Spesso  amiamo personaggi ed artisti la cui caratteristica principale non è solo quella di eccellere nel loro settore, ma di essere tormentati nella vita privata. I turbamenti dell’anima li portano a compiere scelte sbagliate o al punto di vivere una vita dissoluta ad essere inevitabilmente annoverati nel gruppo degli artisti definiti “maledetti”. 
 
Li amiamo forse perché sono così lontani dal nostro modo di vivere e di pensare, che li osserviamo come creature da scoprire che al contempo ci intrigano e ci lasciano perplessi. Quello che ci attrae è il fascino del diverso, dell’eccesso: è più complicato penetrare nella loro mente e, in fondo, facciamo il tifo per loro. 
 Ritratto di Jeanne Hébuterne, la compagna di Amedeo Modigliani

 Ritratto di Jeanne Hébuterne, la compagna di Amedeo Modigliani

 
All’inizio del Novecento, l’Europa era attraversata da un grosso fermento artistico che rispecchiava l’inquietudine di una società, che inconsapevolmente si stava avvicinando ai drammi della guerra. Nell’Italia di quegli anni spicca la figura di un artista bohémien dal destino tragico, che lo porterà ad una morte prematura: Amedeo Modigliani. 
 
Prendiamo il suo soprannome “Modi” e associamolo alla parola “maledetto” in francese, ovvero “maudit”: la pronuncia è la stessa e quindi il parallelismo fu presto fatto anche dai suoi contemporanei. Lui, non fece niente per smentire tutto ciò, legato com’era agli eccessi e alle reazioni sanguigne. 
Lui, l’imprevedibile, nonostante la natura controversa, era amato e idolatrato dai suoi amici, dalla sua compagna, oltre ad essere comunque ben inserito nel contesto intellettuale milanese.
 
Non si può negare il fascino esercitato universalmente dalla sua vita disordinata, libera, anticonformista. Ma cosa c’era di così speciale in questo personaggio tormentato e complesso? 
C’erano la sua anima e la sua arte legate indissolubilmente tra loro: l’una non avrebbe potuto fare a meno dell’altra e viceversa. 
Chi non ha mai ammirato un quadro di Modigliani? 
 
I suoi ritratti esprimono l’inquietudine e la fragilità dell’uomo del primo Novecento. 
Modigliani avrebbe voluto fare lo scultore: quella era la sua vera passione. Purtroppo, per motivi di salute, dovette optare per la pittura. Lo direste? La sua eccellenza in questa disciplina “di ripiego” ci stupisce ancor di più quando veniamo a sapere che non fu il settore artistico che prediligeva. 

 Nel manifesto della mostra milanese, il lungo collo tipico di Modigliani

 
L’artista, sin dall’età di quattordici anni, ebbe salute cagionevole: la prima manifestazione fu un attacco di febbre tifoidea. Questa malattia lo rafforzò nella volontà di diventare artista. Così incominciò a frequentare l’Atelier di Guglielmo Micheli dove, a seguito della conoscenza con Oscar Ghiglia, scoprì anche il lato bohémien della vita: tabacco, donne e spiritismo, a cui presto avrebbe aggiunto l’alcol. 
 
Al di là degli aspetti biografici, importanti per il suo operato, l’a-nalisi della sua personalità resta la chiave fondamentale nella profonda comprensione della sua arte.  Modigliani riusciva a creare legami così intensi da spingere, chi lo circondava, a pensare a lui come parte indispensabile della propria vita: l’esempio più eclatante è dato dalla compagna Jeanne Hébuterne, che poco dopo la morte prematura di Amedeo si tolse la vita, nonostante fosse al nono mese di gravidanza. La morbosità relazionale dimostra l’irrazionalità alla base dei legami affettivi dell’artista. 
 
La mente di Modigliani era in parte impenetrabile anche per i conoscenti. Egli viveva della sua arte e non era interessato a questioni sociali o politiche. Il suo ego era forse già un mondo troppo complicato: elementi esterni sarebbero stati di disturbo. Anche se potrebbe sembrare così distaccato da tutto, egli fu simbolo del suo tempo: tutto ciò è chiaramente dimostrato nella mostra dedicatagli a Palazzo Reale a Milano. 
 
Lo stile pittorico di Modigliani è inconfondibile: i visi sono allungati, gli occhi sono spesso privi di iride a rappresentare, secondo gli storici dell’arte, uno sguardo rivolto verso l’interiorità del personaggio dipinto confermando, ancora una volta, una sorta di inquietudine dell’uomo agli inizi del Novecento. 
I suoi quadri, con i volti che hanno espressioni a volte assenti, a volte tristi, e che talora sembrano acquistare un’espressione di dolcezza fanno parte del patrimonio artistico italiano. 
 
Avete mai desiderato avere un suo quadro in casa? La risposta non può che essere positiva e le sue opere sono ricercate dai mercanti d’arte, raggiungendo costi vertiginosi. Un traffico di falsi – qualche decennio fa – ha però reso complicato distinguere gli originali, minando, temporaneamente, il valore delle sue opere. 
 

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