È decisamente curioso scoprire che a Los Angeles c’è chi parla il dialetto autentico, quello che persino nei paesi d’origine si è un po’ diluito nell’italiano e si è contaminato di troppe parole anglofoni. Tanto che quando uno di questi “puristi” della lingua materna torna in Italia, succede che nemmeno i parenti capiscano esattamente cosa dica e pensino che nella lontana America abbia perso un po’ di dimestichezza con il vocabolario. Invece, proprio perchè la lingua è fluida come la vita e cambia con il tempo, senza che ci si accorga in Italia anche il dialetto evolve mentre lo si parla.
 
Chi invece, come succede qui negli Stati Uniti, lo usa per non perdere il legame con il proprio passato e lo parla come se fosse uno slang strettissimo ed elitario tra pochissimi “adepti”, mentre attorno tutto il resto del mondo usa un altro codice linguistico, non lo “inquina”. Anzi, lo conserva intatto così come l’ha imparato da bambino. Così succede che le parti si ribaltino e quando tornano i parenti “americani”, proprio grazie a loro, chi non è mai partito riascolta il vero dialetto, quello che parlavano i nonni 50-60 anni fa.
 
Però succede anche che quando questo ritorno a casa si consuma, si riannodano tradizioni che quaggiù negli States, si sono “evolute”, si sono, queste sì, un po’ americanizzate. Come le feste patronali che in Italia conservano ancora una forte componente e impostazione religiosa e che qui, invece, sono diventate più simili a party, con balli, lotterie e banchetti per centinaia di invitati.
 
In realtà, al di là della forma, quel che è realmente importante è che attraverso la tradizione, la celebrazione del santo, il legame resta saldo. Sia con la propria cultura d’origine sia con il proprio credo, sia con il gruppo con cui, anno dopo anno, a migliaia di km dal paese d’origine, si condividono le radici comuni.
 
Casa Italiana ha riunito, a pochi giorni di distanza, tre gruppi che compongono la variegata e numerosa famiglia degli italo-americani di Los Angeles. L’ultima riunione dei Federated Italo-Americans of Southern California ha preceduto la celebrazione della nascita di San Trifone e la festa del Sacro Cuore. Tre momenti che, riunendo tutti attorno ad un tavolo imbandito, hanno portato il valore della condivisione tra un piatto e l’altro.
 
Un pranzo, una lotteria, chiacchiere a metà tra l’americano e l’italiano, storie tra passato e presente. Ma soprattutto tre piacevoli occasioni per consolidare il senso di appartenenza alla comunità italiana e condividerlo con quella che, riunione dopo riunione, è diventata una “famiglia allargata”. Amici, conoscenti, parenti, figli e nipoti con i quali, ad ogni riunione, si mescolano i ricordi del paese lasciato, ma anche tutti gli episodi aggiornati della vita che continua. Una “famiglia che si allarga” ad ogni riunione e si apre a nuovi membri, anche di passaggio, a patto di scoprire un po’ di cultura italiana. Come recita il motto sulla fiancata di Casa Italiana: “To enrich American life with Italian culture”.
 
Lo dimostra San Trifone, patrono di Adelfia (un tempo composta da Canneto e Montrone) che nella metropoli californiana ha un posto di primo piano per la comunità pugliese e campana che ne festeggia la nascita il 22 giugno con una Messa nella chiesa di Saint Peter’s e una festosa e abbondante cena che ha impegnato per tre giorni ai fornelli cuoche pazienti. In tavola i sapori della tradizione: focaccia barese, olive, pasta al forno, polpette di carne, immancabile dolce.
 
Mike Foschetti, presidente della Società, senza nascondere l’entusiasmo e il coinvolgimento profondo e sincero, spiega il vero e più importante significato della celebrazione: “Stiamo insieme e riusciamo a far venire anche i nostri figli che durante l’anno non si vedono. Facciamo di tutto per sostenere le nostre tradizioni, per aiutare la società, la chiesa e i compaesani. Ci riusciamo anche attraverso le feste, che ci fanno sentire quanto la nostra identità sia ancora forte”. A novembre Mike tornerà ad Adelfia. Festeggiamento doppio: potrà partecipare alla celebrazione patronale di San Trifone con gli amici lasciati in paese da ragazzo. Ma è stata festa doppia anche per un altro barese-americano: chiamandosi Trifone, con il santo ha festeggiato il suo onomastico.
 
Orgogliosa della solennità del Sacro Cuore, al decimo anniversario, è invece Maria D’Egidio che nel sorriso mescola timidezza e dolcezza ricordando lo sforzo di portare avanti la tradizione molisana di San Polo Matese. Messa il 24 giugno, processione, pranzo e dancing. Piena la sala di Casa Italiana del buonumore dei 400 invitati, e al tavolo 22 anche qualche italianissimo commento sul banchetto: “sull’insalata meglio l’olio d’oliva che i dressing” e “sulla pasta, un po’ scotta, mancava il formaggio”. A non mancare era l’allegria e la voglia di stare insieme, perfino di scatenarsi nelle danze a dispetto dell’età e anzi, con un entusiamo da far invidia ai giovani più timidi e meno intraprendenti, incluse le eleganti “principesse” del Sacro Cuore.
 
Appuntamento per tutti l’8 luglio con due picnic. A Temple City per la Società di San Trifone, Santo Padre Pio Society e Associazione dei pugliesi del Sud California e a Villa Scalabrini per Abruzzesi e Molisani.

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