Contrariamente a una diffusa convinzione, il settore molitorio sta registrando, dall’inizio dell’emergenza Coronavirus, una contrazione senza precedenti dei volumi di vendita di farina.

Lo segnala Italmopa, l’associazione Industriali Mugnai d’Italia, che rappresenta l’industria molitoria italiana a frumento tenero e a frumento duro.

Le ricorrenti notizie relative al forte aumento delle vendite di farine allo scaffale per utilizzo domestico sono effettivamente corrette e tale aumento poteva risultare anche maggiore laddove non si fossero riscontrate perduranti difficoltà nell’approvvigionamento degli imballaggi -spiega Italmopa-. È tuttavia importante precisare che queste rappresentano, mediamente, meno del 5% dei volumi totali di farina, complessivamente pari a 4 milioni di tonnellate annue, prodotti dall’industria molitoria.

A fronte di un incremento nelle vendite delle confezioni da un kg destinate ai consumatori che hanno riscoperto, seppur forzatamente, il piacere del pane o della pizza fatti in casa, l’associazione constata, da un lato, un crollo della richiesta proveniente dal canale Horeca (ristoranti, pizzerie, bar, alberghi…) e dalla pasticceria e, dall’altro, una riduzione, seppur contenuta, della domanda da parte della panificazione, così come in altri Paesi comunitari, e di alcuni comparti dell’industria dolciaria. Parimenti, dice una nota della Cia, l’Associazine dei Coltivatori Italiani, si registra un preoccupante tracollo dell’export, dopo un trend positivo ultradecennale, riconducibile alla insuperabile qualità e versatilità delle farine italiane.

Complessivamente -osserva Italmopa- la riduzione delle vendite dall’inizio del mese di marzo si attesta in misura prossima al 25% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e un recupero nei prossimi mesi appare altamente improbabile tenuto conto, in particolare, che il canale Horeca sconterà, anche dopo la fine del periodo di emergenza, una contrazione riconducibile alle necessarie misure di cautela che dovranno essere adottate dagli esercizi commerciali e al forte ridimensionamento dei flussi turistici. Per questo, resta indispensabile garantire la massima chiarezza sui tempi e sulle modalità di avvio della fase 2 dell’emergenza, in assenza della quale sarebbero ulteriormente penalizzati comparti, quali quelli della ristorazione e del turismo, già attualmente sull’orlo dell’asfissia.


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