La chiesa parrocchiale di Fobello nella frazione Centro

  La chiesa parrocchiale di Fobello nella frazione Centro

Si trova in Valsesia, collocato all’estremità di uno dei due rami della Val Mastallone. Il nome, Fobél o Fobeli in piemontese, significa faggio bello, a segnalare la presenza dei ricchi boschi che da sempre circondano l’abitato. Per la bellezza della zona, la si chiama “Conca di Smeraldo” ed è inserita nel Parco Naturale dell’Alta Valsesia.

L’origine dell’abitato risale alla prima metà del 1300 quando gli stanziamenti estivi di pastori risalenti la Valmastallone divennero permanenti. Il paese è composto da 23 frazioni, comprese tra gli 880 metri della frazione Centro, dove sorgono il Municipio e la Chiesa parrocchiale, e i 1330 metri della frazione Baghera. All’inizio del 1600 la popolazione superava le mille unità e si mantenne così fino alla fine del 1800 vivendo di pastorizia, di agricoltura ed emigrazione. I flussi migratori, all’inizio del 1600, erano diretti principalmente a Torino, dove le professioni più esercitate erano quelle del commerciante di vino, dell’oste e del salsicciaio. A partire dalla fine del 1800 questi flussi si spostarono verso l’Europa e i fobellesi si distinsero nella professione alberghiera. Nello stesso periodo Fobello si affermò come rinomato centro di villeggiatura con i suoi alberghi famosi per la pulizia e la buona cucina.  

In paese, e sparse nelle frazioni, si trovano numerose e pregevoli case signorili risalenti al 1700 e 1800 con facciate decorate da trompe l’oeil, motivi floreali o affreschi religiosi. Ancora oggi come un tempo, i neonati vengono portati al fonte battesimale nella culla retta in equilibrio sul capo da una ragazza in costume. Fra i tanti personaggi a cui Fobello diede i natali, ricordiamo Carlo Rizzetti, deputato del Regno Italico e Vincenzo Lancia fondatore della seconda industria automobilistica italiana. Lancia si trasferì poi nella vicina Varallo per gli studi e lì iniziò a lavorare come meccanico, acquisendo quelle prime competenze e la passione che lo spingeranno a costruire la casa automobilistica.

Galliera, comune dell’Emilia Romagna di poco più di cinquemila abitanti della provincia di Bologna.

  Sede municipale del Comune di Galliera

  Sede municipale del Comune di Galliera

Il comune è stato colpito dai terremoti dell’Emilia del 2012, che hanno provocato varie lesioni agli edifici e alle strutture agricole. Situato all’estremo nord-ovest della provincia di Bologna, da cui dista 29 chilometri, si trova al confine con quella di Ferrara a sua volta danneggiata dal terremoto. Del tutto pianeggiante (l’altitudine sul livello del mare è compresa tra 11 e 21 metri), il suo territorio un tempo era parzialmente ricoperto dalle acque delle valli. Il rapporto con le acque ha sempre caratterizzato la sua storia: il corso principale è il Reno che qui compie una vasta ansa prima di volgersi verso l’Adriatico.

Il sistema fluviale è completato da alcuni corsi d’acqua in parte creati dall’uomo: Canale Emiliano Romagnolo, Scolo Crevenzosa, Chiavica Riolo e Scolo Riolo, per una lunghezza complessiva di 31,4 chilometri. Il territorio era già conosciuto in età romana quando vennero operate le prime operazioni di bonifica. I secoli seguenti vanificarono gli sforzi e in molte terre ritornarono le acque. Nel medioevo diversi erano i castelli presenti. Di tutti questi manufatti non rimangono oggi tracce degne di nota, se non proprio del castello di Galliera. Ne avanza uno spezzone della torre, in laterizio, che si eleva dal terreno per circa 22 metri.

Con l’arrivo dei Francesi nel 1796 si aprì un nuovo capitolo per il borgo emiliano. Il bolognese Antonio Aldini, dalla vendita dei beni appartenuti agli enti religiosi soppressi e ad antiche famiglie nobili, riuscì ad accorpare 52 fondi agricoli tra Galliera e San Pietro in Casale. La tenuta fu poi acquistata nel 1812 da Napoleone, che la investì successivamente del titolo di ducato. Il complesso venne venduto dagli ultimi proprietari (la famiglia Antonio d’Orleans ed Eulalia di Borbone) all’inizio del Novecento. Negli anni 80 dell’Ottocento la famiglia Bonora costruì la tenuta che oggi è sede del Comune. I gallierini hanno come santo patrono la Beata Vergine del Carmine che festeggiano il 16 luglio. 

Ispica è un comune di 15.573 abitanti della provincia di Ragusa in Sicilia.

  Palazzo Bruno di Belmonte

  Palazzo Bruno di Belmonte

Simbolo cittadino è l’emblema della casata della famiglia Statella che per lungo tempo ha governato su Ispica: uno scudo diviso in quattro parti con all’interno raffigurate due torri e due alabarde. I colori ufficiali sono il rosso e il giallo. Settimo comune più popoloso della provincia, ha la sede municipale nel Palazzo Bruno di Belmonte, l’edificio liberty più importante della provincia di Ragusa. Fu costruito a partire dal 1906 su progetto di Ernesto Basile, tra i maggiori architetti liberty europei.

È situato sulla costa sud-orientale dell’isola su una collina (“colle Calandra”) ad un’altitudine di 170 metri sul livello del mare e a 7 km dalla costa. Include il Parco archeologico della Forza, con scavi e reperti, Cava Ispica, riserva naturale prossima a far parte del Parco nazionale degli Iblei, le riserve naturali dei Pantani, del Maccone Bianco e dell’Isola dei Porri, uno scoglio meta di escursioni subacquee situato a 2 km dalla costa. Una catacomba paleocristiana in località San Marco e una necropoli in contrada Vignale San Giovanni testimoniano che la zona era abitata in epoca tardo romana. Secondo la tradizione, sant’Ilarione di Gaza, eremita, avrebbe soggiornato nella regione, in una grotta di Cava Ispica tra il III e il IV secolo, frequentando la chiesetta di Santa Maria della Cava.

La città ha avuto il nome di Hyspicaefundus in epoca romana, successivamente cambiato in Spaccaforno fino al 1934, Spaccafurnu in siciliano. Nel territorio si succedettero le dominazioni sicula, greca, romana e bizantina. I musulmani arabi e berberi dominarono la regione dal IX all’XI secolo. È in questo periodo che nasce la leggenda di una maga saracina a cui si attribuisce la costruzione del centro abitato. La dominazione saracena finì quando tutta la Sicilia sudorientale fu liberata dai Normanni. Dopo essere passata nella dominazione sveva e angioina, all’inizio del XIV secolo fu del viceconte Berengario di Monterosso, tesoriere del regno, che ne fece dono alla regina Eleonora d’Angiò.


Receive more stories like this in your inbox