Nel Valdarno Superiore, il territorio tra i monti del Chianti e il massiccio del Pratomagno dove il fiume Arno scorre via verso Firenze, proprio sotto le pendici della montagna c’è ancora oggi una strada di probabili origini etrusche, che in epoca romana venne chiamata Cassia Vetus e che collegava Arezzo e Firenze. 
 
Più tardi venne conosciuta come la “via dei Sette Ponti” perché attraversava vari torrenti ed ancora oggi porta questo nome. In epoca medievale assunse rilevanza non solo perché collegava Firenze con i centri del suo contado distribuiti lungo le pendici del Pratomagno, ma anche perché era percorsa da molti pellegrini che, una volta arrivati ad Arezzo, proseguivano il loro viaggio verso Roma sulla Via Romea dell’Alpe di Serra, un’importante strada alternativa alla Francigena. Di quella lontana epoca medievale restano sulla Setteponti delle straordinarie testimonianze da visitare: le meravigliose pievi romaniche di quel periodo.
 
La pieve di San Pietro a Gropina, la più antica pieve romanica del Valdarno Superiore, dichiarata monumento nazionale per la sua importanza storica ed artistica si trova su un colle da cui svetta sopra la  strada dei Setteponti. La chiesa costituisce uno degli esempi più alti dell’architettura romanica in Toscana. Già ricordata nel 774, nel sottochiesa si trovano i resti di una prima chiesa (V-VI secolo) e di una seconda a due navate (VIII-IX secolo). La chiesa, che ha un impianto basilicale con abside semicircolare, esternamente presenta decorazioni solo nell’abside, dove compare un motivo di arcate cieche spartite da lesene.
 
La decorazione interna è particolarmente ricca: di grande interesse un ambone del XII secolo (e non di epoca longobarda, come in genere si afferma) di gusto arcaicizzante scolpito con figure zoomorfe e motivi geometrizzanti. Il programma iconografico dei capitelli è una vera “enciclopedia sacra” con evidente intento didascalico: vi sono raffigurate scene tratte dall’Antico e Nuovo Testamento.
 
La pieve di San Giustino, nascosta tra le case nell’omonimo paese, non è ben riconoscibile da fuori per le varie trasformazioni subite nel tempo. La chiesa, ricordata come tale all’inizio dell’XI secolo, ha il prospetto intonacato, e solo nell’abside semicircolare e all’interno mostra caratteri romanici. Si presenta a tre navate spartite da pilastri tranne che in corrispondenza dell’ultima campata, ove sono impiegate colonne con capitelli. L’estrema semplicità della redazione architettonica trova riscontro anche nella decorazione dei capitelli, essenziale e semplice, ispirata a certe classicheggianti sculture, presenti nella pieve di Cascia, presso Reggello. Il suo aspetto attuale è frutto di un restauro degli anni sessanta del XX secolo. 
 
Castiglion Fibocchi è  un antico borgo dove spicca il Palazzo Comunale con la caratteristica torre dell’orologio. Gli stretti vicoli del centro storico regalano scorci molto piacevoli. 
Il paese sorge sulle ultimi propaggini del massiccio del Pratomagno che degradano verso la piana di Arezzo, lungo l’antica Via Clodia (o Cassia Vetus). Il territorio comunale già abitato nella tarda età repubblicana (I secolo a.C.), attorno all’anno mille fu castello dei Conti Guidi a guardia della strada che collegava il Valdarno al Casentino.
 
Nel 1385, con la vittoria di Firenze su Arezzo cadde sotto il dominio della Repubblica di Firenze. Lungo l’attuale strada dei Setteponti si possono osservare alcuni esempi della tipica edilizia rurale: le Case Leopoldine, con la colombaia, la loggia e il portico, fra le più belle della zona. A monte del capoluogo si trova la piccola frazione di Gello Biscardo con il suo borgo antico splendidamente conservato. Sulla collina si possono osservare i ruderi di San Quirico, la pieve paleocristiana di cui si hanno testimonianze già dall’XI secolo.
 
L’ultima tappa prima di arrivare alla periferia d’Arezzo è Ponte a Buriano, piccolo centro abitato famoso per il suo ponte romanico sull’Arno realizzato in pietra, a sette arcate e a cui si lavorò quasi quaranta anni, dal 1240 al 1277. Gli studiosi lo identificano come quello che si intravede a destra alle spalle della Gioconda nel capolavoro di Leonardo Da Vinci. 

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