La popolazione italiana è complessivamente di 60 milioni 656 mila residenti (-139 mila unità). Gli stranieri sono 5 milioni e 54 mila e rappresentano l’8,3% della popolazione totale (+39 mila unità). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179 mila residenti. 
 
SALDO MIGRATORIO 
E’ l’istituto nazionale di statistica Istat a fare il punto sulla popolazione nazionale al primo gennaio 2016 verificando, tra gli altri dati demografici, che continua a crescere l’emigrazione e a diminuire l’immigrazione. 
 
Lo scorso decennio è stato caratterizzato da cospicui flussi migratori verso l’Italia che hanno rappresentato il prevalente fattore demografico di crescita. Questa tendenza si sta progressivamente attenuando e per il 2015 si stima un saldo migratorio netto con l’estero di 128 mila unità, corrispondente a un tasso del 2,1 per mille. 
L’elemento di sostanziale discontinuità degli ultimi anni è rappresentato da una parziale perdita di attrattività del Paese nei confronti dei migranti internazionali, sia in relazione ai cittadini stranieri sia riguardo ai propri connazionali. Rispetto al 2007 le immigrazioni (erano 527 mila) si sono all’incirca dimezzate, mentre le emigrazioni (all’epoca 51 mila) sono quasi triplicate.
 
Nelle regioni del Centro il saldo migratorio con l’estero è all’incirca doppio rispetto al Mezzogiorno. Nel Nord il saldo migratorio con l’estero ha valori massimi in Emilia-Romagna e Lombardia.
 
Nel contesto di un’immigrazione sempre più matura nel Paese, come dimostrano sia l’aumento progressivo delle acquisizioni della cittadinanza italiana sia l’emergere in pianta stabile delle seconde generazioni di immigrati, risulta sempre più complesso discernere i comportamenti demografici dei cittadini di origine straniera da quelli degli italiani, in particolar modo per quel che riguarda la natalità, un processo demografico per cui il background etnico e culturale gioca un ruolo fondamentale. Le cifre sulla composizione delle nascite per cittadinanza della madre (italiana/straniera) mostrano che si va riducendo il contributo delle cittadine straniere alla natalità. I nati da madre straniera, scendono a 93 mila ossia oltre 5 mila in meno (-5,4%) del 2014. Quelli da madre italiana, dal loro canto, scendono a 394 mila riducendosi di oltre 9 mila (2,4%). In calo ma comunque rilevanti, visto che rappresentano il 19,2% del totale, le nascite da madre straniera presentano un impatto assai differente da un luogo all’altro del Paese.
 
In particolare, la più radicata presenza straniera nelle regioni del Nord e del Centro determina quote di nati da madre straniera ben più significative. In Emilia-Romagna si registra oltre il 30% di neonati con tale status, in Lombardia circa il 28% e in Toscana il 25%. Minime, al contrario, le quote osservate nel Mezzogiorno: dal 7% in Campania al 10% in Calabria.
Il 59% della popolazione straniera risiede nel Nord e per ben oltre un quinto del totale nella sola Lombardia. Il 25% risiede nel Centro, di cui 640 mila individui nel Lazio, il 16% nel Mezzogiorno, con 233 mila in Campania. Nel Centro-nord l’incidenza di stranieri sulla popolazione complessiva supera ampiamente il 10%, con un massimo del 12,1% in Emilia-Romagna; viceversa nel Mezzogiorno tale quota è del 3,9%, con un minimo del 2,8% in Sardegna.
 
CALO DEMOGRAFICO
La popolazione diminuisce uniformemente sul territorio, ma con maggiore intensità nel Mezzogiorno (-3,1 per mille) rispetto al Nord (-1,8) e al Centro (-2,1). In questo panorama, Lombardia (+0,5 per mille) e, soprattutto, Trentino-Alto Adige (+2,3) rappresentano le uniche realtà in cui la popolazione aumenta. Per il resto, si registrano diminuzioni ovunque, particolarmente intense in Liguria (-7,9 per mille), Valle d’Aosta (-7,2 per mille ), Basilicata (-5,2) e Marche (-5,1).
I morti sono stati 653 mila nel 2015 (+54 mila). Il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. 
 
Nel 2015 le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. Il Trentino-Alto Adige si conferma l’area a più intensa natalità del Paese (seguita piuttosto a distanza dalla Lombardia e dall’Emilia-Romagna) davanti alla Campania con l’8,7 per mille. In generale, il Nord presenta una fecondità superiore (1,41) a quella del Centro (1,33) e del Mezzogiorno (1,29). 
 
 Le regioni a più bassa natalità sono la Liguria (6,5) e la Sardegna (6,7). Oltre alla più bassa natalità, alla Liguria compete anche il più alto tasso di mortalità. La Provincia di Bolzano, invece, rappresenta l’unica realtà del territorio nazionale nella quale la natalità si mantiene ancora superiore alla mortalità (+1,9 per mille).
Le zone più interessate dall’aumento di mortalità sono quelle del Nord-ovest, Piemonte e Lombardia registrano incrementi, rispettivamente, del 10,1% e del 10,6%. Nel Centro, Toscana e Umbria mostrano un aumento del 10,3% mentre nel Mezzogiorno un +10,7% si rileva in Campania.
 
POPOLAZIONE ANZIANA
Il processo d’invecchiamento prosegue inesorabile il suo cammino. Se da un lato l’aumento della longevità rappresenta indubbiamente una grande conquista, in quanto testimonia il crescente miglioramento delle condizioni di vita e i progressi compiuti della medicina, dall’altro si deve tener presente il calo della popolazione attiva e l’invecchiamento generale della popolazione con il suo impatto sociale e sanitrio.
 
A livello territoriale, non si modifica, quella che è la distribuzione geografica dell’invecchiamento. La Liguria rimane la regione con l’età media della popolazione più alta (48,5 anni) e con la più alta percentuale di individui di 65 anni e oltre (28,2%). A forte invecchiamento sono anche il Friuli-Venezia Giulia (46,9 anni di età media con un 25,4% di ultra 65enni) e la Toscana (46,5 e 24,9%). In Campania si registra l’età media della popolazione più bassa (41,7 anni) e la quota di 65enni e oltre è pari al 17,9%.
In complesso, l’età media della popolazione si accresce di altri due decimi, arrivando a 44,6 anni. Diminuisce la speranza di vita alla nascita. Per gli uomini si attesta a 80,1 anni (da 80,3 del 2014), per le donne a 84,7 anni (da 85). L’età media della popolazione aumenta: 44,6 anni. 
 
Scende a 39 milioni, invece, la popolazione in età attiva (15-64 anni) che oggi rappresenta il 64,3% del totale (64,5% un anno prima). Così come scende la quota di giovani fino a 14 anni, dal 13,8 al 13,7% del totale, in parte frutto della comparsa sulla scena della “piramide per età” della più piccola generazione di neonati che si sia mai rilevata nella storia nazionale. 
 
Negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi più sviluppati e si stima che nel 2050 la quota di ultra65enni ammonterà al 35,9% della popolazione, con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni (79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne).

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