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In mostra fino a febbraio a Jesolo. Qui “Il sogno di Giuseppe” di Baldrick Buckle (tutte le foto Ph. L. Ferrari)
650 tonnellate di sabbia dolomitica utilizzata. 460 metri quadrati di area espositiva. Scultori di fama mondiale intervenuti per dare forma e anima all’immenso presepe di Sand Nativity, giunto quest’anno alla 13° edizione (Jesolo, 7 dicembre 2014 – 1 febbraio 2015).
Un viaggio artistico iniziato nel 2002 e capace di portare nella celeberrima località balneare veneziana oltre 900mila visitatori. Una mostra gratuita, ma aperta a contributi volontari devoluti poi ad associazioni umanitarie. Sabbia, ma non solo. Come nelle precedenti edizioni le scene del presepe sono state arricchite da scenografie dipinte a mano dall’artista statunitense Damon Farmer.
Oltre alle creazioni classiche poi, negli ultimi anni è stata aggiunta una sezione dedicata ai “Portatori di pace”. Dopo Papa Giovanni Paolo II , il Mahatma Gandhi, Madre Teresa di Calcutta e Papa Giovanni XXIII, Nelson Mandela, Papa Giovanni Paolo I e San Francesco d’Assisi, quest’anno, in occasione del bicentenario della sua nascita, è stata la volta di Don Giovanni Bosco (1815-1888).
Arrivato in Piazza Marconi e smaltita la lunghissima fila, la prima scultura sabbiosa che incontro è proprio quella dedicata al prete piemontese, Don Bosco, fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. A immortalarlo in un’opera corale con posa quasi “Wojtyłana”, l’artista russo Pavel Mylnikov, che alla sua sinistra gli ha collocato un bambino nell’atto (come) di sussurrargli all’orecchio qualcosa, forse la strada da seguire nel nome del messaggio di Cristo.
Tocca poi all’Annuncio ai pastori dell’inglese Nicola Wood. La morbidezza delle ali angeliche e del manto lanoso delle pecore è tale da essere percepita anche solo guardando.
Il percorso prosegue tra le “Scene di vita di villaggio – i mercanti”, affidate alle sapienti mani polacche di Slava Borecki, quindi la Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta (opera di Susanne Ruseler, Olanda). Mentre lo sguardo di quest’ultima punta al Cielo, gli occhi della Madonna appaiono quasi increduli dinnanzi alla realtà di avere in grembo il figlio di Dio.
Restando nei Paesi Bassi, il testimone passa a Baldrick Buckle che ambienta il suo lavoro nella bottega di Giuseppe, qui dormiente e visitato in sogno da un angelo che gli dice di prendere in sposa Maria già incinta per opera dello Spirito Santo.
Allo stanco faccione barbuto del falegname con gli occhi chiusi, si contrappone lo sguardo di pura armonia della creatura alata. È il turno dei re Magi che a dorso di cammello si dirigono a Betlemme per far visita a Gesù appena nato. Per realizzare questa scultura Radovan Zivny (Repubblica Ceca) ha utilizzato un blocco di sabbia alto 3,5 metri e lungo otto metri e mezzo. Si resta in movimento con Nikolay Torkhov (Russia). Questi fissa su sabbia una stanca Maria incinta, seduta su di un ciuco appena spronato da Giuseppe alla ricerca di una locanda. Persino l’occhio dell’asino è preoccupato mentre Maria affronta la dura prova con eleganza e fiducia nel disegno divino.
Una nuova e ampia scena collettiva, questa volta scolpita dal canadese David Ducharme, si concentra sul Raccontastorie, il tutto con davanti una piccola fontanella. Prima del finale con la Natività realizzata dalle olandesi Marielle Heesels e Arianne Von Rosmalen, si fa ritorno dal religioso italiano per l’opera del russo Ilya Filimontsev, “Il sogno di Don Bosco”, rappresentando la “chiamata” alla propria missione. Poi come detto, la nascita del Bambin Gesù. Due angeli osservano con amore la scena e si tengono per mano.
Giuseppe è un pacato trambusto di gioiosa dolcezza. Maria ha gli occhi chiusi. Il bue e l’asinello riscaldano il neonato.
Prima di uscire c’è un quaderno aperto per lasciare i propri commenti.
Si passa da un eloquente “Una sola parola me-ra-vi-glio-so” a un più profondo e delicato, “Fragile e maestoso come la vita dell’uomo donata da Dio”.

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