Furono solo 50 anni, ma lasciarono un segno indelebile e non perché fu il grande Napoleone ad impadronirsene con le armi o attraverso matrimoni dinastici. Fu piuttosto l’intelligente e più defilato fratello di Napoleone I Luciano Bonaparte a comprare da Pio VII i circa 8000 ettari di terra che circondavano il borgo farnesiano di Canino per realizzare qui il suo sogno illuminista.
All’origine di questa decisione una grande storia d’amore fra Luciano e la bellissima vedova Juberton Alexandrine de Bleschamp . Conseguenza di questo amore fu l’inimicizia fra i due fratelli, (altre mire matrimoniali e dinastiche aveva Napoleone per il fratello), che anche dal punto di vista politico non avevano le stesse idee. Luciano era stato fra i principali fautori dell’ascesa del potente fratello. Intelligente, oratore abilissimo almeno altrettanto quanto Napoleone fu abile stratega, all’inizio della folgorante ascesa del Corso che avrebbe cambiato la storia d’Europa, Luciano aiutò il fratello nel colpo di stato del 18 Brumaio sicuro che l’avvenire della Francia si dovesse compiere secondo i dettami della Costituzione consolare. I diverbi iniziarono presto quando Napoleone cominciò a manifestare altre mire, decisamente dittatoriali. Ma fu anche la deflagrante storia d’amore fra i due giovani vedovi, ((Luciano aveva perso la prima moglie Christine Bauer a soli 26 anni), a far interrompere il legame e il dialogo fra i due fratelli. Dapprima una relazione come altre, presto consolidata dalla nascita di un primo figlio con tanto di nozze segrete. Al legame seguirono le nozze civili e la conseguente rottura col potente e collerico fratello abituato al comando anche in famiglia e non solo sui campi di battaglia.
La storia d’amore valse a Luciano l’inimicizia di Napoleone e gli costò una corona, reale, principesca o ducale, che il sovrano distribuì invece a tutti i componenti della sua numerosa famiglia, consapevole forse che il suo impero era destinato a vincere o a perire, essendo la sua creazione troppo recente per assicurare una vera coesione fra i popoli così diversi che lo componevano. Ambedue giovani, belli, colti, Luciano e Alexandrine si incontrarono al Castello di Méréville e fu subito colpo di fulmine. Si sposarono clandestinamente, era il 1803, malgrado l’imperatore avesse mire matrimoniali diverse per il fratello, sperando di convincerlo ad annullare il matrimonio come gli era già riuscito con Girolamo, ma Luciano fu irremovibile e a lui e ad Alexandrine non rimase che la via dell’esilio, la lontananza dagli splendori della corte parigina, la condivisione di un destino avventuroso, le peregrinazioni, prima in Inghilterra e infine in Italia, ultimo approdo.
Delle pressioni esercitate dal fratello Luigi, dalle sorelle Elisa, Paolina e Carolina e perfino dallo zio materno, il Cardinale Giuseppe Fesch, si può leggere nella raccolta di lettere “Mon cher Lucien. Lettere familiari a Luciano Bonaparte”, a cura di Cirincione e Ludovisi, terzo volume di una serie di testi e studi napoleonici pubblicata dalla Fondazione Primoli. Si tratta di una raccolta di lettere indirizzata dai familiari a Luciano fra il 1800 e il 1814 in cui non compaiono mai i protagonisti, anche se di loro due si scrive, dei rancori, delle imposizioni, dei tentativi di riavvicinamento, fino all’ostracismo, alla fuga e alla lontananza dell’esilio.
Emerge la storia privata dei Bonaparte, l’appassionante rapporto conflittuale fra i due fratelli che evidentemente non parlavano la stessa lingua. Luciano, il fratello rivale di Napoleone, che era stato presidente del Consiglio dei Cinquecento e artefice del colpo di stato del 18 brumaio, era in realtà molto lontano dai principi che animarono il fratello nella creazione dell’Impero. Come sostiene nel suo libro Antonello Pietromarchi, (“Luciano Bonaparte. Il fratello nemico di Napoleone” 1994), se fosse andata avanti la Costituzione dell’Anno VIII, (la Costituzione consolare che Napoleone ribaltò poco dopo facendosi eleggere Console a vita e successivamente Imperatore) “forse si sarebbe riusciti in presenza di Stati repubblicani in Francia, Italia, Olanda, a costituire gli Stati Uniti d’Europa 200 anni fa, all’indomani di Austerlitz”.
La tesi è interessante e suggestiva, ma al ribelle Luciano, abbandonando la politica che lo aveva visto figura di primo piano a fianco del fratello e artefice dei suoi futuri destini, non restò che realizzare sé stesso e i suoi innovativi ideali nel piccolo territorio di Canino, elevato al titolo di Principe romano proprio da quel Pio VII che il fratello aveva umiliato e tenuto prigioniero. In quell’ angolo tranquillo dell’ex Stato pontificio al centro dell’Italia, accolto da una comunità che sotto il suo dominio conobbe uno splendore mai visto prima, ebbe la possibilità di esercitare i suoi interessi di umanista, scrittore, archeologo, astronomo, ma anche di agronomo avveduto. Nella sua piena maturità di uomo e di padre raggiunse una completezza umana che lo avvicina, proprio per i molteplici interessi di una natura forte, curiosa, impetuosa e fattiva, all’homo faber del Rinascimento.
A lui si devono gli scavi dell’ antica città di Vulci, il ritrovamento di reperti, che se certamente contribuirono a incrementare parecchio le sue finanze, rimasero tuttavia una pietra miliare nelle ricerche della zona ( si raccomanda vivamente una visita al Castello di Vulci – Museo nazionale) . Alexandrine, odiata dalla famiglia imperiale come la pietra dello scandalo, potè qui esercitare le sue doti di poetessa e scrittrice, si dedicò ad opere di beneficenza e all’educazione delle ragazze, (un Premio oggi ricorda la sua dedizione).
Il Paese accolse la coppia e i loro numerosi figli come una meravigliosa ventata di giovinezza, che riuscì a scuotere l’atmosfera greve e stantia di un territorio soggetto da secoli a un potere bigotto, lontano dai bisogni e dai desideri della gente. Si può ben comprendere dunque l’amore che gli abitanti di Canino portano ancora oggi ai Bonaparte e ne coltivano con cura il ricordo, in particolare attraverso il Centro Studi Luciano Bonaparte diretto da Gianfranco Landi. Se Luciano avesse ceduto alle suppliche dei suoi familiari, alle lusinghe e alle imposizioni del potente fratello e fosse tornato in seno alla grande famiglia stretta attorno alle vicende dell’Imperatore, tutto questo non si sarebbe avverato e i luoghi non avrebbero conosciuto un periodo che ancora riverbera lontani splendori.