e “La trattativa” (sez. Fuori concorso) di Sabina Guzzanti, quest’ultimo incentrato sulla tristemente realtà nota come trattativa “stato-mafia”. Vedere di nuovo, a distanza di più di vent’anni, le tragiche immagini dei brutali assassini dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è ancora oggi fonte di rabbia e dolore.    Un altro film che ha lasciato il segno è stato “Pasolini” di Abel Ferrara, con protagonista Willem Defoe nei panni dello scrittore/regista italiano.   

A dispetto di nessun premio ricevuto, la 71° edizione del Festival sarà ricordata per un immenso Elio Germano nei panni (e gobba) del poeta Giacomo Leopardi in “Il giovane favoloso” di Mario Martone. Sdoganato dalla gabbia del mero pessimismo, il regista napoletano, pur mostrandone l’indiscusso talento letterario, lo ha presentato con tutte le normali paure, ribellioni e passioni di un giovane, definendolo il Kurt Cobain della sua epoca.   

Film, ma non solo.  La rassegna si è arricchita di eventi culturali a cominciare dalla presentazione del volume “Sottosopra – la Biennale di Venezia” di Angelo Bacci, quindi i vari CineCocktail condotti dalla giornalista Claudia Catalli, ultimo appuntamento dei quali incentrato sull’inimitabile Sophia Loren, alla quale è stata anche dedicata una mostra fotografica di 27 scatti di scena, al primo piano del Palazzo del Cinema.    Premio Oscar anch’essa come la collega italiana, Frances McDormand è stata insignita in laguna del Persol Tribute to Visionary Talent Award 2014, premio consegnatole in Sala Grande al quale è seguita la visione di “Olive Kitteridge”, miniserie da lei interpretata e tratta dall’omonimo libro di Elizabeth Strout (vincitrice del Pulitzer nel 2009).  

Un festival non potrebbe essere degno di questo nome se non ci fossero loro, i fan. Mattinieri all’inverosimile e decisi a bivaccare per ore davanti al red carpet pur di vedere e farsi immortalare insieme ai propri divi del cuore.    Ci sono poi i meri amanti del cinema che all’appuntamento veneziano non rinunciano mai. Fra di essi, Francesco Frasson, dalla vicina Spinea. “Anche quest’anno i film di Venezia hanno osservato da angolazioni diverse le varie forme con cui si esprime l’amore. In “3 Coeurs” del francese Benoit Jacquot – racconta – viene trattato in modo poco originale quello di due sorelle verso lo stesso uomo. Nel film “Senza nessuna pietà” c’è quello ambivalente di un uomo solo e duro nascosto dietro una corazza di aggressività e dolore. In “Hungry Hearts” viene proposto l’amore simbiotico di una madre che rischia di cannibalizzare se stessa e il proprio bambino.    Trova spazio infine anche quello malinconico, nostalgico e mai elaborato nel film “Manglehorn” con Al Pacino, fatto di ricordi e  rimpianti, che inibisce la possibilità di nuovi incontri e di possibili felicità”.


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