‘Le sale chiuse sono come occhi sbarrati’. La citazione non è inedita: il copyright, al contrario, è del regista Giuseppe Tornatore, pronunciata ogniqualvolta gli si chiede un commento sulla chiusura di una sala cinematografica.
 
A Roma – ma non solo ormai – è una vera e propria emorragia, oltre cinquanta i cinema che hanno definitivamente abbassato le saracinesche negli ultimi trent’anni. E, ragionandoci sopra, pare davvero impossibile contestare la frase a effetto di Tornatore: quando un cinema – ma pure un teatro (e anche per i palcoscenici i numeri sono impietosi) – chiude, ogni comunità registra una sconfitta culturale e sociale.
 
Il Quirinale era uno dei cinema più ammirati di Roma, posizionato nella centralissima via Nazionale. Proiettava films che duellavano per gli Oscar. Si è gradualmente avvitato su se stesso: perché la vita, in fondo, è cambiata.
 
E se, fino a quindici-venti anni fa, il venerdì e il sabato sera un quarto di città usciva per divagarsi, oggi, nel 2015, il quadro è desolante. Un italiano su due stenta ad arrivare alla fine del mese, i conti delle famiglie sono tragici e pensare di andare al cinema almeno due-tre volte al mese è diventata un’autentica impresa.
 
Colpa della crisi economica imperante, ovvio, ma pure dell’invasione delle Tv, digitali (e quindi gratuite) ma pure commerciali, quelle che operano sulle piattaforme pay. Ti siedi sul sofà di casa, accendi il televisore e hai un’ampia scelta, ogni sera, di almeno quaranta films. Insomma, l’attesa per un film proveniente da Hollywood è gradualmente scemata. Hanno chiuso cinema del centro o sale della periferia.
 
Qui, al loro posto, sono nati come funghi sale per scommesse, altro triste fenomeno italiano del momento. Vista la crisi che non accenna a passare, con un budget giornaliero di otto-dieci euro si tenta la sorte. Lo fanno giovani, pensionati, disoccupati.
 
Quanto costa un biglietto oggi per vedere un film? Sette euro, con un supplemento per le multisale. Pure loro però non se la passano granché bene. Ci sono costi fissi da coprire e gli incassi talvolta non bastano. Qui pure basta fare due conti: se vai al cinema con la famiglia intera spendi quasi quaranta euro di biglietto. A cui sommi (dazio a cui tutti ci sottoponiamo) patatine e bibite per i più piccoli. Magari pure il ticket per posteggiare. Insomma, un pomeriggio che – qualche anno fa – avresti messo volentieri in preventivo, oggi, con l’inflazione galoppante, si tramuta in un piccolo salasso.
 
Sono in crisi pure le sale che diffondevano films porno. Ci sono cinema che hanno chiuso nel 2012 (come il Gregory, in zona Vaticano, ultimo film trasmesso ‘Men in black 3’, con Will Smith) e ancora non sono stati riciclati. Per molte sale ci sono progetti di riconversione: si pensa, ad esempio, di riciclarli in biblioteche, centri congressi, sale di lettura.
 
Poi, davanti a pure condivisibili auspici, ci si blocca. Perché i proprietari non vogliono investire e ci pensano mille volte prima di imbarcarsi in altre avventure. Con il rischio che qualche cinema diventi – come è accaduto – il ripostiglio per motorini abbandonati.  

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