Riconoscere e far rivivere Michelangelo Buonarroti in fotografie, rivisitazioni e nuove interpretazioni. 
In occasione dei 450 anni dalla sua morte la Galleria dell’Accademia di Firenze, con la collaborazione della Fratelli Alinari, ha celebrato il grande artista attraverso un’esposizione, che ha messo in luce l’influenza e la rinnovata ammirazione per l’artista, che continua a suscitare nelle opere di pittori, di fotografi e di scultori contemporanei.
 
Il percorso espositivo comincia dalle rappresentazioni della fisionomia e della personalità di Buonarroti, grazie all’intervento di Eugène Delacroix, Auguste Rodin, gli Alinari e John Brampton Philpot. 
 
Si stabilisce così un nuovo rapporto tra gli storici dell’arte e i fotografi, basti pensare a Giuseppe Pagano per la Pietà di Palestrina, alle produzioni fotografiche di David Finn e di Aurelio Amendola.
 
Lo spirito di Michelangelo si riconosce anche in artisti del Novecento, come Medardo Rosso, Henri Matisse, Carlo Mollino, per poi passare agli anni ’70 caratterizzati dalle ricerche di Tano Festa, Paolo Monti, Antonia Mulas, fino alla metamorfosi in “assenza” nelle immagini di Thomas Struth e Candida Höfer. L’ultima sezione della mostra è invece incentrata sul fenomeno della copia e dell’imitazione nell’epoca della riproducibilità, evidente in artisti come Karen Knorr, Lisa Sarfati e Tim Parchikov.
 
L’autore dell’imponente David, nonché maestro del Rinascimento, è stato un punto di riferimento iconografico, lo è e ritengo che lo sarà sempre e la sua riscoperta assume il significato di esaltazione delle arti, che rivestono un ruolo importante nel mondo. 
 
Questa interessante e affascinante mostra, che si è distinta per le diverse modalità di espressione e traduzione della scultura michelangiolesca, lo ha messo in evidenza: dalla fotografia come atto di documentazione, dalla scultura fino all’autonomia degli artisti del Novecento, che creano nuovi punti di vista anche pittorici.
 

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