Laces, comune italiano di 5.156 abitanti della Provincia Autonoma di Bolzano.

Il paese è attraversato dal fiume Adige. A sud s’innalzano le Alpi dell’Ortles, a nord svettano le Alpi Venoste. Il Parco Nazionale dello Stelvio si eleva su di una parte del territorio comunale, la città di Merano è situata a 25 km di distanza. La cima Hasenöhrl rappresenta il punto più alto del comune, a 3.257 metri, ed è parzialmente ghiacciata. Grazie alla sua posizione alpina è uno dei luoghi con il maggior numero di ore di sole di tutto l’arco alpino. Il punto più elevato dell’insediamento umano è la frazione di San Martino al Monte, che è posta a un’altitudine di 1.740 metri ed è raggiungibile con la funivia.

 Castel Coldrano, maniero trentino a 4 chilometri da Laces

 Castel Coldrano, maniero trentino a 4 chilometri da Laces

Il toponimo è attestato dal 1185 come Lacis, nel 1209 come Laez, nel 1280 e nel 1290 come Laze, e probabilmente potrebbe derivare dal fitonimo tedesco Latsche (“pino mugo”), a sua volta derivato dal latino laqueus (“laccio”). La forma italiana “Laces”, che è un plurale, si trova già in antiche fonti d’archivio. Lo stemma comunale raffigura un ramo verde con tre rose rosse e petalo centrale d’oro. È l’insegna dei Signori di Annenberg proprietari, dal 1312 al 1695, dell’omonimo castello. Lo stemma è stato concesso l’11 aprile 1930. L’importanza di Laces era notevole già nel XIII secolo, quando era frequentato luogo di transito tra le varie valli e verso l’Austria. Il 22 maggio 1499, gli svizzeri seminarono distruzione e morte durante la battaglia di Calva, combattuta contro le truppe imperiali asburgiche.

La battaglia della Calva si svolse nei pressi di Laudes e fu decisiva per la conclusione della Guerra d’Engadina, che vedeva opporsi il potere imperiale austriaco al potere vescovile svizzero dei confederati elvetici. Le truppe contavano 8.000 uomini per schieramento, per buona parte contadini. Dopo la vittoria i confederati svizzeri continuarono ad accanirsi contro gli sconfitti, dando alle fiamme i villaggi e perpetrando saccheggi. Fenomeno che continuò successivamente.

Magliano de’ Marsi, comune abruzzese di 4.012 abitanti della provincia dell’Aquila. 

  Chiesa di Santa Lucia a Magliano de’ Marsi (ph. Mulazzani)

  Chiesa di Santa Lucia a Magliano de’ Marsi (ph. Mulazzani)

 
Situato su di un’altura isolata sotto il maestoso monte Velino dal quale si gode una veduta ampia sui Campi Palentini, confina a nord con il territorio laziale. Il nome deriva o da una base geografica che voleva dire colle o dal nome personale Manlius, che è forse l’ipotesi piú attendibile. La prima volta in cui Magliano figura in un documento scritto è il 1250, in un registro ecclesiastico. Nel XVI secolo l’antica parrocchia di S.Martino in Carce viene sostituita dalla nuova parrocchia di S.Lucia in Magliano, che, verso il 1570, si trasforma in collegiata, con un abate e sei canonici. Molte sono le chiese degne di nota.
 
Dalla chiesa di S. Lucia, alla chiesetta trecentesca della Madonna di Loreto dove vi sono bellissimi affreschi mariani, al convento e chiesa di San Domenico costruiti nel XV secolo, al Sacrario dei caduti, inaugurato nel 1932 e fondo ad una valle solitaria che si adagia alle pendici del Monte Velino nella conca del lago Fucino Chiesa Santa Maria in Valle Porclaneta che conserva miracolosamente la sua struttura e la suppellettile interna di eccezionale fattura. Tale piccola chiesa è quel che rimane di una badia benedettina costruita verso la metà del secolo XI, successivamente abbandonata dai monaci e di cui oggi non rimane traccia. Essa conserva ancor oggi il suo nome antico: Santa Maria in Valle Porclaneta, dal nome della valle “Porclaneta” in cui fu fondata. Tra gli eventi da non perdere a Migliano si segnala l’Infiorata del Corpus Domini.
 
È una tradizione che ha origini antiche che risalgono a quando, al passaggio della processione alcuni fedeli usavano gettare petali di fiori in onore del Corpus Domini o abbozzavano in terra dei disegni che richiamavano il tema religioso. La notte che precede la festa del Corpus Domini, le associazioni del paese e gruppi di giovani, ogni anno più numerosi, depongono con abilità il materiale colorato così da formare un immenso tappeto di petali che si snoda lungo la strada principale di Magliano.
 
Naso, comune siciliano di 4.070 abitanti della provincia di Messina.
 
Sorge su un colle nel primo entroterra dei monti Nebrodi a 495 metri di quota sul livello del mare. Ha un territorio molto esteso che a Nord si spinge fino al mare occupando circa due chilometri di costa ed ancor più vasto era fino al 1925, anno in cui Capo d’Orlando ottenne l’autonomia da Naso. Le sue origini rasentano il mito visto che la tradizione ci narra che l’antica Agatirso si ergeva in questo sito grazie alla fondazione attuata da uno dei figli del dio Eolo, Agathirnos, nel 1218 a.C. Secondo le fonti storiche, a fondare il primo nucleo abitato, con il nome di Naxida, sembra sia stato un gruppo di coloni greci provenienti da Tauromenion, l’antica Taormina.
 
Le guerre e i continui saccheggi, spinsero però i coloni a muoversi alla ricerca di un insediamento più sicuro che trovarono non lontano in un preesistente villaggio denominato Neso ed in seguito, Naso. Più accreditata è la fondazione altomedievale della città, nonché il passaggio sotto il dominio di feudatari tra cui ricordiamo i Ventimiglia. Per la sua importanza ricevette l’appellativo di Città. Le cronache del ‘600 e del ‘700 parlano di frequenti terremoti, l’ultimo dei quali, nel 1786 provocò la distruzione del castello e della cinta muraria, peraltro già gravemente danneggiati. La ricostruzione vide la trasformazione dell’antico centro abitato con nuovi palazzi, espressione della nuova aristocrazia. Prima tappa di un possibile itinerario turistico è la barocca Chiesa Matrice intitolata ai Ss. Apostoli Filippo e Giacomo.
 
Al suo interno la statua marmorea de “L’Assunta e gli Angeli”, un seicentesco crocifisso ligneo ed una statua marmorea raffigurante “La Madonna col Bambino”. Da vedere poi nel convento dei frati i ruderi del chiostro, il portale d’ingresso in stile gotico del 1475 e l’altare ligneo del 1694. Nel convento è conservata una Madonna di grande fattura, attribuita al Gagini. Nella chiesa di San Cono quadri del ‘600, e nella cripta le reliquie di San Cono Abate, oggetto di culto e di grande pellegrinaggio. 
 

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