(Ph© Davidfreigner| Dreamstime.com)

Le Marche, splendida, verdissima  regione del Centro Italia, sono ancora poco frequentate dal turismo di massa, a parte la zona costiera. Perciò è ancora possibile scoprire con tranquillità le meraviglie custodite in un territorio la cui gente è sempre ospitale.

Dalle catene montuose alle spiagge di sabbia e alle scogliere a picco sul mare, ecco le dolci colline dove si nascondono borghi bellissimi e piacevoli percorsi enogastronomici: mille sono i luoghi da scoprire in questa magica regione. Qualcuno ha definito le valli delle Marche “i denti di un pettine”. Infatti, se si osserva una carta geografica della regione, si nota con facilità che i corsi d’acqua nascono dalla catena appenninica e scendono direttamente verso il mare Adriatico, correndo quasi paralleli fra loro, offrendo appunto l’immagine dei denti di un pettine.

Abitate fin dall’età del Ferro, le Marche sono state la culla di Federico II di Svevia, nato a Jesi nel 1194, e in seguito hanno legato la loro storia allo Stato della Chiesa fino all’annessione al Regno d’Italia.
Il  modo più piacevole e consigliabile per approfondire la conoscenza delle Marche si mette in pratica attraverso i suoi  vini.  Storia, cultura, tradizioni, sapori, atmosfere si trovano tutte dentro il bicchiere che racchiude e custodisce uno scrigno di sensazioni e suggestioni, che parla al cuore di chi sa gustare i prodotti della terra. Il vino è l’ambasciatore più quotato del territorio e tramanda  quanto di antico c’è nel moderno. La vitivinicoltura marchigiana ha saputo crescere ed evolversi, rinnovandosi, senza mai tradire le sue origini. I vini marchigiani sono composti da cinque grandi uvaggi: il Verdicchio, il Pecorino, la Passerina per i vini bianchi, il Sangiovese e il Montepulciano per quelli rossi.

Il vitigno che esprime maggiormente le potenzialità del territorio è senza dubbio il Verdicchio. Gli enologi più esperti ritengono che esso abbia il potenziale per essere considerato il più grande vitigno autoctono d’Italia. Questa affermazione può sorprendere coloro che hanno provato solo i Verdicchi più giovani, a volte  imbottigliati in attraenti bottiglie a forma di anfora. Fino a due o tre decenni fa la qualità non era elevata ma da allora i vini sono migliorati notevolmente.

Il Verdicchio prende il nome dal suo colore, infatti le bacche mature hanno una sfumatura verde molto evidente. Le giovani annate  sono altamente acide con una sfumatura verde ben visibile nel bicchiere. Dopo circa un decennio i sapori cambiano, ma il colore rimane coerente. Il vino giovane ha sentori di mandorla amara in bocca con un accenno di sapidità.
L’uva Verdicchio è coltivata nell’Italia centrale almeno dal XV secolo, anche se alcuni ritengono che fosse coltivata tra Jesi e Matelica fin dall’VIII secolo. Si deve comunque ai monaci benedettini prima, e ai camaldolesi poi, la reintroduzione della viticoltura nelle Marche.

La DOC del Verdicchio ha già compiuto 50 anni, mentre dal 2010 vi sono le due DOCG del Verdicchio. quello dei Castelli di Jesi e quello di Matelica. Il primo si riferisce non proprio a dei  castelli, ma a dei borghi fortificati di origine medioevale. Quello coltivato nella zona di Matelica, nella valle del fiume Esino, l’unica della regione che corre da nord a sud, è meno noto, ma non è certo di qualità inferiore. Le potenzialità del vitigno rendono possibile l’invecchiamento del vino, anche se non tutti sono d’accordo. È certamente un pregiudizio da sfatare.

Assaggiando i vini Verdicchio si viene catapultati nel luogo di origine del prodotto, ribaltando l’idea diffusa, ma in realtà infondata, delle scarse potenzialità del prodotto. Occorre recuperare la considerazione di questo uvaggio troppo a lungo sottovalutato.  Nell’immaginario collettivo, seppure apprezzato e ampiamente consumato, il Verdicchio non è mai stato associato all’invecchiamento: le annate più lontane non sono seduttive come quelle recenti, ma il tempo dà loro ragione. Con lentezza emerge una personalità legata al territorio, esprimendo le note di mineralità del terroir.
I produttori di Verdicchio, soprattutto le giovani generazioni che hanno preso in mano le redini delle aziende, sono riusciti nell’intento di stimolare la curiosità degli intenditori, lavorando molto in vigna e selezionando i cloni. I vini che scaturiscono da questo lavoro sono riconoscibili soprattutto al naso, sanno invecchiare e maturano molto bene. mostrando caratteristiche di complessità, armonia, persistenza.

Perciò è possibile oggi degustare ed apprezzare bottiglie di Verdicchio risalenti al 2010, al 2007, al 1992 e addirittura al 1988, che mantengono carattere, potenza e sapidità.
Per fortuna le Marche negli ultimi anni  si stanno riappropriando del binomio vino-paesaggio per comunicare meglio il territorio. I paesaggi più suggestivi che il visitatore non deve perdere sono quelli dei borghi di Staffolo o Sirolo, nella zona di Jesi, di Petritoli, dove tante coppie dall’estero vengono ad unirsi in matrimonio, o di Torre di Palme, nella  provincia di Fermo, dove non si coltiva Verdicchio, ma Passerina, Sangiovese e Montepulciano. Ma questa è tutta un’altra storia…


Receive more stories like this in your inbox