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We carry our own history in our name: it often tells about our relatives, after whom we may be named, or about name trends in the year we were born. It speaks of our parents’ tastes and preferences, whether they liked novelty or tradition, the new or the old. Surnames are even more important, because they hold so much information about  whom we and our family are: they tell us about our relatives, ancient and new, they trace in letters centuries of relationships, love and affection. For the Italians of America, they may speak of a far away land, unknown and familiar all at once. 

There are about 300.000 different surnames in Italy today, but so many disappeared and were created throughout the centuries. Created, you say? Well, yes: people transcribing them into parish and town registries were not always the best at writing or even listening. Truth is the history of our surnames is pretty interesting, nay, fascinating and less predictable than we may expect.  

For a start, and unlike many other things and mores of Italy, they don’t have a Roman origin; some of you may know ancient Romans had a tripartite name system with a praenomen associated with the paternal family, a nomen with the gens and a cognomen that was a bit like our first name today. This method, though, was abandoned with the Fall of the Western Roman Empire, towards the end of the 5th century: we could say, then, that Italian surnames as we know them all originated in the Middle Ages, but it’s not this simple. In the early medieval period, people used to have only one name: there was little or no mobility and no need to be identified among others with the same name. If the need occurred, you’d be simply the “son or daughter of,” your father’s name used to specify your family of origin. 

Things began to change around the 11th century, when people moved around more and bureaucracy became more complex, often calling for the necessity to specify an individual’s origin in detail. It is at this stage that, to avoid cases of homonymy, surnames were created. The process to make up this first historical batch was simple: paternity, provenance, profession, looks and personality traits were used as an inspiration. So we had our Di Stefano, De Marco or De Simone (literally, “of Stephen,” “of Mark,” “of Simon”) and our Milani, Ferrarese, Romano or Napolitano, but also some Fabbri (blacksmith) and Calzolai (shoe maker), Bianchi (white) and Biondi (blonde).  

How do we know all this, you may wonder: thanks to written sources of course, but it hasn’t been simple to patch everything together, because the anagrafe, or civil registry to say it in English, as we know it wasn’t a thing until the 16th century when, after the Council of Trento, in 1563, the Church began keep track of all the people being born, marrying and dying in each and every parish. Mind, the Romans already did it, but laziness took hold of the Medieval Italian Man and very little was recorded for a good amount of centuries.  

Having records, of course, made it easier to track our family history, but paradoxically also created some confusion, as we mentioned already. Clerks and parish priests all had a different way of writing, making it difficult to copy names from a register to the other, so “a” sometimes became “o” or “z” became “s.” That’s why in Italy, every now and then, you’ll find people related in the first degree with their surnames being different for one single letter.  

We said how medieval surnames came into being, but not all of them are that old or have originated that way. Take the very popular Southern Italian surname Esposito (and its many declensions, from North to South, like Esposti or Esposto): it was often given to children who were abandoned in front of hospitals in the once common ruote degli esposti, were unwanted babies were “exhibited, shown” (esposti) so that hospitals’ nuns would rescue them. In some parts of Italy, you’ll find cognomi chilometrici (“kilometers-long surnames”), which surprise for their peculiarity and the origin of which can only be guessed: enter then the Paternoster (Our Father in Latin), the Abbracciavento (hug the wind), the Ammazzalamorte (kill death), the Boccadifuoco (fire mouth) and even the Senzaquattini (without money). Just to let you know, the region where cognomi chilometrici are most common is Campania.  

In some areas of Italy, even today, getting to tell people apart is hard, in spite of their surname: it’s the case of Chioggia, in Veneto, where the extremely high diffusion of two surnames, Boscolo and Tiozzo, forced the town’s civil registry to enter also nicknames in its official records. Yes, nicknames, so we have the Boscolo Bachetto and the Boscolo Forcola, the Tiozzo Fasiolo and the Tiozzo Napoli.  

Of course, not everyone is happy with their surname. And how could you blame them if they have very funny or vulgar ones? According to statistics, our cognomi parolaccia, swear word surnames, are 111, carried by around 38.000 people; among the most unfortunate certainly Ms Rosa Chiappa (pink buttock) and Ms Benvenuta Vacca (welcome cow), who certainly didn’t thank their parents for their name choices.  

After all this history, in the end, what are Italy’s most common surnames? On top of them all the ubiquitous Rossi, extremely common a bit everywhere in the peninsula, followed by Russo, Ferrari, Esposito and Bianchi. We also have plenty of Gallo and Ferrero, Fabbri, Trevisan and Parodi. Many are the Greco and the Messina, the Mancini and the Colombo. How many among them, made it all the way across the Atlantic? 

 

Portiamo la nostra storia nel nostro nome: racconta spesso dei nostri parenti, di cui possiamo portare il nome, o delle tendenze del nome nell’anno in cui siamo nati. Parla dei gusti e delle preferenze dei nostri genitori, sia che abbiano amato la novità o la tradizione, il nuovo o il vecchio. I cognomi sono ancor più importanti perché portano tante informazioni su chi siamo e la nostra famiglia: ci dicono dei nostri parenti, antichi e recenti, tracciano in lettere secoli di relazioni, amore e affetto. Per gli italiani d’America, possono parlare al tempo stesso di una terra lontana, sconosciuta e familiare.

Oggi in Italia ci sono circa 300.000 cognomi diversi, ma tanti sono scomparsi e tanti sono stati creati nel corso dei secoli. Creati, hai detto? Beh, sì: le persone che li trascrivevano nelle parrocchie e nei registri cittadini non sono sempre stati i migliori nello scrivere o addirittura nell’ascoltare. La verità è che la storia dei nostri cognomi è piuttosto interessante, anzi, affascinante e meno prevedibile di quanto ci si possa aspettare.

Per cominciare e, a differenza di molte altre cose e costumi d’Italia, non hanno un’origine romana; alcuni di voi potrebbero sapere che gli antichi Romani avevano un sistema di nome tripartito con un praenomen associato alla famiglia paterna, un nomen legato alla gens e un cognomen che era un po’ come il nostro nome oggi. Questo metodo, però, è stato abbandonato con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, verso la fine del V secolo: si potrebbe quindi dire che i cognomi italiani, come li conosciamo, si sono tutti originati nel Medioevo, ma non è così semplice. Nella prima epoca medievale la gente aveva solo un nome: la mobilità era poca o nessuna e non c’era bisogno di identificarsi tra altri con lo stesso nome. Se c’era la necessità, saresti semplicemente stato il “figlio o la figlia di”, il nome di tuo padre utilizzato per specificare la tua famiglia d’origine.

Le cose cominciarono a cambiare intorno all’XI secolo, quando le persone si spostavano di più e la burocrazia divenne più complessa, spesso richiedendo la necessità di specificare in dettaglio l’origine di un individuo. È in questa fase che, per evitare casi di omonimia, sono stati creati i cognomi. Il processo per comporre questo primo gruppo storico è stato semplice: la paternità, la provenienza, la professione, l’aspetto e i tratti della personalità sono stati utilizzati come ispirazione. Così abbiamo avuto i nostri Di Stefano, De Marco o De Simone (letteralmente “di Stefano”, “di Marco”, di “Simone”) e dei nostri Milani, Ferraresi, Romano o Napolitano, ma anche alcuni Fabbri (da fabbro) e Calzolai (da calzolaio), Bianchi e Biondi.

Come facciamo a sapere tutto questo, ci si può chiedere: grazie a fonti scritte ovviamente, ma non è stato semplice mettere tutto insieme, perché l’anagrafe o il registro civile, per dirlo in inglese, come sappiamo non ci furono fino al XVI secolo quando, dopo il Concilio di Trento, nel 1563, la Chiesa iniziò a tenere traccia di tutta la gente che è nata, si è sposata ed è morta in ogni parrocchia. Si badi, i Romani lo avevano già fatto, ma la pigrizia colse l’uomo medievale italiano e poco è stato registrato per una buona quantità di secoli.

Avere registrazioni, naturalmente, ha reso più facile avere traccia della nostra storia familiare, ma paradossalmente ha anche creato qualche confusione, come abbiamo già detto. Gli addetti e i parroci avevano tutti un modo diverso di scrivere, rendendo difficile la copia di nomi da un registro all’altro, quindi “a” a volte diventa “o” oppure “z” diventa “s”. Ecco perché in Italia ora si trovano persone legate in primo grado con cognomi che sono diversi per una sola lettera.

Abbiamo detto come si arriva ai cognomi medievali, ma non tutti sono vecchi o hanno avuto origine in questo modo. Si prenda il cognome meridionale molto popolare di Esposito (e le sue numerose declinazioni, da nord a sud, come Esposti o Esposto): è stato spesso dato ai bambini che sono stati abbandonati davanti agli ospedali nella ruota degli esposti, una volta comune, dove i neonati indesiderati erano “mostrati” (esposti) in modo che le suore degli ospedali li potessero salvare. In alcune parti d’Italia troverete cognomi chilometrici che sorprendono per la loro peculiarità e la cui origine può solo essere indovinata: come Paternoster (Padre nostro in latino), Abbracciavento (abbracciare il vento), Ammazzalamorte (uccidere la morte), Boccadifuoco (bocca del fuoco) e anche Senzaquattrini (senza soldi). Solo per farvelo sapere, la regione in cui i cognomi chilometrici sono più comuni è la Campania.

In alcune aree dell’Italia, ancora oggi, è difficile distinguere le persone, a dispetto del loro cognome: è il caso di Chioggia, in Veneto, dove la diffusione estremamente diffusa di due cognomi, Boscolo e Tiozzo, ha costretto il registro civile della città a inserire anche i soprannomi nei suoi registri ufficiali. Sì, soprannomi, quindi abbiamo Boscolo Bachetto e Boscolo Forcola, Tiozzo Fasiolo e Tiozzo Napoli.

Naturalmente, non tutti sono soddisfatti del loro cognome. E come potreste biasimarli se hanno cognomi molto buffi o volgari? Secondo le statistiche, i nostri cognomi parolaccia sono 111, portati da circa 38.000 persone; tra le più sfortunate, ci sono certamente la sig.ra Rosa Chiappa e la signora Benvenuta Vacca, che certamente non hanno ringraziato i genitori per la scelta del loro nome.

Dopo tutta questa storia, alla fine, quali sono i cognomi più comuni d’Italia? Su tutti gli ubiqui Rossi, estremamente comuni un po’ ovunque nella penisola, seguiti da Russo, Ferrari, Esposito e Bianchi. Abbiamo anche un sacco di Gallo e Ferrero, Fabbri, Trevisan e Parodi. Molti sono i Greco e i Messina, i Mancini e i Colombo. Quanti di loro, hanno fatto tutto il viaggio attraverso l’Atlantico?


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